Il Baseball Project è iniziato tre anni fa con un volume 1, Frozen Ropes And Dying Quails, inventato e suonato da Steve Wynn, il signor Dream Syndicate, sua moglie Linda Pitmon (The Miracle 3, Golden Smog), l’ubiquo Peter Buck dei REM e il suo compagno di merende Scott McCaughey. Tutto è nato quando Wynn e McCaughey hanno scoperto di essere tifosissimi di baseball e di avere entrambi in un angolo della mente il sogno di scrivere canzoni sulla storia e cronaca del loro sport preferito.
Detto fatto, e anche ben riuscito. Così i Progettisti ci hanno preso gusto e dopo la prima partita sono andati avanti, organizzando un tour e trovando spazio su un prestigioso sito di sport (ESPN.com) in veste di commentatori sui generis: una canzone al mese da scaricare liberamente, con argomenti tratti dalle partite della stagione. E’ così che sono diventati una vera squadra e hanno deciso di fare sul serio, registrando un secondo CD, questo, e ponendo le basi per un credibile futuro.
Wynn è in un periodo di grazia, l’ultimo Northern Aggression lo ha presentato in forma come quando aveva vent’anni e sognava rumorosamente a colori. Buck pare meno tonico, McCaughey è un onesto routinier ma, insomma, non si offende nessuno se dico che qui la musica conta relativamente; quello che importa sono le storie che si affacciano all’ascolto, le commedie buffe e i drammi, o le vere e proprie tragedie, siano vestite di moderno rockabilly o malizioso folk rock o abbiano vento hendrixiano alle spalle. Contano i ricordi di Steve Wynn ragazzino che nell’estate 1976 si innamora di Mark “The Bird” Fydrich, dei Detroit Tigers, e scioglie inni per lui, e quelli di Scott McCaughey che rende onore a Ichiro Suzuki, il primo giocatore giapponese che riesce a eccellere nel campionato americano, e con il cuore ancora spezzato racconta la triste storia di Ray Chapman, l’unico giocatore ucciso sul diamante da una palla scagliata da un avversario.
Sono tifosi saggi, Wynn e McCaughey, così misurati che secondo i nostri standard becero-calcistici potrebbero essere Mourinhanamente definiti dei pirla. Si tengono stretti i loro amori ma cantano anche le glorie dei rivali, e in Fair Weather Fans raccontano la molto americana realtà di chi cambia Stato e residenza più volte nella vita, e allora per chi tenere senza essere delle banderuole? Sono capaci di avere anche un occhio di riguardo per i minori, per gli eterni piazzati che non fanno la storia ma proprio per questo suscitano sentimenti anche più profondi degli eroi immortali. Don’t Call Them Twinkies tratta giusto quello, l’hanno scritta Wynn e Craig Finn degli Hold Steady e parla dei Minnesota Twins, una formazione che non ha scritto la storia del baseball, non smuove le masse ma “somiglia a certe rock band di culto; non tutte le sere suonano così bene però, quando lo fanno, è una vera delizia.”
La serie è aperta e questo secondo volume non ha certo esaurito la vena. Intanto uscirà una raccolta con avanzi di studio più le canzoni scaricabili sul sito della ESPN (The Broadaside Ballads), poi è facile prevedere un volume 3, quando gli impegni degli indaffarati tifosi lo permetteranno. Mille storie incombono, dal profondo del secolo scorso e dalla cronaca dei giorni nostri – c’è solo l’imbarazzo della scelta. “E’ la cosa più facile del mondo,” assicura Wynn. “Basta sfogliare un’enciclopedia del baseball o l’annuario 2011 e avere un minimo di passione e sensibilità. Le storie da raccontare vengono loro da te.”
delrock
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