John Lennon, il genio frainteso
Il 9 ottobre 2010 John Lennon avrebbe compiuto settant’anni e, grazie al suo indiscutibile talento e al suo inconfondibile carisma, sarebbe stato di certo uno dei saggi più amati e idolatrati della storia del rock. Ma il gesto di uno sconsiderato l’8 dicembre del 1980 lo strappò prematuramente al suo pubblico e ai suoi cari trasformandolo in leggenda, proprio lui che amava considerarsi “solo una persona comune che fa cose fuori dal comune”.
Per ricordarlo nell’anno che segna i settant’anni dalla nascita e i trent’anni dalla tragica morte, la B.C. Dalai editore pubblica John Lennon – La vera storia di un genio frainteso, il racconto biografico firmato dall’amico giornalista Larry Kane.
Un libro che non si è limitato a raccogliere i pensieri personali dell’autore sull’amico musicista ma ha messo insieme un’incredibile serie di interviste con gli amici più stretti e i familiari. Fu nel corso della tournée nordamericana dei Beatles del 1964-65 che Lennon e Kane divennero amici, così intimi che l’uno diventò il confidente dell’altro.
E grazie a questa intimità che Kane riesce là dove molti altri autori hanno fallito ricostruendo il modo in cui “le umane fragilità hanno plasmato un essere speciale che ha arricchito così tanto la vita degli altri”: ne esce un’immagine inedita di un uomo dalla personalità complessa, ricostruita soprattutto grazie ai pensieri e ai racconti delle persone che, in modi diversi, si sono trovate faccia a faccia con lui.
Di seguito un estratto dell’introduzione della biografia John Lennon – La vera storia di un genio frainteso.
Chi era John Lennon e perché è nei nostri cuori?
Fragile. Sensibile. Sessualmente libero ed emancipato. Un buon padre e un cattivo padre. Un poeta scomparso il cui linguaggio risuona nella vita stessa. Un ribelle per tante cause.
Una rockstar che ha sondato nuove galassie. Un marito. Un amante. Un uomo che combatteva per la libertà . Un filosofo, un ubriacone, un consumatore e uno schiavo della droga. Un chitarrista, pianista e armonicista, un musicista che con le sue
canzoni trasmetteva pure sensazioni di piacere e paura direttamente nel sangue e nel cervello di chi lo ascoltava. Uno scrittore. Un amico. Un’anima in pena. Un maestro e uno scolaro.
Una tigre che spaventava con il suo ruggito e un gatto tenero e gentile che faceva le fusa. Una leggenda vivente. Un’icona dopo la morte. Un rompicapo, per molti. Ma era davvero tutto questo?
Chi era John Lennon?
Per tanti anni durante la sua vita e per altri trenta dopo la sua morte, i dotti di turno, i politici, i giornalisti e gli aspiranti tali hanno cercato di rispondere una volta per tutte a questa domanda: chi era John Lennon? Questo libro vuole fare di più –
rivelare John come essere umano, non solamente come mito; squarciare il velo delle mille leggende che ne hanno accompagnato l’esistenza, splendida e creativa, e scoprire la vera persona attraverso le testimonianze e i ricordi di chi lo ha conosciuto da vicino. Lavorare tra chi tenta di custodire gelosamente i propri ricordi e chi invece vorrebbe pubblicare i propri diari è un compito arduo per un giornalista.
Quello che troverete in questo libro è un ritratto libero che inquadra, da tutte le angolazioni e i punti di vista possibili, un uomo che non è più presente con il suo corpo ma ha lasciato un messaggio che, insieme al suo talento, vivrà ancora per tutto questo secolo e per i prossimi.
Per prima cosa, permettetemi alcune considerazioni su come sono arrivato a intraprendere questo progetto.
I reporter sono degli impressionisti. I nostri lavori non finiscono su una tela, ma riflettono una traccia della realtà impressa nelle nostre menti. Nel 1964, la mia mente di ventunenne nutriva un’impressione piuttosto dubbia sul compito che mi
avevano affidato: viaggiare insieme ai Beatles per fare la cronaca della loro prima tournée nordamericana. Dopo aver studiato da cronista d’assalto, lo consideravo un lavoro adatto a chi aveva una visione meno ampia del mondo, e magari qualche
nozione di musica e un po’ di senso del ritmo – due cose che mi erano entrambe ignote. Avevo sì suonato un po’ la fisarmonica da bambino, ma era, appunto, la fisarmonica, e non me la cavavo un granché. Onestamente, da reporter radiofonico avevo voglia di occuparmi di notizie importanti, e avrei fatto più volentieri un servizio su una rapina in banca che non viaggiare con un gruppo musicale, qualunque fosse.
A essere sincero, era stata tutta colpa mia. La direzione della radio mi aveva chiesto di tenere una breve intervista con i Beatles in occasione del concerto più vicino a Miami, cioè quello al Gator Bowl di Jacksonville, in Florida. Ma alla lettera da
me spedita al manager Brian Epstein avevo allegato un biglietto da visita in cui erano segnate tutte le sette emittenti del mio network, sei delle quali si rivolgevano per lo più a un pubblico di persone di colore che difficilmente avrebbero apprezzato i
Beatles. Epstein non sapeva che fossi così giovane, e infatti mi scambiò per un magnate, proprietario di sette stazioni radiofoniche.
Fu così che rimasi sbalordito quando ricevetti l’invito a seguirli, come ospite del loro ufficio stampa, nell’intera tournée: 33 date in tutto, in 25 città diverse. Mi misi subito in testa che non ci sarei andato. Il motivo non era solo il mio disinteresse
verso quell’evento ma anche, cosa molto più importante, il fatto che fosse appena morta mia madre, a quarant’anni, dopo aver combattuto a lungo contro la sclerosi multipla.
Era la cosa più brutta che mi fosse mai successa, e lo è ancora oggi. Undici anni dopo, proprio John Lennon avrebbe impresso un marchio speciale sulla vita e sulla morte di mia madre.
Nel frattempo, dovevo decidermi. Se tentenni, il destino non ti aspetta. E un tentennamento può tirare una riga su una luminosa carriera da giornalista.
Pur riluttante, decisi che sarei partito. Dopo cinque anni di esperienza come inviato e conduttore di giornali radio, decisi di accettare quello che ritenevo un compito vacuo e una perdita di tempo: la cronaca di quella che sarebbe rimasta negli annali come la tournée più importante di tutta la storia della musica, l’invasione di Stati Uniti e Canada da parte dei Beatles. Fu la prima delle due tournée che seguii per intero.
In totale assistetti a 63 concerti dei Beatles, li vidi al lavorare a un film, conversai per ore con quei quattro ragazzotti che stavano facendo la storia e vidi cambiare per sempre sia la mia vita che la mia idea su cosa significasse fare il reporter. Negli
anni successivi avrei seguito seguito ventuno convention di partito, vari vertici tra superpotenze mondiali, sette presidenti americani, disastri causati da terremoti e uragani, guerre e ordinarie vicissitudini della vita quotidiana. Alla fine la mia
carriera mi ha portato a Philadelphia, dove da trentasette anni conduco telegiornali.
Ticket To Ride, il mio libro precedente a questo, è un racconto sia di quei tour visti dall’interno che della mia esperienza personale insieme ai Beatles. Molti lettori hanno avuto l’idea che mi piacesse John Lennon. Come poteva non piacermi?
Avevo avuto di fronte a me un uomo dotato di talento, rabbia, individualismo, fragilità , carisma e convinzione in dosi smisurate, alla ricerca disperata di scogli su cui far infrangere le ondate d’amore che montavano dentro di lui. Le impressioni e le annotazioni sulla vita di John Lennon contenute in questo nuovo libro non si basano su una mia esperienza diretta, comunque vasta, ma fanno affidamento sui pensieri di persone che si sono trovate faccia a faccia con John in modi diversi, a seconda del ruolo che hanno avuto nella sua vita. Mi sono impegnato in investigazioni approfondite per cercare di sistemare le tessere del mosaico della sua vita che mi erano sfuggite durante i due tour in cui in pratica avevo vissuto insieme a lui e ai Beatles, e poi nelle tante telefonate e negli incontri in occasioni degli eventi speciali che si erano susseguiti nell’arco di diciassette anni.
Il giornalismo beatlesiano è attraversato da una sorta di sottocultura che sembra obblighi i suoi esponenti a dichiararsi per forza come i più brillanti e i più preparati in materia. Per fortuna, nonostante esista questa presunzione secondo cui esiste un copyright sulla verità e qualcuno ne deve essere il depositario, il mio cerchio di amici beatlesiani è immune da questo petulante vizio. Ci tengo a sottolineare questo aspetto perché io per primo non ho la presunzione di essere l’unica fonte corretta
di informazioni su John Lennon. Qualsiasi punto di vista sulla sua incredibile vita ci regala qualcosa di nuovo. Il mio racconto su Lennon e sulla sua vita da adulto sarà quindi diverso da quello fatto da altri, ma è mio.
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http://www.youtube.com/watch?v=w5hGDPIoXbc
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sir elton sempre gradito,chapeau ferdinan!
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