“All’inizio di questo viaggio ero sicura di voler seguire una nuova rotta e avevo chiare due cose: lavorare in modo diverso sui testi cercando un linguaggio più narrativo e allargare gli orizzonti musicali, collaborando con un musicista/produttore in grado di fare questo. Saverio Lanza, con il quale condivido tutte le musiche di quest’album, nonostante sulla carta potesse apparire lontanissimo dal mio mondo si è rivelato invece fondamentale e sorprendente. Ha creato spazi sonori incredibili e mi ha aiutato a realizzare un sogno: aggiungere colori alla mia musica.”
Cristina Donà sa recensire bene i suoi dischi e ha trovato le parole giuste. “Colori”, per esempio. Se i suoi album precedenti erano stati pieni di sfumature ma in fondo monocromatici, queste nuove canzoni sono un’esplosione di tinte diverse: tromba, trombone, sassofono, tuba, violini, arpa, synth in una girandola di emozioni e situazioni che procura una dolce vertigine. Cristina ci aveva lasciati sempre oltre il margine delle sue pagine di diario, spettatori di private immersioni nel profondo di pensieri ed emozioni. Qui ci invita alla festa ed è più disponibile, più coinvolgente, sia quando apre le valvole di un cuore che trabocca d’affetto (Un esercito di alberi) sia quando celebra con poesia il suo essere madre (Bimbo dal sonno leggero) o la normalità quotidiana capace di prodigi (Miracoli).
E’ un disco “che celebra la vita mediante piccole istantanee”, “con leggerezza e ironia”; un disco d’amore e di gioia anche quando le storie finiscono male, come In un soffio o Torno a casa piedi, il pezzo forse più “cinematografico” dell’album e di tutto il repertorio di Cristina.
Fra i brani, ho un debole per Giapponese (L’arte di arrivare a fine mese), proprio per la levità , la luce, l’ironia che giusto si dicevano; finalmente una canzone fresca e cantabile, di quelle che si scrivevano una volta e sempre una volta ti uncinavano senza sosta dalle radio (le TV, ai tempi di cui parlo, erano un lusso esagerato, e addavenì il videoclip). Senza ironia, io l’avrei portata in un posto come San Remo, per strillare a voce alta che in Italia questo semplice grande artigianato sonoro esiste ancora e verificare se davvero non interessa più a nessuno.
NDR PER ME MASSIMO DUE, TROPPO UNIFORME, TROPPI PASSAGGI DA ZECCHINO D’ORO E TESTI INSULSI,VUOTI, NON MI PRENDE. DELROCK PARLA DI DISCO DELLA SETTIMANA, DEGUSTIBUS
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