Se amate il cinema dei fratelli Coen, amate certamente la musica di Carter Burwell. Se ci si passa l’esagerazione, i film di Ethan e Joel Coen non sarebbero gli stessi senza la musica di Burwell, muterebbero i colori, le atmosfere, i sentimenti stessi, che sono nell’intelaiatura del cinema dei fratelli, avrebbero una forza diversa. E questo perché Burwell, credeteci, è uno dei compositori meno convenzionali che il cinema oggi conosca.
Cominciamo dall’inizio: Carter Burwell ha poco più di quarant’anni e gli esordi della sua vicenda assomigliano a quelli di qualsiasi altro musicista pop o rock del pianeta americano. Qualche lezione di piano da bambino, la scoperta del blues e dell’improvvisazione, la passione per la musica che cresceva, lo hanno spinto nell’adolescenza a consumare, voracemente, qualsiasi genere musicale: «Odiavo le lezioni di piano quando ero piccolo», racconta Burwell, «fu un mio amico a spingermi verso il blues e soprattutto verso l’improvvisazione e la composizione. Mentre ero al college, continuavo a suonare il piano non appena ne avevo occasione. Poi, alla fine degli anni Settanta esplose il punk, tutti volevano formare una band e suonare, e così feci anche io, per divertimento, per ritardare il momento d’inizio della vita adulta, e perché amavo la musica». Mentre era a New York il “sound editor†del film Blood Simple – Sangue Facile lo ascoltò suonare in un club, lo chiamò e lo presentò a Joel Coen. Da lì iniziò la sua avventura nel mondo delle colonne sonore.
Burwell non è un compositore qualsiasi, le sue colonne sonore sfuggono alle facili classificazioni, sono perfette e allo stesso tempo sembrano in costante movimento, non sono fedeli ad alcun genere e questa “infedeltà †non diventa mai confusione, anzi si trasforma sempre più volentieri in stile. Il jazz, la musica brasiliana, l’heavy metal o il folk, diventano nelle mani di Burwell elementi di un puzzle che pur restando sempre funzionale al racconto, si compone in maniera autonoma, indipendente, personalissima. Ma non pensiate che Burwell sia un amante della complessità , anzi le sue composizioni tendono ad essere semplici, ma la semplicità non sminuisce minimamente la forza emotiva delle sue composizioni, che resta il carattere dominante, l’elemento basilare del suo essere musicista. Passione, sentimento, umanità , caratterizzano ogni lavoro di Burwell, sia quelli più particolari come Barton Fink quanto quelli più oscuri e “noir†come Fargo. Nel primo caso l’eccentricità della composizione racconta magnificamente la solitudine e la follia del protagonista, nel secondo il sound, al contrario, è spartano, minimalista, sentimental quanto basta per accompagnare il clima del film più che la sua storia, per sondare gli animi dei personaggi e non spiegarli mai. Ma lui non pensa se stesso come un innovatore: «No, non credo di esserlo davvero, non sto consciamente lavorando per avere un suono diverso dagli altri. Spero di fare cose belle, di non ripetermi e di imparare cose nuove ogni volta».
La semplicità , che è “difficile a farsiâ€, come diceva Brecht, è la chiave di volta per comprendere tutto l’universo musicale di Burwell: «Quando scrivo compongo essenzialmente cose che piacciono a me, sperando che piacciano anche al regista per il quale lavoro. Sono molti anni che faccio questo mestiere ma ancora non ho capito come la mia musica arrivi al pubblico, è per me un completo mistero. Certo, dovrei fermarmi a pensarci su, ad analizzare quali meccanismi si mettono in moto realizzando una colonna sonora, ma non lo faccio quando scrivo, lo faccio dopo, ed il dato che mi sembra più rilevante è quello della semplicità . Tutta la mia musica è semplice e le melodie sono chiare, e credo che questo sia dovuto al fatto che io sono una persona semplice, che ha ancora un approccio “infantile†alle cose del mondo».
Burwell è in qualche modo parte integrante del cinema dei Coen, del quale conosce e capisce magnificamente i meccanismi, gli incastri, i suoni. «Abbiamo un rapporto eccellente, ho un accordo informale con loro per il quale lavoreremo insieme fino alla morte. E io voglio che sia così. Mi andrebbe bene non fare altro che le loro colonne sonore per tutta la vita. Con loro non è lavorare, è arte». E non c’è dubbio che arte sia la sua musica, compresi gioielli straordinari come gli score di L’uomo che non c’era, Fargo, A Serious Man, il leggendario Fratello dove sei e l’ultimo True Grit, il remake de Il Grinta, celebre western con John Wayne.
Burwell, comunque, non si occupa solo d’arte, ha lavorato e lavora con i grandi studios, è una delle firme più ricercate del momento e la sua musica accompagna numerosissimi film di successo, come The Bourne Identity, o i lavori più recenti quello di Lisa Cholodenko The Kids Are All Right, il bellissimo Howl di Rob Epstein e Jeffrey Freidman o la serie di Todd Haynes per Hbo Mildred Pierce.
E’ giovane, ha talento, è un compositore di grandi doti emotive e molto originale. Lo ascolteremo spesso e con piacere, anche in futuro.
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