LONDRA – “Certo, gioco ancora a cricket, ma oggi indosso il casco di protezione. Non ho mai avuto un’esperienza vicina alla morte. Non sono neppure caduto dalla dispensa, però non si sa mai…”. Mick Jagger, 66 anni, l’uomo per cui l’appellativo “icona” non suona esagerato, sogghigna malizioso.
Ride perché poco prima di terminare la lunga, rara intervista realizzata per la ripubblicazione di uno dei più grandi album dei Rolling Stones, Exile On Main St., l’unico doppio lp in studio della band uscito nel 1972, avevamo accennato all’incidente del suo compagno di gruppo, Keith Richards, caduto da una palma da cocco. Jagger è basso, estremamente magro e con dei modi solo formalmente cortesi; mentre gli poni una domanda, hai l’impressione di poter scatenare in lui la più terribile delle reazioni per non avere ponderato adeguatamente le parole. Siamo nel luccicante hotel Dorchester, addobbato per il Natale. Nel bar al piano terra, per qualche motivo c’è Sarah Ferguson.
Lì, tra manager che parlano di bilanci addentando costosissimi tramezzini, su un vecchio lettore cd abbiamo ascoltato in anteprima alcuni inediti che finiranno nella ristampa di Exile On Main St., in uscita a maggio. Sono appena stati ripubblicati anche Love You Live (naturalmente rimasterizzato) e una versione super deluxe di Get Yer Ya-Ya’s Out!, considerato uno dei migliori live di sempre, contenente tre cd con tracce inedite, un dvd bonus, il disco in vinile e un libro di 56 pagine.
Su XL di febbraio trovate il resto dell’intervista a Mick Jagger.
Cominciamo da Exile On Main St., che verrà ripubblicato.
“Ho mixato 11 brani inediti. Alcuni sono piuttosto interessanti (ride, “risucchiando” la saliva, ndr)”.
Per esempio Following The River…
“Sì, è una ballata al piano”.
Che parla di un uomo che lascia una donna.
“Esatto (ride, ndr)”.
E Plunder My Soul, in cui una donna lascia un uomo. Anche qui c’è il piano, ma è più rock.
“Diciamo che è più una commedia…”.
Poi, Sophia Loren. Come mai questo titolo?
“È solo un titolo in lavorazione, non la chiameremo così. Per ora è così solo per attrarre le persone… (ride, ndr)”.
Come avete scoperto queste tracce? Perché per tanto tempo sono rimaste negli archivi?
“Quando la casa discografica mi ha domandato se volevo ripubblicare Exile On Main St., ha chiesto ad alcuni “esperti” dei Rolling Stones di inviarmi tutti i demo a disposizione. Erano dei bootleg. Mentre li sentivo, per la prima volta mi sono detto: “Aspetta un attimo, ma queste cose non provengono dallo stesso periodo (di Exile On Main St., 1972, ndr), no, queste sono state fatte in altro momento, probabilmente alla fine degli anni 70, forse nei primi anni 80…”.
In pratica te ne eri dimenticato?
“No, per niente. Dovevo semplicemente capire con precisione quando fosse stato fatto, perché Exile On Main St., non venne registrato in una sola volta, ma nel giro di tre anni. Così sono dovuto tornare indietro nel tempo con la mente e cercare ulteriori tracce degne di essere pubblicate. Ho ascoltato nastri su nastri”.
C’è una dichiarazione del tempo in cui affermi che il disco non ti piaceva. Hai detto: “Questo nuovo album è pazzo. Ci sono così tante tracce differenti. È molto rock&roll, ma non volevo una cosa del genere. Sono la persona più sperimentale del gruppo, non mi piace fare e rifare sempre la stessa cosa”.
“Robaccia. Non è vero”.
D’accordo, ma cosa ne pensi oggi?
“La cosa buona di quel disco è che è interessante se visto come opera intera, nella sua integrità (è l’unico album doppio dei Rolling Stones, ndr). La sua caratteristica principale è che non possiede molti brani “accessibili”. L’unico brano che ha avuto successo è Tumbling Dice, ma per il resto non ci sono stati così tanti brani orecchiabili come in Some Girls (1978, ndr). Le altre canzoni di Exile furono comunque bene accolte ai tempi. È un album molto interessante, con tanti diversi stili musicali, il blues, un po’ di country, un po’ di rock&roll e un po’ di qualcosa che non può essere messo in una categoria. Diciamo che rappresenta bene la buona estensione musicale degi Stones, che è eclettica perché ha avuto influenze eclettiche. Come album, sta insieme piuttosto bene. Quindi, sì, mi piace, anche se non lo ascolto mai”.
Prima parlavi di “tornare indietro nel tempo”. Una volta hai dichiarato che “devi stare attento a non rimanere intrappolato nel passato o rischi di non comprendere più le cose che intorno a te cambiano”. Il passato è una trappola per te?
“Dico che non dovresti ammirare il tuo passato tanto da impedirti di fare altro. Nessuno naturalmente vuole rimanere intrappolato nel passato, ma a me piace abbastanza scartabellare tra le vecchie cose, riportarle alla luce e vedere com’erano e che cosa ne è rimasto oggi. La verità , per tornare a Exile, è che la casa discografica mi ha così tanto implorato di tirare fuori queste cose che ho ceduto. La mia reazione iniziale è stata: “Non me ne frega davvero niente di questa roba, non voglio cercare niente”. Ma loro insistevano: “Oh, per f-a-v-o-r-e-e-e, puoi solo dare una veloce occhiata, siamo certi che qualcosa di buono ci sia…” e così alla fine è stato proprio divertente fare questa ricercare. È stato come rovistare in soffitta, spulciare in un baule di vecchi abiti ed esclamare: “Oh, guarda questo! Un tempo lo indossavo! Non posso crederci!” (lo dice alzando le mani a mezz’aria come se stesse reggendo un vestito immaginario, ndr)”.
La prima volta che sei salito su un palco avevi 19 anni. Però hai sempre detto di sentirti un cantante.
“Mi è sempre piaciuto cantare e ho sempre cantato, però non ho mai pensato di poter fare il cantante. Non un cantante di professione, solo per divertimento. Una cosa da fare durante le vacanze”.
Non eri sicuro, dentro di te, di poter fare meglio dei cantanti che ammiravi?
“Alla fine, sì. Sapevo di poter essere come loro. Anche se i tuoi eroi rimangono sempre degli eroi. Pensi che sia troppo difficile essere come loro, ma alla fine ti rendi conto che non è così”.
Quali erano i tuoi eroi?
“Elvis Presley e Little Richard: quest’ultimo, lo idolatravo. Per me era fantastico. Sono stato molto fortunato perché il primo tour dei Rolling Stones è stato proprio insieme a Little Richard. Lo guardavo ogni sera, da così vicino, così attentamente nei dettagli… Lui era davvero carino nei miei confronti. Gli piaceva l’entusiasmo dei ragazzi giovani. Si curava di me, mi stava dietro, e mi ha dato un sacco di idee. Io lo osservavo interagire con il pubblico, per capire come facesse. Dava tutto quello che poteva al pubblico. Puoi andare davanti alla gente, semplicemente suonare e salutare, perché a volte i performer sono piuttosto timidi; oppure interagire con loro e portarli all’eccitazione. Io ho imparato così, guardando lui e James Brown. Ecco: eccitare il pubblico: questa è la cosa più bella dell’esibirsi”.
È difficile pensare a te come a un performer timido, anche semplicemente agli esordi.
“I Rolling Stones erano così ingenui agli inizi. Ma timido, no, io non lo sono mai stato”.
Ci avrei scommesso.
“Lo so (ride, ndr)”.
Quando uscì Aftermath (1966, ndr) stava iniziando la stagione dei figli dei fiori. Ma quel disco era piuttosto duro: c’erano canzoni come Stupid Girl e Under My Thumb che stridevano con il sogno di pace e amore.
“Ricordo solo che è stato interamente registrato a Los Angeles, nel ’65. Lo considero un retaggio dell’ingenuità dei primi anni 60”.
I temi però non sembravano così ingenui. Siete anche stati criticati per i contenuti di quel disco.
“Non così tanto…”.
Cantavi di “ragazze sciocche”. Le femministe non ti hanno attaccato?
“Così, così. A quei tempi il movimento femminista era ancora debole. Se l’avessimo fatto dieci anni dopo sarebbe stato peggio”.
Il movimento hippie ha significato qualcosa per te?
“Ho sempre pensato che fosse una grande stronzata. Certo, c’erano delle cose interessanti nel movimento hippie, ma se volessimo essere critici potremmo dire che si è trattato solo di una sciocca tendenza e che non ha significato nulla. Se invece volessimo guardare al movimento hippie all’interno del suo contesto storico, diremmo che è stato uno sforzo per cambiare le regole di una società vecchia. Per esempio, in Inghilterra ci sono molte persone che vivono così, che scelgono uno stile di vita “alternativo”, che ormai è stato accettato dallo stile di vita mainstream. Hanno i loro festival, solitamente associati alle credenze pagane della Gran Bretagna, e sono un sottogruppo della società . Gli hippie esistono ancora, vanno a Glastonbury e vivono per un po’ come hippie. Ma non è il mio stile, no?”.
È vero che poco prima di formare i Rolling Stones facevi il gelato?
“Non lo facevo, lo vendevo solo. Ed era pure di cattivissima qualità ! Era un lavoro estivo. Ho sempre e solo fatto dei lavoretti, non ho mai avuto un lavoro vero e proprio (ride, ndr)”.
Sei molto fortunato.
(Ridacchia, ndr)
Avevo letto una notizia che diceva che volevi acquistare un camioncino ambulante di gelato.
“Oh, no, non credo proprio. Però, hai rastrellato per bene in Internet sul mio conto! (ride, ndr)”.
A volte è divertente. Stavi armeggiando con due cellulari prima. Non sei una persona tecnologica?
“Credo che per come sia il business della musica oggi, sia necessario esserlo. Io comunque lo sono sempre stato. Per esempio, nello studio di registrazione ci sono dei macchinari enormi e complessi e mi piace lavorarci…”.
Parlo della tecnologia utile per l’informazione. Computer, iPhone, che ne so, cercare con Google il proprio nome su Internet…
“Non cerco il mio nome su Google (detto con voce molto seria, ndr). Questa è una cosa davvero tremenda da fare. Non cercare mai il tuo nome su Google! Conosco alcuni attori che lo fanno, ma non è una buona idea”.
Perché?
“Un mio amico attore comincia ogni giornata cercando il proprio nome su Google. Poi, rimane sconvolto per parecchie ore, perché trova cose orribili sul proprio conto. Specialmente ora che su certe persone molto è stato detto o scritto, poi, ne saltano fuori tra le più assurde; e c’è tanta gente che scrive su argomenti di cui non sa nulla. Non si deve fare. Mai cercare il proprio nome su Google”.
Da quando Keith è caduto dalla famosa pianta di cocco…
“Sììì (voce contrita, ndr)”.
… ha cominciato a parlare della morte in modo più rilassato. Hai mai avuto qualche esperienza vicina alla morte?
“No. Non sono nemmeno mai caduto dalla dispensa (ride, ndr)”.
Ne hai paura?
“Credo che tutti ne abbiano”.
In Sway (edito in Italia da Einaudi, ndr), il romanzo bestseller sui Rolling Stones “satanici”, ci sono dei dialoghi tremendi tra di voi. Cosa ne pensi?
“Ho letto una recensione che ne parlava male, così ho lasciato perdere. Dio, che libri imbarazzanti! Ma sai qual è la cosa più ridicola? Che sicuramente le nostre reali conversazioni sono molto più tremende di quelle inventate lì! (ride, ndr)”.
© Riproduzione riservata(22 gennaio 2010)Tutti gli articoli di Spettacoli & Cultura
dal sito di repubblica,grazie anche a b16
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8 users responded in this post
BUZZ AND B16 CHECK MAIL…..
AUGH
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check in check out… rock on!
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ok,super disco ,grazie Generale Lee :-)Provate quando potete uno che viene da Bath e si chiama Pietro :-)D
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su di lui (pietro) edifichero’ la mia chiesa…. this is my church… a proposito, mi son fatto un regalino ponte tra rock e elettronica, il 4 maggio andro’ a vedere LCD Soundsystem al Paradiso (modica cifra, 23 euro)…
Sound of silver talk to me
makes you want to feel like a teenager
until you remember the feelings of
a real life emotion of teenager
then you think again….!!!!
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OTTIMO,SOLO UNA COSA RAGAZZI,OKKIO SEMPRE AGLI ATTERRAGGI ED AI DECOLLI ,SCARICARE JUMBO PRIMA POSSIBILE,FARE ATTO DI RIVERENZA E ASCOLTO,C’EST TOUT MONSIEUR ALIEN IL LAVORO BEAUCOUP ET IL NA PAS VOGL D’INCAZZER,COMPRIS……..DMB,PETER EVERYTHING’S IS ALLRIGHT? EH EH EH CHECK MAIL EVERYDAY PLEASE OK?THANK YOU BYE BYE
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certo buzz! ma il tuo post sibillino a milano aveva chiaramente un nome nascosto… KNIFE… davvero cosi incredibile?
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everything it’s all right!!!!!
AUGH
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ok,Knife?non capisco sorry
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