DA CORRIERE.IT BY MATTEO CRUCCU
E dagli con il de profundis del disco, con la chiusura in serie degli esercizi dedicati, il cd è morto (il vinile oramai arcisepolto), il download è l’unica soluzione. Come per le videocassette o i tappezzieri, sembrava segnato il destino dei negozi di dischi: sparire per sempre.
CAFFE’ E AREA CONCERTI- Non è vero, ci dicono da New York, precisamente da Williamsburg, Brooklyn, il quartiere che ha visto la rinascita del garage rock durante gli anni Zero (vedi Strokes e compagnia bella): con i vecchi warehouse, i magazzini trasformati in sale prove, nuove comuni e concert house. Lì sorgerà, lunedì prossimo, il primo megastore della RoughTrade, filiale americana del noto indirizzo londinese, tempio della musica indipendente. Millecinquecento metri quadri, uno spazioso caffè e un’area per i live da 300 persone: «Abbiamo un modello che funziona» dice al New York Times Stephen Godfroy, uno dei proprietari del nuovo store: «Questo sarà un posto dove la gente vorrà passare del tempo».
NUOVA CONCEZIONE – Già, l’idea che sta dietro Rough Trade, ma anche in tanti altri punti vendita, più piccoli, sorti tra le macerie postindustriali di Williamsburg, è che, nella nuova concezione, questi diventano luoghi di incontro e di scambio, dove il rapporto tra clienti e commessi è diretto e non quello formale e burocratico delle grandi catene, non a caso scomparse una dopo l’altra (vedi Virgin o Tower) negli Usa come in Europa. Una dimensione che l’imperio del digitale ovviamente non potrà mai restituire. «Se crei un’atmosfera che invoglia a passarci del tempo- continua Godfroy- qui le persone alla fine compreranno un disco, che sia la prima o l’ennesima volta che vengono». Un modello che, ne siamo certi, potrebbe funzionare anche da noi.
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