‘incontinente Steven Wilson, novello Stakanov della musica rock, ha un’altra opera da offrire ai suoi fans. La sigla è quella classica, Porcupine Tree, il format è un DVD che in 100 ebbri minuti fotografa la band sulla scena a Tillburg, Olanda, autunno 2008, sotto lo sguardo di un migliaio di appassionati e una squadra di 9 telecamere governate dal regista Lasse Hoile.
Non è il capolavoro di cine rock che qualcuno sproloquia e molti speravano ma un buon racconto, piuttosto convenzionale, dei narcotici incantesimi di scena dei Porcupine: cinque musicisti che in una penombra rotta da lampi digitali disegnano un mondo di fantasie sul bordo della stabilità mentale, giocando sul chiaroscuro di dolce psichedelia, dark, hard rock, metal, in dissolvenza incrociata tra Pink Floyd, King Crimson e Neo Prog. Piace la loro compostezza, il non abbandonarsi mai alla furia degli elementi che vanno a risvegliare, nel profondo dell’immaginario rock. Potrebbe essere una disordinata esplosione, è invece una voluttuosa implosione che sconcerta e avvince, pur con i limiti di scelte stilistiche che hanno portato la band da tempo ad abbandonare i territori dell’ absolutely free (and insane) verso più abituali lidi.
Lo show inizia con la riproposizione integrale di Fear Of A Blank Planet (l’album di quei giorni, ora superato da The Incident), a cui segue una piccola “Porcupine story” purtroppo limitata agli anni più recenti; c’è comunque spazio per tre pezzi da Signify, uno degli album-culto della band, a ricordare le vertiginose promesse di cui si diceva prima.
delrock.it
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