Dave Matthews: «Il nostro rock è senza barriere»
Sono vicino alle vittime di Viareggio
Credo che la musica sia una grande terapia e spero possa aiutare
LUCCA. «Ho sentito della tragedia accaduta a pochi chilometri da qui. Sono vicino alle vittime di Viareggio, è incredibile come queste tragedie possano colpire all’improvviso. Per me la musica è una grande terapia, spero possa aiutare». Dave Matthews ha fisico e volto da ragazzone americano. Ma conosce il dolore, visto che di recente, proprio durante la registrazione dell’ultimo album “Big Whiskey and the GrooGrux King” ha perduto uno storico collaboratore e amico come LeRoi Moore, sassofonista del gruppo.
Così prima di accendere l’ipercinetico motore della sua band e lanciarsi in questo concerto di apertura del dodicesimo “Summer festival” (edizione piena di star ma che rinuncia a feste e paillettes proprio per la tragedia di Viareggio), accosta le vittime di Viareggio all’amico perduto. Ma il leader di quella che viene definita la migliore jam band del mondo spazia a tutto campo, dalla politica alle influenze musicali sulla sua band.
Il suo ultimo album è più duro dei precedenti, perché?
«Eravamo tutti in difficoltà ed esitanti per quello che accaduto a metà delle registrazioni, con la morte del nostro amico e sassofonista LeRoi Moore. Ma lo spirito della nostra band è sempre stato molto forte. E così ci siamo aperti l’uno all’altro cercando di ritrovare la fiducia. E ci siamo riusciti».
Lei è un idolo dei ragazzi americani e suona spesso nei college: che atmosfera si respira dopo l’elezione di Obama?
«Per anni i ragazzi si sono sentiti senza potere. Ora sanno che tocca a loro prendere in mano il paese e il futuro. Senza questa consapevolezza Obama non sarebbe mai stato eletto. Gli Stati Uniti hanno molta strada da fare per tornare in sintonia con il mondo e per chiedere scusa. Basta con i politici che pensano più ai voti che a migliorare il proprio paese».
Recentemente in un concerto avete fatto un omaggio a Michael Jackson, la musica black ha una grande influenza su di voi…
«Noi ascoltiamo di tutto e cerchiamo di metterlo insieme nelle nostre teste. Credo che sia stato Miles Davis a dire che l’importante è ascoltare buona musica. Le mie influenze vanno dai Supertramp alla musica country. Per me è importante come si suona e quali sonorità si ottengono».
Voi siete famosi per le jam e le improvvisazioni che fate sul palco, quanto influisce questa caratteristica sul lavoro in studio?
«In studio di solito non pensiamo a cosa suoneremo dal vivo. Di solito pensiamo al qui e ora».
Siete molto famosi negli Usa dove avete venduto molti milioni di copie, meno in Europa, perché?
«Il nostro successo non è stato costruito tramite la stampa, il music business o le radio. Ma suonando dal vivo tutte le sere e facendo migliaia di chilometri. Finora non abbiamo avuto le stesse possibilità in Europa. Ma adesso stiamo tentando di farlo. Rifatemii questa domanda tra cinque anni».
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