Steve Hackett emoziona Mantova
A volte non serve fare chilometri su chilometri, come siamo abituati da anni, per vedere un concerto degno di tale nome. A volte ne sono sufficienti poco più di 30. Sabato 30 luglio, infatti, Steve Hackett con la sua band elettrica ha suonato all’interno del castello di Mantova, luogo intimo e pieno di storia. L’ex Genesis ha subito messo le cose in chiaro: dopo l’intro parte “Every day” tiratissima, con quel solo di chitarra ancora oggi uno dei più puliti e dinamici. Il poco pubblico (non più di 400 le presenze) è subito rapito ed entusiasta. Quello che incanta ancora in Hackett è la semplicità con cui affronta partiture e passaggi in maniera elegante, ma decisa. Inoltre l’ex Genesis ha con sé fior di musicisti. Roger King assicura quell’indispensabile tappeto sonoro su cui si appoggiano gli altri musicisti, mentre il basso del “devastato” Nick Beggs (ex Kajakookoo) è preciso, potente e puntuale come un orologio svizzero. Gary O’Toole è chiamato a cantare la maggior parte delle canzoni e pestare duro sulla batteria. Rob Townsend, infine, al sax alto e tenore ricama le sue parti con vigore e leggerezza. Insomma una band di professionisti comandata da un signor professionista come Hackett. Certo la voce di O’Toole in “Watcher of the skies” e “Carpet crawlers” fa fatica ad arrivare a prendere quelle note che sono il marchio di Gabriel e Collins. Ma tant’è. A noi vecchi fan dei Genesis va bene anche questo per una sera. Steve, nel presentare le due canzoni dice solo “… same band, other year”, come dire che quel nome è forse un peccato citarlo, magari nella speranza che… Steve, ad ogni modo va avanti per la sua strada. Jazz, funk, soul, blues, etno, sapori asiatici e caraibici. Senza dimenticare la parte acustica dove Hackett non si risparmia e vola leggero sulla tastiera della sua chitarra regalandoci “Blood on the rooftops” “Horizons”, sono lì avvolgenti e senza tempo, dolci melodie sempre pronte ad ammaliarci. L’introduzione di King a “Firth of fifht” ci ruba letteralmente l’anima. Hackett completa il tutto con il famoso solo all’interno della canzone. Basta solo chiudere gli occhi e con la mente torniamo al 1977, quando li abbiamo visti per la prima volta a Zurigo. “Clocks” ci dice che il concerto è terminato, passando ovviamente da “Los Endos”. Steve con la band non si risparmia. Due ore piene di musica e alla fine tutti ad aspettare che il chitarrista arrivi per il classico giro di foto e autografi con i fan. Bastano solo 5 minuti di attesa. Un professionista serio si vede anche da questi piccoli, ma importantissimi, dettagli. Il rapporto con la “sua” gente è più solido che mai.
Luca Sguazzardo
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