La rivista britannica NME, bibbia del rock, ha definito i Blur “il miglior gruppo live dell’estate 2013” e anche questa volta ha colto nel segno. L’afa rovente che sfiorava i 40°, una fila chilometrica per accedere all’Ippodromo del Galoppo e nubi di zanzare agguerrite non hanno scoraggiato le migliaia di fan che – armati di Autan e pazienza – hanno trovato la forza di muoversi come un’onda davanti ad un sudatissimo Damon Albarn.
Sarà che i Blur non pubblicano un album da dieci anni, sarà che sono stati dispersi (e ai ferri corti) per almeno cinque di questi anni, ma la scaletta dei concerti estivi è uno squisito spiedino di singoli infilzati con sapienza, alternando ballate romantiche a pezzi shoegaze, mescolando ispirazioni, giocando con l’ordine cronologico dei successi, fingendo – per altro con ottimi risultati scenografici – di avere ancora 20 anni e potersi quindi permettere di rotolare sul palco, lanciarsi sul pubblico, correre e ballare come se non ci fosse un altro concerto memorabile da portare in scena: «Stasera qui ho fatto il pieno di energia – ha detto il cantante – sono esausto e quasi senza voce».
Il live si apre con Girls & Boys e si chiude con Song2 e forse basterebbe questo paio di dettagli a definire la grandezza dell’evento. Ma nello spazio tra l’inizio e la fine si trovano le gemme che hanno definito un genere e un’epoca, come la “vecchissima” There’s no other way, una versione psichedelica ed infinita di Trimm Trabb, la “quasi inedita” (è uscita nel 1992 come singolo ma non è mai stata inclusa in un album) Popscene o l’inno alla Londra delle Olimpiadi Under the westway, ritratto malinconico della città in cui i Blur sono nati e cresciuti.
Il resto è un fremito lungo la schiena: Beetlebum, Tender, Country House, Parklife, End of a Century, The Universal. Momento magico quando, sulle note di Coffee & TV, un ragazzo travestito da cartone del latte (identico al protagonista del videoclip della canzone) viene “issato” sul palco su richiesta del cantante e balla insieme alla band. In seguito ci racconterà di aver realizzato quel costume per carnevale e di essere stato convinto dagli amici a riutilizzarlo per il concerto: «Ho visto che indicavano me e un membro della sicurezza mi ha sollevato. Damon mi chiedeva di cantare insieme a lui ma non mi usciva un filo di voce, ero troppo emozionato là sopra».
Una menzione d’onore va certamente a Graham Coxon, l’antagonista, il litigioso, quello che nel 2002 è stato allontanato (o si è allontanato, chissà) e ha tentato una carriera solista neanche troppo azzardata, quello che insieme a Damon Albarn ha dato inizio a tutto questo e che in qualche modo ne aveva decretato la fine, almeno fino al nuovo inizio: i suoi riff di chitarra sono pennellate di colore, le sue dita sulle corde incantano, il suo tenersi in disparte suona forse modesto o forse simbolo di attriti ancora non del tutto appianati. Per oggi lasciamoci alle spalle il passato e non facciamoci troppe domande sul futuro: il presente è radioso.
gazzetta.it
Related Articles
2 users responded in this post
Mi spiace non essere andata a Roma, a me nel primavera sound mi hanno deluso tantissimo, mi son sembrati freddi, a suonare solo quello che dovevano fare e punto, un damon molo meno trscinnte di quello che avevo visto coi gorillaz…Una Reunion per soldi, molto meno riuscita di quella di pulp o Suede… Sarà per il caos del primavera o per troppa voglia che avevo di vederli, é sotto una grandissima delusione. Damon albarn con gorillaz era il front. man che mi sarei immaginata vedere con blur… Spero vengono a Madrid e riavere l occasione di cancellare questa sensazione!
Rispondi
Te lo auguro,rock on
Rispondi
Leave A Reply