[questo articolo è uscito su La Stampa il 5 maggio 2016]
I Radiohead sono tornati a fare una canzone profondamente politica. Al di là delle tante considerazioni musicali che possono esser fatte, la citazione di Stravinskij, il pizzicato d’archi alla Bartók, persino un’eco dei Goblin (Suspiria), era dai tempi di Hail to the Thief – il 2003, lì il bersaglio era la mentalità alla George W. Bush – che non suonavano, anche, così «politici»: nella nuova Burn the Witch (brucia la strega) uscita lunedì, che probabilmente prelude a un nuovo album (Dawn Chorus?), c’è una chiarissima allusione a Donald Trump e alla sua visione fobico-paranoica di un’America chiusa e regressista.
La citazione è chiara; basta vedere il video di Burn the Witch. Girato in stop motion, è tutto costruito su pupazzetti che paiono ispirati ai Trumpton, una serie di cartoni animati con cui è cresciuta una generazione di bimbi inglesi – quelli nati, come i Radiohead, tra la fine degli Anni Sessanta e i primi Anni Settanta. Il mondo dei Trumpton è chiuso, elementare, un’Inghilterra che si vuole bucolica e rassicurante ma in realtà è limitata e benpensante, va a caccia dei diversi, persegue ogni forma di reale libertà mascherandola da culto per l’ordine e la semplificazione sociale. Certo c’è anche una citazione horror (The Wicker man), ma quella principale è ai Trumpton: un nome che contiene fin dalla radice Trump, allude alla «Trump-tonizzazione» del mondo – come ha notato giustamente Pitchfork.
Naturalmente in Btw c’è molto di più che una critica a Trump, Trump è nient’altro che un simbolo negativo. Le liriche (abandon all reason/ avoid all eye contact/ do not react/ shoot the messengers – abbandona la ragione/ evita il contatto visivo/ non reagire/spara ai messaggeri) sembrano ruotare attorno all’orrore, la Strega vera: la sorveglianza di massa. La Società del Controllo.
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