Con Ben Howard si torna a raccontare una di quelle buone vecchie storie di gavetta che porta al successo, con buona pace delle ormai solite cavalcate attraverso il talent show di turno.
Questo ragazzo inglese infatti ha visto crescere sul campo l’apprezzamento per il suo folk basilare, dalle prime apparizioni nei club fino a concerti più allargati ma comunque sempre seguitissimi, finché non si è accorta di lui una major attenta al genere quale la Island.
Firmato il contratto, è arrivato subito l’album di esordio intitolato “Every kingdom”, che racchiude anche un paio di brani già realizzati dal giovane cantautore.
Fra questi c’è “The wolves”, splendido esempio della cifra stilistica di Ben Howard: cantautorato puro, capace di mescolare efficacemente un testo incisivo ed una musicalità in grado di evocare emozioni immediate.
Si parla di guerra in “The wolves”, ma a ben vedere si tratta dei conflitti interiori causati dalla complessità del sentimento amoroso.
Indicato come risposta britannica all’emergente Bon Iver, il giovane Ben raccoglie in realtà diverse eredità e per forza di cose (visto il genere) sfiora lo stile di alcuni nomi forti del folk.
Si possono citare il conterraneo Nick Drake per una certa mistica malinconia, Brett Dennen per il timbro nei passaggi più quieti, ma soprattutto Damien Rice quando gli archi si mettono in moto ed il cantato si fa più nervoso.
La sfilza di nomi nulla toglie alla forza di Ben Howard, anzi. La sincera carica che fa nascere la sua musica traspare da ogni nota e da ogni sillaba, gli amanti del genere hanno di sicuro un nuovo nome da segnarsi nella lista degli osservati speciali.
Un ascolto dell’intero “Every kingdom” è dal sottoscritto vivamente consigliato.
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