È la primavera del 1971. Dewey Bunnell è un songwriter di nazionalità americana, ma è nato e vive in Inghilterra perché suo padre, un ufficiale dell’esercito statunitense, è di stanza in Europa.
Studente della London Central High School, proprio in quel liceo ha conosciuto altri due ragazzi americani che per, motivi vari, vivevano anche loro in Inghilterra. I tre, forse per ribadire la loro nazionalità, avevano deciso di chiamarsi America. E, forti di un contratto discografico con la Warner, stavano registrando il loro album di debutto negli studi di Arthur Brown, nel Dorset. Proprio in quello studio, incantato da un quadro di Salvador Dalì, Bunnell inizia a scrivere un brano che ambienta in un deserto nel sud ovest degli Stati Uniti, memore dei viaggi che faceva da bambino con i suoi genitori. E vede nel cavallo la metafora di una fuga dalla vita confusa delle metropoli verso una pacifica tranquillità. Inizialmente intitolata Desert Song, la canzone viene incisa come A Horse With No Name, ma va incontro a due diversi tipi di controversie. C’è chi accusa il gruppo di un testo molto infantile dove però il termine “horse”, in quegli anni e nello slang americano, era sinonimo di eroina. Altri invece sostengono che gli America abbiano plagiato Neil Young, sia nella formula musicale che nel timbro di voce.
Al pubblico non interessa: A Horse With No Name scala velocemente le classifiche Usa e, ironia della sorte, scalza dal numero 1 proprio Neil Young e la sua Heart of Gold.
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