Ho letto in un’intervista recente che Enrico Rava ha dovuto smettere di suonare per un po’ e quando ha ricominciato è stato sfiorato dalla tentazione di lasciar perdere. Per fortuna è un innamorato, e un ostinato, e non ha dato seguito al cattivo pensiero. Per fortuna: perché questo nuovo album per la ECM conferma che la sua vena è intatta e la sua tromba vola alta sulla scena jazz dei nostri tempi, carica di storica ma non per questo votata alle nostalgie.
Tribe non ha un filo conduttore come le memorie di New York Days, lo splendido album del 2009, ma gioca liberamente tra sogni, malinconie, sbuffi ironici e lampi di energia con un sottile, prezioso interplay che coinvolge i membri del quintetto e non solo, anche il chitarrista Giacomo Ancillotto, che si fa ascoltare in quattro pezzi. Il punto di riferimento più prossimo è il trombone di Gianluca Petrella, infallibile complice e maestro ormai a livello internazionale; ma la tribù annovera anche il misurato batterista Fabrizio Sferra e due giovani musicisti che proseguono la tradizione di Rava scopritore di talenti – due illuminati twenties come Giovanni Guidi, pianoforte, e Gabriele Evangelista, contrabbasso. “Non è altruismo il mio,” ha avuto modo di spiegare il leader, “è puro piacere. Voglio continuare a progredire e per questo ho bisogno di gente intorno che sia in grado di stupirmi.”
La nuova tribù consente a Rava di mettere in bella copia idee recenti ma anche di riconsiderare vecchie pagine, alcune proprio dal profondo del suo catalogo quarantennale. La bellissima Cornettology, omaggio a Ornette e Don Cherry sulla scia della parkeriana Ornithology, era già su Tati, Planet Earth aveva brillato su un vecchio album Soul Note e un paio di altri brani vengono dagli anni ’90 di Noir; fino a F.Express, una ballad scioglicuore in repertorio fin dai ’70 in cui non credo di essere l’unico a cogliere, con emozione, qualcosa della splendida Se sapessi come fai di Luigi Tenco.
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