Cos’è la “resistenza†dei Muse? Nelle immagini proiettate sulle tre maxi-torri del palcoscenico del tour in corso, quello appunto di “The Resistanceâ€, figure di luce di uomini arrivano fino alla cima, come su una moderna torre di Babele, ma dopo la vetta c’è solo la caduta. Come l’uomo che rischia di affondare, ma lotta con tutte le forze per guadagnare la salvezza nelle proiezioni della travolgente “Time Is Running Outâ€, gli inni di “lotta†dei Muse difendono la libertà da un potere oscuro che manipola e soffoca, costringendo a volte i sentimenti alla clandestinità per non essere sconfitti. Messaggio populistico? Può essere, ma il “we must run†di “Resistance†si espande con la forza di una parola d’ordine liberatoria nel PalaIsozaki di Torino stracolmo di spettatori il 4 dicembre. Il pubblico, tranquillo e ordinato nell’entrare ed uscire dal palazzetto, è variegato: prevalgono a colpo d’occhio comitive di persone aggregate da una stessa passione, che pregustano l’inizio di un concerto preannunciato (a ragione) come spettacolare. Un’ola “organizzata†da un fan del parterre prima del concerto e un episodio di crowd surfing sono gli episodi più vivaci della serata, ma circolano anche testi da ripetere in tribuna. I Muse, al di là di qualunque possibile critica, credono davvero nella libertà di essere loro stessi e nella loro musica ed i fan rispondono, trasformando la loro fiducia in entusiasmo contagioso, che fa tremare il PalaOlimpico. “Uprisingâ€, diventa un coro unanime degno dei cortei che le luci disegnano sulle screen-towers; “Map of the Problematiqueâ€, ultimo singolo estratto da “Black Holes and Revelations†(2006), è un grido atroce e struggente insieme contro la solitudine. “Stockholm Syndrome†è promessa collettiva di inquietante amore eterno.
Le chitarre di Matt Bellamy si fanno distorte e “cattiveâ€; il ritmo serrato non lascia scampo al dilatarsi delle emozioni. Micidiale il riff che incendia “New Bornâ€, grandiosa risuona “United States of Eurasiaâ€, i cui cori stereofonici à la Queen sono moltiplicati e amplificati dalle migliaia di voci degli astanti. Anche le canzoni più pop acquistano un vigore inesauribile, ruvido di un rock dalle sonorità potenti, che si fa però elegante e glam per la passionalità di sangue e seta che trasuda e la raffinatezza delle strutture mai banali dei pezzi. Così, pure scariche di adrenalina attraversano il pubblico sia durante i brani più esplosivi e diretti, come l’entusiasmante “Plug In Baby†e i riff di pianoforte della vertiginosa “Sunburnâ€, la canzone più datata della serata, tratta dal primo album del trio di Teignmouth, “Showbiz†(1999), che i Muse non eseguivano dal 2008. Ma lampi di energia sono sprigionati anche da brani più complessi, come l’altrettanto inattesa “Butterflies and Hurricanes†(da “Absolutionâ€, 2003), che in una performance stupefacente vede Bellamy alternarsi, senza scomporsi in un attimo di appanamento, tra chitarra e pianoforte a coda, oppure come durante i crescendo della conclusiva “Knights of Cydoniaâ€, aperta dall’armonica del bassista Christopher Wolstenholme e seguita nelle sue cavalcate ritmiche da uno straordinario Dominic Howard alla batteria. Mentre quest’ultimo brano trascina la platea, le immagini della band sul palco si affacciano tra i frammenti virtuali delle torri, questa volta diventate apocalitticamente grattacieli di vetro infranti. Sparge brividi a piene mani l’overture della suite “Exogenesisâ€, introdotta dalle percussioni, mentre ormai un classico, dotato di un potere di seduzione deciso e marcato, sembra per il pubblico la magnetica “Supermassive Black Holeâ€, singolo di lancio di “Black Holes and Revelations†(2006). Tra i nuovi brani, i più incisivi, oltre ai singoli, appaiono la tesa title-track, tra cori ed aperture melodiche da anthemic-song, e soprattutto la cangiante “Unnatural Selectionâ€.
Rigorose le performance impeccabili degli instancabili Dom e Chris, mentre Matt Bellamy sfodera l’ “enfasi chirurgica†della sua voce, precisa come un bisturi, emozionante e potente come una tempesta elettrica.
Un po’ prevedibili in apertura gli scozzesi Biffy Clyro, apprezzabili soprattutto quando il ritmo accelera, ma sia nell’immagine che nel sound vagamente post-grunge/post-punk sicuramente molto meno originali degli headliner.
musicalnews
Related Articles
4 users responded in this post
The Horrors have been named NME’s Album Of 2009 for their second record, ‘Primary Colours’.
The band topped our annual writers’ poll, pipping the likes of The XX, Animal Collective and Grizzly Bear, who all make this year’s Top 10.
In NME’s Tracks Of 2009, it’s Yeah Yeah Yeahs who take the honours, with ‘Zero’ claiming the Number One spot.
Rispondi
e a me gli Horrors non piacciono,gli altri si azz
Rispondi
anche a me pare un poco esagerata come posizione..
comunque
10. jamie t / kinges and queens
09. fever ray / fever ray
08. fuck buttons / tarot sport
07. the big pink / a brief history of love
06. grizzly bear / veckatimest
05. animal collective / merriweather post pavillion
04. wild beasts / two dancers
03. yeah yeah yeahs / it’s blitz
02. the xx / xx
01. the horrors / primary colours
Rispondi
mah e rimah 🙂
Rispondi
Leave A Reply