Born and Raised è un album in cui la piacevolezza del primo ascolto lascia indifferenti, ma durante il secondo è la noia a insinuarsi tra liriche ripetitive, arpeggi e cori non sempre necessari
“Virtuoso” è una parola che spesso indispone, a volte diviene sinonimo di tecnica portata a un livello superiore ma in fin dei conti fine a se stessa. Forse onde evitare di spaventare qualcuno sarebbe meglio non usarla. Quindi non diciamo che John Mayer è un virtuoso citato da Rolling Stone come un guitar hero o una leggenda vivente della chitarra. Anche perché nel suo Born and Raised, nonostante la chitarra sia indiscussa protagonista con fraseggi blues e accenti folk, non ci sono particolari virtuosismi e così chiudiamo l’argomento.
Il sapore di questo disco è molto retrò, qualcosa di noto che ritorna a ondate, tra flussi e riflussi, dalla seconda metà degli anni Sessanta a oggi. Infatti ecco spuntare tra gli ospiti ombre di tempi passati conosciute al secolo come David Crosby e Grham Nash (Born and Raised) e il produttore Don Was (Bob Dylan, Rolling Stones, BB King).
Il risultato è molto americano nello stile e nelle intenzioni, piacevole da ascoltare su una terrazza al tramonto con una birra gelata in mano. Immagine stereotipata? Bhè lo è un po’ anche Born and Raised, in cui la piacevolezza del primo ascolto lascia indifferenti e durante il secondo è la noia ad insinuarsi tra liriche ripetitive, arpeggi e cori non sempre necessari. Non ci sono melodie che affascinano, ritmi che travolgo o suggestioni che incantano, un vago “già sentito” aleggia su tutto l’album, dalla prima all’ultima traccia, ed è proprio quello che potrebbe trarvi in inganno all’inizio, ma il trucco è presto svelato. Insomma, parliamo di un disco registrato magistralmente, ma carente di contenuti, quello che ignorereste senza problemi entrando in un negozio o mentre siete in macchina sotto il sole in mezzo al traffico.
Mio caro virtuoso della chitarra dimostraci che puoi fare qualcosa di più che canticchiare canzoni sulla spiaggia davanti a un falò…
MYWORD
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