In tasca 20 milioni di canzoni
Ecco la musica in streaming
Non si scarica nulla e non c’è bisogno di cd. Basta un abbonamento e si sente ovunque La rivoluzione dell’ascolto
Venti milioni di canzoni. Un pila di cd alta 20 mila metri. Se in digitale, almeno 3.000 smartphone . Ma per portarsi dietro tutta la musica del mondo c’è una soluzione. Basta sfruttare la capienza illimitata della rete. E poi usare un servizio di musica in streaming . Benvenuti nell’era dell’accesso.
L’estate è il miglior periodo per sperimentare la musica in streaming . «Streaming» , per chi è poco pratico di cose di Internet, è il flusso di dati che da un server arriva su un dispositivo (computer, smartphone , tablet , smart tv e così via). Il flusso viene riprodotto man mano che arriva. L’importante è essere collegati alla rete, wi-fi o 3G/4G .
Per la musica in streaming ci si abbona a un servizio e si ottiene l’accesso alla libreria completa dei brani. Tutti e senza limiti di consumo. Una specie di Paese del Bengodi delle sette note. Con iTunes e gli altri store online dobbiamo acquistare canzoni o album e scaricarli in locale sul dispositivo. Se abbiamo bisogno di spostarli dobbiamo fare una sincronizzazione, di solito attraverso il computer. Con lo streaming non c’è bisogno di scaricare nulla e tutto è sempre perfettamente allineato al nostro profilo, quale che sia il dispositivo che usiamo: ci pensano i server della «nuvola» a farlo, a distanza. Qual è la fregatura? Che bisogna pagare un abbonamento mensile. Tutti i principali servizi prevedono un periodo gratuito di prova, che dura pochi giorni. Poi tocca mettere mano al portafogli. I prezzi delle diverse offerte sono allineati. Con 4,99 euro al mese si può accedere alla musica solo da pc. Con 9,99 euro si può accedere da qualunque dispositivo, smarthone e tablet compresi, e si può anche scaricare la musica preferita. Finché paghi, ascolti.
La formula più costosa è quella preferita dagli utenti: abbonarsi a un servizio in streaming e poi non poterlo usare in mobilità, dal telefono, non ha molto senso. Anche la possibilità di scaricare i brani è importante. Attenzione: scaricare non significa che poi le canzoni si possano masterizzare su un cd o estrarre dal dispositivo in qualche modo. Si possono sentire offline (ad esempio all’estero, dove per i costi di roaming spesso non si ha una connessione) ma una volta scaduto l’abbonamento, i brani non risultano più accessibili. A chi può interessare una formula del genere? Ovviamente agli appassionati di musica (10 euro al mese sono circa la metà di un cd e l’equivalente di un album su iTunes).
La prima volta che si sperimenta la musica in streaming è inebriante. Tutto è lì, a portata di mano. Passata l’euforia iniziale, inizia la fase della scoperta. Per far questo, Spotify e gli altri fanno leva sull’aspetto social, vero segreto della musica in streaming . Se associamo il nostro profilo a Facebook possiamo far sapere a tutti gli «amici» quel che ascoltiamo. Invogliando gli altri a fare un tentativo. Si può diventare «follower» (come su Twitter) di altri utenti, per vedere che cosa sentono a loro volta. Per fortuna Facebook si può disabilitare o ignorare: non a tutti va di far sapere che ascoltiamo Gigi D’Alessio mentre il resto del mondo pensa che siamo devoti a Rachmaninov.
Che cosa si può scegliere in Italia? Ci sono servizi «universali» e altri legati, in qualche modo, a un hardware o un provider . I più interessanti sono i primi, che funzionano su una varietà molto ampia di dispositivi. Il più celebre è lo svedese Spotify, ma ci sono anche Deezer, Rdio e Napster. Le differenze sono risicate. Interfacce diverse ma funzioni più o meno simili e cataloghi molto ampi. Il più completo è forse quello di Spotify, ma anche Deezer è ben messo. Deezer per altro è il servizio più trasversale, presente davvero su tutte le piattaforme, mobili e no.
Ci sono limiti al numero di dispositivi a cui agganciare o su cui usare l’abbonamento: Deezer consente non più di 3 device , Spotify e Rdio permettono lo streaming solo su uno alla volta. La qualità sonora può essere regolata e, se spostata verso l’alto della forchetta, non fa rimpiangere un cd. Attenti al consumo di traffico dati da smartphone però. Meglio usare il più possibile il wi-fi .
A questa pattuglia si aggiungerà a breve (è imminente il debutto italiano) un pesce grosso: Google con il suo Play Music All Access. Anche Microsoft è della partita con Xbox Music. Sony con Music Unlimited ha un servizio analogo a Spotify accessibile da Playstation, smart tv Bravia e device Android. Cubomusica di Telecom richiede un abbonamento Adsl all’ex monopolista.
Diversa l’offerta di Apple e Nokia, che rispettivamente con iTunes Radio (arrivo in autunno) e Nokia Music+ offrono radio digitali personalizzabili ma non un accesso completo e personalizzabile al 100%.
Piero Ottolina da corriere.it
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