Proprio perchè sono un grande fan dei Blur non ho capito la reunion dell’estate scorsa e mi trovo un po’ imbarazzato con questo doppio CD che alla fine, non a caso sotto Natale, ha trovato la via dei negozi tradizionali.
Per carità , le canzoni suonano ancora divertenti e i (non più) ragazzi ce la mettono tutta a dimostrare che gli screzi fra loro sono acqua passata e che davvero stanno bene insieme. Però, insisto, perchè? A quanto mi risulta non ci sono progetti di musica nuova e, se anche fosse, non sono così certo che i Blur siano l’imbarcazione giusta per affrontare i tempi nuovi, molto più infidi di quando la band vent’anni fa cominciò la sua navigazione. Fu un dispiacere quando Damon Albarn volle chiudere la partita, sei anni fa, ma il tempo ha ampiamente dimostrato che aveva ragione; in cambio di chissà quale pernicioso Blur lifting, ci saremmo persi progetti deliziosi come i Gorillaz o The Bad, The Good & The Queen, prossimamente ancora su questi schermi.
Registrato a Hyde Park quarant’anni giusti dopo lo show degli Stones, il doppio riporta 25 canzoni da un capo all’altro della storia della band, con spiccata preferenza per gli inizi, Parklife soprattutto, e minore considerazione per gli ultimi dischi (solo Out Of Time, irrinunciabile, da Think Tank). Il pubblico canta e si allarga, gode e ricorda, gasando i quattro ma forse anche imbarazzandoli. Il rischio è quello di un raduno degli alpini, situazione perfetta per Oasis o Supergrass o ci-siamo-capiti-chi ma non per i nostri amati, che vogliamo considerare di un’altra categoria.
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