Il mese di marzo, in ambito indie italiano, ha visto almeno quattro proposte di ottimo livello, ognuna con una propria identità rispetto alle altre: le inclinazioni dreamy di Banjo Or Freakout, l’electro ambient strumentale di La Casa Del Mirto, il pop leggero ma tutt’altro che superficiale degli Ex-Otago e la canzone d’autore dura e senza compromessi di Cesare Basile. La scelta di premiare il cantautore siciliano potrebbe apparire conservatrice, visto che gli altri dischi citati sono più al passo coi tempi come suono ed attitudine, ma la realtà è che Basile sa ancora portare tutti a scuola per quanto riguarda sia la qualità nella realizzazione di un disco che la forza emotiva dell’espressione artistica.
“Certe volte la canzone è un asino che ragliaâ€. Potrebbero bastare queste semplici parole, contenute nel testo dell’iniziale ‘L’Ordine Del Sorvegliante’ per spiegare l’idea che Cesare Basile ha della musica, o almeno di come farla. E non perché il suono debba essere sporco ed a bassa fedeltà : sotto questo aspetto, infatti, la cura dei dettagli ha un ruolo molto importante nell’economia di questo disco, dove nulla è fuori posto, per quanto riguarda lo sviluppo delle canzoni, la metrica del cantato e lo spazio ed il ruolo attribuiti ad ogni singolo strumento musicale. L’accostamento con il raglio dell’asino è azzeccato dal punto di vista dell’atteggiamento dell’autore e di come propone al pubblico le proprie idee: Basile, infatti, continua a basarsi su una schiettezza che non si cura affatto di quanto possa urtare l’ascoltatore, offrendo descrizioni di ambienti, personaggi e situazioni proprie dell’interiorità sempre scomode e difficili da digerire. “Così è, se vi pare†diceva un suo corregionale, molto più illustre di lui, ed è proprio lo spirito di una Sicilia consapevole dei mille disagi con cui è costretta a convivere che emerge prepotente da questo ascolto.
Come in ogni proposta musicale di qualità , l’aspetto emotivo è lo scopo e la perizia tecnica è il mezzo, senza il quale, comunque, lo scopo non verrebbe raggiunto. E di perizia tecnica qui ce n’è molta, soprattutto nel far convivere un’impronta da bluesman solitario d’Oltreoceano con escursioni folk, influenze balcaniche (‘Elon Lan Ler’ è stata registrata a Skopje con l’orchestra della radio nazionale macedone) e la tradizione popolare della propria terra (‘La Sicilia Havi Un Patruni non è sua ma si tratta di un rifacimento di un brano di Ignazio Buttitta e Rosa Balistrieri, due dei maggiori bardi della tradizione sicula del Novecento). Poi, come si accennava, nella capacità di far sì che i brani abbiano uno sviluppo sempre arioso e logico, nonostante melodie necessariamente sfuggenti ed un’aderenza alla forma canzone tradizionale che c’è ma quasi non si sente, visto che tra le strofe ed i ritornelli non c’è mai un marcato stacco melodico e così il tutto dà l’impressione di un flusso molto più unitario. Questo può avvenire anche grazie all’aspetto vocale, con il caratteristico timbro dell’autore che in astratto è spigoloso e tagliente, ma in concreto si adatta talmente bene alla scrittura ed agli arrangiamenti che le sue asperità non possono che essere le benvenute. Già , gli arrangiamenti: sempre perfettamente calibrati ed eleganti ma portatori di un fascino non piacevole ed ammiccante, ma bensì malato e colmo di disagio, un po’ come il genio dei pazzi che viene spesso ritratto nei film: crea un sacco di problemi ma ha uno charme irresistibile anche per chi è costretto a subirne le conseguenze.
Con un impianto del genere, è naturale sentirsi letteralmente circondati dagli affreschi che Basile dipinge con la propria creatività e l’aiuto di amici importanti come Alessandro fiori, Enrico Gabrielli, Rodrigo D’Erasmo, Lorenzo Corti, Roberto Dell’Era e Roberto Angelini: l’angoscia mista a risolutezza del detenuto che sta confessando di volersi togliere la vita nella citata ‘L’ordine Del Sorvegliante’, la desolazione desertica in ‘Il Sogno Della Vipera’, la cattiveria nel lasciar morire una donna appendendola per i piedi, in ‘L’Impiccata’, la cruda metafora dei vermi che divorano il cibo che mangiamo per poi nutrirsi della nostra carne quando moriamo in ‘Strofe Della Guaritrice’, e potrei andare avanti. Mi fermo qui, invece: quanto ho esposto dovrebbe essere sufficiente per far capire come, ancora una volta, Cesare Basile sia riuscito ad onorare al meglio il suo status ormai riconosciuto di esempio su come scrivere canzoni con personalità ed efficacia.
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