La musica oggi ricopre culturalmente e fisicamente un ruolo diverso  rispetto ad  anni fa. Intanto la resa sonora degli album. Da quando si registrava musica fino al 1998-2000 circa – cioe’ fino a quando internet  e’ esploso su scala globale – il progresso in termini di qualità del dettaglio è rimasto costantemente in attivo. Poi l’egemonia del file sharing e di riflesso i pesanti tagli di budget nelle produzioni discografiche, hanno generalmente appiattito i sound, peggiorati in presenza, vitalità , gusto.
Il parziale ritorno al vinile  poteva essere il miglior paliiativo,ma lo e’  a metà , poiché sappiamo bene come i costi non siano propriamente alla portata di tutti.
Accade  quindi che l’apparato uditivo di certi appassionati si e’ abituato a volte ad ascoltare diversamente. Più superficiale,piu’ veloce. Meno attento e piacevole perché forse  la fonte è più grossolana. Quante nuove fatiche, fateci caso, si somigliano sul piano estetico (non è solo una scelta voluta dall’indie approach), con quel timbro che sa di confusa sovrapposizione, di smunta lontananza?
Tanti dischi degli anni 60-70 fanno cosi’ impallidire, per pulizia e definizione, gran parte delle uscite nella vigente era del “facciamo tutto con un dito”. Prendete Songs in the Key of Life di uno S.Wonder anno ’76, Fun House degli Stooges (’70), o perfino Kind of Blue di Miles Davis datato 1959 e confrontateli con molti nuovi album, scaturirà un senso di rimpianto. Dov’è finita quella brillantezza?
Purtroppo, al di là del supporto, anche le capacità dei fonici e dei produttori, imbambolati dalle nuove tecnologie, sono da discutere.  Sentito l’ultimo dei Pearl Jam? A tratti fa sembrare strumenti e voce provenire da una box sigillato e plastificato. E  Rick Rubin?  Con Death Magnetic dei Metallica? I fan lo hanno addirittura implorato di riprovarci e di ripubblicarlo con altre curve di equalizzazione, tanto aveva pompato i volumi rendendo tutto inascoltabile.
Poi ecco i Radiohead, gruppo che investe tanto per pubblicare ogni lavoro;  In Rainbows (nessuno se l’aspettava visto il primo step di diffusione in solo formato digitale) tutto è meraviglia: suoni da mangiare…sottili o corpulenti emergono nettissimi, praticamente visibili. E non a caso il prossimo lavoro in registrazione a Los Angeles prevede suoni “cerebrali”.
La discografia  di oggi ha un imperativo – pur consapevole dei compromessi della realtà iPod – deve restituirci il piacere di ascoltare :ad esempio il drumming finale del brano On Every Street dei Dire Straits, da cui saliva perfetto il sublime tocco del compianto Jeff Porcaro, le carezze acustiche catturate così bene in Welcome To The Cruel World del primo Ben Harper, il basso vivido e acquoso di Sir McCartney in Getting Better o i beat profondi di Mezzanine dei Massive Attack, riportare insomma alla nobilità lo splendore del suono perché è del suono in sé il merito, quasi al pari della composizione, di quella magia  chiamata musica.
buzz
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