Settantadue canzoni, da mito a mito: comincia Johnny Cash con gli Avett Bros., chiude Pete Seeger
Per i suoi cinquant’anni, Amnesty International si è fatta un regalo in musica e ha coinvolto un esercito di musicisti per onorare le canzoni di Bob Dylan. L’idea non è più originale dai tempi dei Byrds e di Joan Baez ma resta sempre valida; anche perché sarà pur vero che “nessuno canta Dylan come Dylan” (un bel proverbio dei Sixties) ma la tentazione è sempre stata irresistibile e qualche splendido incosciente (Jimi con All Along The Watchtower, per esempio) è perfino riuscito a dimostrare che yes, we can.
Qui non c’è nessuna prodezza del genere ma il livello è buono, siano venerate rock star o promettenti boccioli, e il juke box è ricco da urlare; vi divertirete, garantito, lo dico ai dylaniani di qualunque corso. Sono settantadue canzoni, da mito a mito: comincia Johnny Cash con gli Avett Bros. (One Too Many Mornings), chiude Pete Seeger con una Forever Young che trovo perfetta, visti i 92 anni. In mezzo ci sono puristi folk e incendiari rock blues, eretici che ora dicono le preghiere (Bad Religion), convertiti dell’ultima ora (i Maroon 5!) ed ecumenici che parlano in lingue (il Kronos String Quartet), chi batte la fiacca (Elvis Costello e una License To Kill da ceffoni) e chi invece non si fa trovare dove avresti detto (Taj Mahal e il suo pregevole rap del 115mo Sogno). Joan Baez onora il proprio ruolo di Regina con Seven Curses (scelta rara, versione da applausi), Jackson Browne è un convincente paggio con una Love Minus Zero/No Limit che aspettavo al varco (la mia preferita, se può valere); passa l’esame Carly Simon con una Just Like A Woman fatta diventare torch song, se la cavano perfino Sting (Girl From The North Country) e Mark Knopfler (Restless Farewell) ma a sorpresa non Pete Townshend, che biascica Corrina Corrina come se fosse in pigiama e l’avessero tirato giù dal letto tre minuti prima.
La gran parte delle canzoni viene dalle profondità degli anni ’60, la grotta di Ali Ba-Bob; i ’70 sono rappresentati soprattutto da Blood On The Tracks, un mito per tutti, con divagazioni che arrivano fino al periodo religioso (Sinéad O’Connor e Property Of Jesus, il redivivo Eric Burdon e Gotta Serve Somebody). Oltre c’è poco, troppo poco, quasi niente. Sono indeciso se gridare all’ingiustizia o vaneggiare che sia una scelta voluta, che da qualche parte ci sia in preparazione un altro quadruplo, con cover tuttifrutti degli ultimi trent’anni di Bob Dylan.
Guida ad altri omaggi a Dylan, personali o collettivi
* “I’m Not There – colonna sonora” (Sony, 2 CD, 2007) ****
* Joan Baez “Any Day Now” (Vanguard, 1968) ***1/2
* Bryan Ferry “Dylanesque” (Virgin, 2007, 2CD) ***1/2
* Grateful Dead “Postcards Of The Hanging” (Arista) ***1/2
* “Gotta Serve Somebody – The Gospel Songs Of Bob Dylan” (Columbia, 2003) ***
* Jerry Garcia “Garcia Plays Dylan” (Rhino, 2005) ***
* “May Your Song Always Be Sung – The Songs of Bob Dylan” (BMG International, tre volumi separati, il terzo è doppio, 1997-2003 ) ***
* Steve Howe “Portraits Of Bob Dylan” (Eagle, 1999) ***
* Maria Muldaur “Sings Love Songs Of Bob Dylan – Heart Of Mine” (Telarc, 2006) ***
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