Tutto è molto gradevole anche se non così originale, le canzoni fluiscono bene e la voce di Morrison è sempre…
Non avrei mai immaginato di celebrare un giorno i quarant’anni di quest’album; e di provarci anche gusto, e interesse, tolto qualche squillo di fanfara stonato che in casi come questi sono peraltro la regola. Non lo avrei mai immaginato perché quando L.A.Woman uscì, nel maggio 1971, i Doors erano al minimo sindacale della stima, almeno da parte della critica e di chi li aveva seguiti nelle giornate della presa del potere, i primi due album. Quei Doors non c’erano più, dico i visionari inauditi scandalosi inventori di The End, di Light My Fire, di When The Music’s Over; la loro epica psichedelica si era già ridimensionata ai tempi di Waiting For The Sun e corrotta con Soft Parade, per rifugiarsi poi in un blues tutto sommato convenzionale, quello di Morrison Hotel, piacevole ma lontano dalle eccitanti promesse originali. Jim Morrison aveva ceduto al suo Ego e al demone dell’alcol, si era imbolsito, aveva trasformato molti show in penose farneticazioni, e veniva trattato dalla stampa USA come un irredimibile balordo; la storia sua e della band pareva giunta al capolinea con il famoso concerto di Miami, quello in cui era stato arrestato per atti osceni in luogo pubblico, suscitando una sollevazione degli impresari di tutta America contro i Doors.
Fu proprio Miami e il molto tempo libero a disposizione a spingere i Doors in studio, per un album che in qualche modo li rilanciasse. Le vendite, per amore della storia, non erano mai calate più di tanto: tutti e cinque gli album dal 1967 al 1970 erano entrati nei Top 10 ma i tempi stavano cambiando, con nuovi gruppi e nuovi gusti, e in un angolo della mente Morrison accarezzava l’idea di abbandonare la sua band per cercare nuove strade, come solista, come poeta, lontano da quelle che percepiva come “abitudini” che alla fine lo annoiavano.
Questo lo scenario di L.A.Woman, per capirci bene. Era un frangente difficile e le cose si complicarono di più ancora quando la band si presentò in studio con le prime idee e letteralmente terrorizzò il produttore di fiducia, Paul Rotschild, che prestò un ascolto disgustato e poi si chiamò fuori. I Doors avrebbero potuto naufragare quel giorno stesso ma fu l’orgoglio, probabilmente, a tenerli in vita. Promossero sul campo il tecnico del suono Bruce Botnick e si sforzarono di recuperare idee, affidandosi ancora alla formula di Morrison Hotel: un rock blues semplice, a tratti scanzonato, un ritorno ai garage e ai piccoli club prima di Light My Fire, con qualche lampo appena di mistero e perdizione, l’abracadabra dell’incantatore Morrison. E’ qui che i giudizi divergono, quelli di chi ascolta oggi e di chi mise la puntina sul vinile nella primavera del 1971. Allora la ri-semplificazione della musica Doors venne percepita come una ritirata, l’ennesimo tradimento “commerciale”. Oggi che non siamo più schierati, si può levare quella cappa pesante di “cosa avrebbe potuto essere” e apprezzare molto semplicemente ciò che suona; e trovare che è tutto molto gradevole anche se non così originale, che le canzoni fluiscono bene e la voce di Morrison è sempre una benedizione, anche quando scricchiola sotto il peso dell’alcol e dei suoi depravati eccessi.
Ci sono vari pezzi derivativi in L.A.Woman: Cars Hiss By The Window è un narcotico slow blues come tanti, la title track un pop rock più furbo che intelligente, Crawling King Snake un dichiarato furto d’amore da John Lee Hooker. In The Changeling si coglie l’influenza della nuova musica funk, in The WASP (un brano già eseguito dal vivo e qui rielaborato) si ascoltano echi eccitanti di rock sudista; ma non è lì che il disco svolta bensì, per opposte ragioni, in Love Her Madly e Riders On The Storm. Ecco i vecchi e nuovi Doors all’apice, e accapigliatevi pure a scegliere! Riders On The Storm affascinò anche i Doorsiani della prima ora, per la sua aria misteriosa, i gocciolii di tastiera e la voce di Jim che pacatamente annunciava una sua Apocalisse, così simile a quella dylaniana di All Along The Watchtower; pareva una outtake di Strange Days, che grande ritorno! Tutto al contrario, Love Her Madly era un paraculissimo Robby Krieger che smuoveva gli ormoni dei ragazzi di Woodstock, con l’ornamento del Vox di Manzarek ad aggiungere altri vivaci colori. Aveva scritto in fronte che sarebbe diventato un successo, anche se consultando i sacri testi si scopre che non arrivò mai oltre l’undicesimo posto in classifica.
Per la celebrazione dei quarant’anni hanno aggiunto un secondo disco di alternate e inediti. Vado controcorrente e dico che sono più interessanti le takes diverse, con i parlati che rendono un suggestivo “colore di studio”, rispetto al tanto decantato inedito, She Smells So Nice. In effetti quel pur gradevole funky blues ha tutta l’aria di un’invenzione sul momento, un estemporaneo estratto da una jam – e non a caso il brano scivola presto in un altro standard convenzionale come Rock Me, il blues di B.B.King che avevano in scaletta anche i Jefferson Airplane. Krieger suona rilassato, Morrison è una calamita anche se ha troppa benzina in corpo e il raspo in gola. Weird scenes into the studio: una delle ultimissime volte prima che Jim prenda il fatale aereo per Parigi e lasci tutto alle spalle per sempre, Los Angeles, i Doors, la scena musicale, la vita.
Bello e interessante anche il DVD, con la storia dell’album e di quella controversa stagione, e l’intervento dei vetusti Doors rimasti e di quelli che c’erano, dal signor Elektra Jac Holzman a Bruce Botnick, dal poeta Michael McClure al miglior studioso di Morrison, il mio amico Frank Lisciandro. Qualche lode troppo sperticata, i soliti luoghi comuni ma anche belle immagini e racconti dettagliati, da cui apprendo cose fantastiche: per esempio la derivazione di Riders On The Storm da quel celebre inno western, Ghost Riders In The Sky, e la perversa citazione di Chopin che il colto Manzarek fa in Hyacinth House. Ma soprattutto, e mi vergogno a scriverlo, non avevo MAI notato quello che il signor M a un certo punto butta lì con disinvoltura: che “Mr. Mojo Risin’”, cioè, altro non è che l’anagramma di Jim Morrison. Se sentite un rumore, è la mia testa che batte contro il muro.(MYWORD)
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