Lloyd Miller & The Heliocentrics
Lloyd Miller & The Heliocentrics
Voto: 3 stelle
Casa discografica: Strut
Anno: 2010
La Strut prosegue con la sua collana “Inspiration Information”, accostando musicisti eccentrici di generazioni diverse, ed è un piacere andarle dietro – qualcosa di buono viene sempre. L’incontro tra Heliocentrics e Mulatu Astatke è stato memorabile, come quello egualmente/diversamente afroeuropeo fra Tony Allen e Jimi Tenor. Qui l’orizzonte si sposta verso l’Asia vera e fantastica di Lloyd Miller, un trascurato senatore del jazz crossover che negli anni 50 ebbe la ventura di finire in Persia al seguito del babbo, clarinettista professionista, e lì scoprì affascinanti spunti di musica da incrociare con il jazz della sua educazione.
Fu un’illuminazione. Miller ha passato la vita a modellare forme diverse di “oriental jazz”, come lo chiama lui e come si intitola il suo album più famoso, pubblicato negli anni ’60. Mai davvero celebre (ma nei ’70 condusse uno show alla TV iraniana che durò anni, con il nome di Kurosh Ali Khan), Miller viene qui riscattato dall’oblio grazie agli Heliocentrics di Malcolm Catto, che provano a ripetere con lui l’operazione sensibile e misurata riuscita con Mulatu.
“A freeform mix of Eastern arrangements, jazz and angular psychedelics”, strillano le note; ma di “psychedelics” c’è poco e quello che balza all’orecchio è piuttosto una serie di pacati mid tempos con molti flauti, percussioni, metallofoni dal suono discreto, in un ipnotico viaggio tra Medioriente, l’India e le isole della Sonda che non esclude altre diversioni geografiche (uno dei brani si chiama opportunamente Latin) e perfino un’incursione nel mondo della street poetry (Lloyd Lets Loose).
Curioso, interessante ma non un disco killer, come invece erano stati i due “ispirati informati” che dicevamo prima
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HELIOCENTRICS
Lloyd Miller & Heliocentrics
Strut Records
Oltre alla musica, è l’attitudine degli Heliocentrics a persuadere e conquistare. La loro curiosità, quel desiderio di incrociare gli strumenti con altri artisti di genio per vedere cosa ne salta fuori, di osare e dialogare attraverso ciò che meglio sanno fare e cioè la musica. Dopo le session dello scorso anno col maestro Mulatu Astatke eccoli oggi a collaborare con Lloyd Miller, figura meno conosciuta di strumentista ed etnomusicologo contraddistinto tanto dalla schiettezza e saldezza delle opinioni quanto dall’amore per il jazz. Esattamente questo il terreno sul quale avviene l’incontro, benché la parola definisca territori talmente ampi da aver smarrito i confini a furia di fusioni non sempre felici.
Come altrove si fa con un rock altrettanto onnicomprensivo e qui stilisticamente assente, in questa cinquantina di minuti ci si volge agli anni Settanta in modo mai calligrafico, raccogliendo l’esempio della contaminazione senza approdare su lande free (tutt’al più cimentandosi con la “street poetry“ in Lloyd Lets Loose), mantenendo un’umanità delle forme e una classicità di respiro possibili solo in coloro che della materia maneggiano perfettamente vicende e regole.
Spirituale e vibrante, il disco suona allora classico però affatto ingessato, che allestisca impeccabili tappeti percussivi percorsi da un arcano senso di mistero (Charhargah, Sundra Sunset) o proponga incastri tra pianoforte e ritmica swinganti e al contempo esotici (eloquente Spirit Jazz, tesa Modality); che sorprenda con saggi di minimalismo colto (Salendro, il fenomenale pastiche post-gamelan che John Fahey adorerebbe Bali Bronze) o si appropri di un’idea autenticamente cosmopolita del folk (Latin è quel che il titolo promette, Rain Dance si tuffa nel Gange). Per un risultato che, pur non avvicinandosi all’irripetibile meraviglia concepita con Astatke, possiede il non indifferente pregio di guardare da tutt’altra parte. Anzi: non cercandone improbabili repliche, testimonia per l’ennesima volta l’onestà intellettuale degli Eliocentrici.
(7.2/10)
http://www.sentireascoltare.com/recensione/7322/lloyd-miller-&-heliocentrics–lloyd-miller-&-helio.html
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adovo qvesto cd 😛
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per dire che quella di delrock è una recensione del cazzo
Strut’s latest pairs legendary jazzman Lloyd Miller with the perenially popular Heliocentrics, whose reputation only seems to get bigger following acclaim for their work with Mulatu Astatke. Their partner here, the enigmatic ethnomusicologist Lloyd Miller is a very interesting character; after moving to Iran as a budding jazz man with his parents during the ’50s, he would study Persian music intently, mastering a number of mid-eastern instruments and styles. In the ’70s he presented a music show on Iranian TV and more recently had his seminal ‘Oriental Jazz’ works reissued on Jazzman. A widespread renewed interest in more exotic forms of jazz lead to this collaboration, featuring the Heliocentrics at their fluid, intuitive, and spiritual best under the command of Miller, creating a freeform mix of Eastern arrangements, jazz and angular psychedelics including a new version of his classic ‘Massom’ and the cinematic ‘Electricone’. Hypnotic, modal, marvelous!
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scopiazzata oltre tutto
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