Sarà stato perché il 30 gennaio appena trascorso coincideva con l’ultimo esame universitario; sarà stato perché il concerto era sold out da mesi, e la ricerca impazzata per i biglietti ha fatto alzare l’adrenalina sull’evento; sarà stato a causa dell’unica data italiana della band, o della crescita barbuta sul viso in onore del grande Dan Auerbach; sarà stato per via delle aspettative, visti i 4 anni di assenza del gruppo dal territorio italiano. Forse a causa di tutto ciò, e di circostanze ancora ignote, in cuor mio sapevo che lunedì 30 gennaio 2012 sarebbe avvenuta una svolta. E così è stato.
Per chi se li fosse persi per strada, i Black Keys sono in due dagli esordi del 2001, anche se, sul palco, sono aiutati per l’occasione da bassista e tastierista. Ma l’essenza della band è composta da Auerbach, voce, chitarra e animo del gruppo, e Patrick Carney alla batteria. Il duo proviene da Akron in Ohio. Facile è immaginare che, da una cittadina sperduta nel centro-est statunitense, potessero uscire solamente dei geni, tanto arrabbiati da poter farsi conoscere a livello planetario. LeBron James, stella indiscussa della prima lega cestistica mondiale (NBA), proviene dalla stessa cittadina: un altro chiaro indizio di come il talento e la determinazione possano aiutare a superare i confini. La band porta sul palco il blues e il rock, aggiustati dalla graffiante voce di Dan e dalla pulsante grancassa di Patrick. La band porta sul palco l’ultimo lavoro, l’album ‘El Camino’ (2011).
‘Howlin’ For You’ apre il concerto infiammando dal principio il tanto gremito Alcatraz milanese. ‘Next Girl’ è solo la seconda traccia sulla scaletta della serata, ma la folla è già alle stelle. I Black Keys sono intensi, underground e molto americani nello stile. Un sollievo, dal momento che l’indie brit-rock sembra ormai essersi impantanato in qualcosa di già sentito e ripetitivo. Questi due, poi, sono su un altro pianeta: ‘Dead And Gone’, ‘Gold On The Ceiling’, ‘Girl Is On My Mind’ e ‘Your Touch’ mantengono il concerto su livelli alti, fino ad abbassarsi alla lieve ‘Little Black Submarines’. ‘Chop And Change’, ‘Tighten Up’ e soprattutto ‘Lonley Boy’ riportano il suono della chitarra di Dan al massimo, con quell’inconfondibile timbro di voce che lo contraddistingue. Diciotto pezzi e tanta energia bastano ai Black Keys per abbandonare il palco, e ringraziare i fan.
E passano pochi minuti, per rientrare con una sceneggiatura diversa. Dietro la band, una grossa palla luminosa sprizza fasci di luce dall’alto del palco. ‘Everlast Light’ apre il bis, in un’atmosfera un po’ retrò. ‘She’s Long Gone’ prosegue, e ‘I Got Mine’ conclude il lavoro, terminando il concerto con l’unica traccia con cui potevano finirlo. Sì perché, parafrasando il titolo della canzone, questa sera abbiamo avuto il nostro, abbiamo avuto quello che ci potevamo aspettare dalla band. E anche se ‘Just Got To Be’ non è stata portata sul palco, si è consapevoli di aver assistito al miglior concerto che il 2012 potrà offrire al pubblico italiano. E siamo solo a gennaio.
E pensare che dovevo esserci, avevo gia’ il biglietto, pazienza torneranno!
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