Micah P. Hinson: ‘Micah P. Hinson And The Nothing’ (2014 – Talitres)
“Ormai erede più credibile di Johnny Cash canta di un niente mai così carico di significato”
di Luca Guarneri by indie-rock.it
Voto: 8/10
Genere: alt country, new folk, southern rock.
Protagonisti: Micah P. Hinson suona tutti gli strumenti, supportato da musicisti spagnoli locali, The Aquattro String Quartet.
Segni particolari: cento vite in una sola. Dopo la depressione, i problemi di droga, una storia d’amore lacerante, l’esperienza del carcere e le dipendenze da antidolorifici e da alcol, un terribile incidente durante il tour spagnolo del 2011 che lo ha immobilizzato a letto per mesi, insieme al terrore di una paralisi alle braccia e ad un pugno di canzoni già abbozzate nel cassetto. Durante quei mesi di ricovero forzato nella natia Abilene, in Texas, senza la possibilità di suonare nessuno strumento, i demo delle tracce sono stati mandati al fedele amico di una vita, T. Nicholas Phelps, e agli scozzesi The Twilight Sad e restituiti in una veste più definita. Sulla via della guarigione Micah è ritornato in Spagna, a Santander presso il Moon River Studio, dove ha registrato le canzoni in presa diretta, suonando tutti gli strumenti, con l’aiuto di musicisti locali. ‘Micah P. Hinson And The Nothing’ è il settimo album del songwriter texano.
Ingredienti: trame acustiche sospese tra l’alt-country e la tradizione folk americana, inserti elettrici a dare profondità alle tracce meno scarne e quella voce cruda e penetrante in grado da sola di incutere rispetto e attenzione. Tra Johnny Cash, Tom Waits e Cat Power.
Densità di qualità: Micah P.Hinson prosegue il suo percorso musicale, traducendo in canzoni senza tempo le rovinose cadute e le coraggiose ripartenze che hanno segnato i suoi primi trentatré anni di vita, muovendosi nel solco folk – country tracciato da Johnny Cash, di cui oggi il songwriter texano, per attitudine e scrittura, appare essere l’erede più credibile. La genesi del disco si riflette in tredici canzoni misurate e cesellate in sottrazione, nelle quali è insieme urticante ed emozionante trovare quel nothing al quale il titolo eloquentemente fa riferimento: uno stato d’animo che si manifesta in partiture essenziali (‘The Quill’), se non a volte ridotte all’osso (‘The One To Save You Now’), nella voce roca e mefistelica di Micah che in alcuni episodi è soltanto sussurrata e trattenuta (‘I Ain’t Movin’) o, viceversa, in altri obliquamente sguaiata (‘The Life, Living, Dying And Death Of One Certain & Peculiar L.J. Nichols’) e nella familiarità degli strumenti della tradizione americana (theremin, pedal steel e benjo). Se ad un primo ascolto il disco può correre il rischio di apparire vagamente monocorde, con il tempo esso rivela tutti gli ingredienti in grado di metterne in luce la profondità, l’equilibrio e la capacità di rileggere il genere senza risultare stucchevole. La scrittura elegante delle ballads più raccolte (su tutte ‘God Is Good’ e la stessa ‘Sons Of URSS’), l’impeto liberatorio dell’iniziale ‘How Are You Just A Dream?’, le chitarre post-rock della coda finale di ‘On The Way Home, To Abilene’, l’atmosfera badseedsiana della ghost-track del disco (‘The Crosshairs (The Same Old Shit)’) sono elementi che contribuiscono a movimentarne l’ascolto, senza mai imbastardirlo, né disperdere un grammo della tensione che lo pervade. “You can push me all you dare but I ain’t movin’ / and you can’t please me all you need but I ain’t deciding”, canta Micah con quella voce che sembra uscire direttamente dalla terra polverosa delle pianure texane. Sì, Micah, te la sei vista brutta ancora una volta: ma forse il niente non è mai stato così carico di significato.
Velocità: 13 brani in 52 minuti.
Il testo: “I’ll remember the way the sun would run across your face//how I wish time would stand still for another day”, da ‘A Million Light Years’.
La dichiarazione: Da un’intervista a Internazionale: “Riguardo al talento, devo dirti che io non ne ho proprio. Il valore della musica che faccio viene solo dalle persone che mi ascoltano. Non scriverei canzoni se la gente non venisse ai miei concerti per divertirsi, piangere o mandarmi a quel paese. Il talento arriva dall’accettazione del tuo pubblico. Se cominciassi a pensare che sono bravo, il mio ego diventerebbe troppo grande. Non riuscirei più a camminare per strada. Sarebbe la mia fine”.
Il sito: Micahphinson.com
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