Non è solo una questione generazionale. Da ricerche di mercato viene fuori che la musica “da catalogo”, vintage, vende molto più di quella contemporanea. I classici interessano più delle novità. In Italia ancora più che negli Stati Uniti. Non è un fenomeno che riguarda solo i collezionisti di rarità in vinile. E via con motivazioni sociologiche e interpretazioni mutuate da economia e quant’altro. Operazione nostalgia? Voglia di riscoprire ciò che eravamo?
Non vale la pena soffermarsi sul fatto che oggi sia molto facile improvvisarsi artisti o imbattersi in musica di scarsa qualità. In ciascuno dei casi, infatti, si tratta di successi tanto brevi da non arrivare al cambio di stagione. La sperimentazione, la voglia di rischiare, di spingersi oltre sono anche oggi il motore di tanti artisti. Con risultati spesso sorprendenti. Basti pensare al lavoro portato avanti da etichette indipendenti che producono veri gioielli che purtroppo in molti casi rimangono prodotti destinati ad un pubblico ristretto. Probabilmente non è imputabile nemmeno all’età di chi acquista. Sia il mercato digitale che quello fisico sono oggi più che mai facilmente accessibili, semmai ciò che discrimina può essere il prezzo di vendita, ma è comunque un dato relativo.
Ciò che indirizza verso il passato, è forse la voglia di intraprendere il percorso dalle origini. Non si può prescindere dal bisogno di libertà degli anni 70 , dalla voglia di leggerezza degli anni 80, per passare al decennio che mi appartiene: gli anni 90. Impregnati di grunge e di tentativi di affermare la propria individualità, per approdare, finalmente, ad oggi. Come quando, a scuola, si studia la storia dell’uomo partendo dalla preistoria. Andando avanti ci si accorge che ciò che è avvenuto prima è propedeutico e che bisogna conoscerlo per poter andare avanti. Ascoltare della musica a distanza di decenni, con una diversa situazione culturale e sociale, e riconoscersi in essa ci fa sentire piccoli ingranaggi di un sistema fatto di note, parole e ricordi che da solo è in grado di sorreggere tutte le tue emozioni.
Ciò che vi propongo oggi è proprio un viaggio a ritroso nella musica, anch’essa parte della storia. La storia di ognuno di noi. E per farlo prenderò in prestito la particolare abitudine del protagonista di uno dei libri di Nick Hornby tra quelli che mi stanno più a cuore: “Alta fedeltà”. Rob, questo il suo nome, stilava continuamente classifiche di ogni genere, Top Five che parlavano di lui. Anche io ho una classifica per voi: una top five che include i brani che hanno fatto la storia della nostra musica. Naturalmente è relativa, l’ordine è del tutto casuale, e probabilmente escluderà pezzi che per voi sono invece imprescindibili.
1. Cream – Sunshine of your love
2. The Beatles – Helter Skelter
3. The Smiths – There’s a light that never goes out
4. Led Zeppelin – Kashmir
5. Nirvana – Smells like teen spirit
La storia di ognuno di noi. Ecco cos’è la musica vintage. Una sorta di bagaglio a mano che ci portiamo dietro lungo tutto il nostro viaggio. Prezioso, e quindi da custodire. Ma nello stesso tempo da trasmettere con passione a chi verrà dopo di noi, per alimentare curiosità e interesse verso l’affascinante intreccio delle sette note.
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