C’e’ anche un omaggio ai Jackson 5 di Michael Jackson, ma anche una virata sul reggae, in compagnia di Keith Richards: adorabile la versione di Sign your name di Terence Trent D’ Arby.
Ann Powers su Los Angeles Times e’ stata tra le prime a recensire questo lavoro (il settimo della produzione firmata da Sheryl Crow con molta parsimonia), anche se traspare la soddisfazione per avere sul lettore cd un lavoro non tanto strombazzato ai quattro venti con molto anticipo. Scrive infatti …Sheryl Crow’s seventh studio album is a summer skinny-dip into the retro-soul sound that has updated ’60s nostalgia for the post hip-hop generation. With a title invoking the distance between Crow’s Missouri hometown and the home of Elvis and Al Green, it’s more an exploration of the rhythm-and-blues diaspora than a straightforward re-creation of any particular Southern sound….
Prodotto da Justin Stanley e Doyle Bramhall II (chitarrista che ricordiamo con Eric Clapton e Roger Waters, ma soprattutto non ci possiamo scordare il suo esordio da 16enne con The Faboulous Thunderbirds di Jimmie Vaughan), 100 Miles From Memphis sembra il disco della riflessione per Sheryl Crow e della sua voglia (necessita’?) di guardarsi dentro, partendo ovviamente dalla propria infanzia: che riscontro reale avra’ tra il pubblico? Non ci riferiamo solo ai suoi fans, ma anche all’ascoltatore generico che accende distrattamente la radio… Noi lo consigliamo a chi ha amato anche Stevie Wonder in fase adolescenziale.
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per conto mio Sheryl Crow non ha mai fatto un album intero decente… se poi mi fate vedere i video con lei protagonista magari cambio idea per qualche minuto…
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concordo con B16
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guardavo su youtube la performance dal vivo di i want you back, bonus track dell’ultimo album. Incredibile la somiglianza con il micheal jackson del jackson 5:
http://www.youtube.com/watch?v=Jrz_YFBv-fw
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Ricordo un suo fantastico concerto alla base di Baumholder (Germania) fine anni novanta. Ero AUC all’epoca e ricordo un pubblico di soldati americani particolarmente caloroso. Allegre e spensierate schitarrate, altrochè. Il suo secondo album mi è sempre piaciuto. Da li Johnny Cash pescò Redemption Day, coverizzata nel suo american VI.
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