16-11-2010
National + Phosphorescent @ Alcatraz, Milano
Che il 16 novembre 2010 possa essere la data che segna il definitivo sdoganamento della musica indipendente in Italia? Il concerto dei National di questa sera è importante soprattutto per i molteplici significati che questo sold out lascia intendere: dall’enorme crescita di una band che solamente due anni fa riusciva a riempire appena metà del MusicDrome, a tutto quello che si può dire sulla fruizione della musica nel 2010. Di certo, i network mediatici contano ormai poco, visto che nessuna canzone dei National vi è mai stata programmata, né il gruppo americano è mai passato da palchi di manifestazioni nazional-popolari. C’è chi non dormirà la notte per riuscire a trovare una spiegazione a tutto ciò. Noi, più intuitivamente, consideriamo come questa serata attesti una volta per tutte come al giorno d’oggi la musica si diffonda quasi esclusivamente attraverso internet. Che, essendo il mezzo di comunicazione in assoluto più democratico, comporta un ribaltamento totale delle prospettive e delle graduatorie precostituite, e, soprattutto, permette ai migliori di essere considerati proporzionalmente ai meriti.
Altro traguardo raggiunto dai National nell’occasione è l’essere riusciti a radunare un sacco di amici. C’è chi nella vita si professa “rocker”, chi “folker”, ma oggi scoviamo decine di personali conoscenze qui all’Alcatraz, a celebrare un’ideale ma anche concreto tributo alla band che forse più di tutte, negli ultimi 5 anni, ha messo d’accordo individui dai gusti più disparati. E’ bastato un ascolto distratto ad ‘Alligator’ (2005), ‘Boxer’ (2007) o ‘High Violet’ (2010) per divenire convinti seguaci di Matt Berninger e compagni, un ascolto che ha portato all’improcrastinabile necessità di essere presenti QUI ed ORA.
Un ottimo set di Matt Houck AKA Phosphorescent comincia a fare venire l’acquolina in bocca. La sua, più che un’apertura è un concerto vero e proprio, che mostra come sbagliata sia la nomea di artista folk e/o alt-country che si è portato appresso dopo la pubblicazione dell’album di cover di Willie Nelson. In realtà il repertorio di Houck è decisamente più vario, passa sì da quelle parti ma giunge anche in territori rock, di cantautorato pop e di blues, per un ventaglio di soluzioni ampio quanto quello di una band come i Wilco. Matt ha anche una bella voce, una solida presenza scenica ed è coadiuvato da un’abile band.
Pochi minuti prima della 10 si spengono le luci, eccetto i fari puntati su un telone bianco posto alle spalle del palco, sul quale poi scorreranno varie immagini di accompagnamento alle canzoni. E’ in questo scenario, decisamente sobrio per un gruppo capace di riempire un grande spazio, che i National salgono on stage. Paiono timidi come loro solito, e come di consueto senza molti convenevoli cominciano a suonare. E ancora una volta dimostrano la loro unicità , non puntando sulla classica apertura arruffapopolo, ma scegliendo l’essenzialità di un pezzo come ‘Runaway’, interpretato magistralmente da Berninger, che fa subito intendere di essere in serata di grazia.
Condensare una discografia ormai importante (5 album e un EP) in una scaletta per un’ora e mezza di esibizione potrebbe sembrare un esercizio di stile se la qualità media dei singoli episodi è quella del gruppo americano, che ha la possibilità di tenere sempre alto il livello di attenzione semplicemente giustapponendo i pezzi più apprezzati dai fan. L’abilità di chi ha stilato l’elenco delle canzoni, però, si esplicita nella scelta di partire dal passato più recente (i primi 7 brani sono un continuo rimpallo tra ‘Boxer’ e ‘High Violet’) per poi liberare la nostalgia del passato più remoto (e due pezzi culto come ‘Abel’ e ‘Mr.November’) solo alla fine. Se, come si diceva, i National partono già ad un livello altissimo, la sensazione di un continuo crescendo (che il gruppo sembra voler suscitare anche all’interno di molti dei singoli brani) non viene mai meno, e raggiunge lo zenit proprio con l’ultima canzone in scaletta, ‘Terrible Love’, durante la quale un Matt Berninger in trance si getta tra il pubblico per attraversare microfono in mano tutto il locale per la sua intera lunghezza.
Un Beringer anche decisamente loquace questa sera, che scherza a più riprese con diversi nonsense, alcuni dei quali sono di sua esclusiva decifrazione. Non avevamo mai sentito i National su di un palco andare oltre un abbozzato “thank you”, e dunque questo fa piuttosto specie. Come da rilevare è l’assenza del poli-strumentista che li accompagnava solitamente in tour, con la conseguenza che il suono risulta meno stratificato e che le chitarre dei gemelli Dessner guadagnano ribalta. Alla loro spalle, fiati poco appariscenti e la sezione ritmica dell’altra coppia di fratelli del gruppo, i Devendorf, è al solito impeccabile, con il batterista Bryan due spanne sopra ogni altro comune mortale. L’affiatamento dei protagonisti e – ripetiamo e sottolineiamo – la voce di Matt (che mai avevamo sentito così vicina alla perfezione), hanno una resa impeccabile dal punto di vista sonoro. Sembra proprio di ascoltare un disco, anche grazie al tecnico del suono che apprendiamo essere lo stesso dei Wilco (mica pizza e fichi).
Il pubblico pare finanche troppo riverente, tanto da far dire a uno dei Dessner: “Siete molto educati per essere tremila persone” (in realtà la capienza attuale del locale dovrebbe essere di duemila, ma non fa molta differenza, ndr), ma quello che ci sembra di cogliere in mezzo all’audience non è scarso entusiasmo, bensì elevata attenzione, volontà di non perdersi neanche un secondo di ciò che sta avvenendo, sia a livello uditivo che emozionale. E difatti, è proprio durante gli encore, tra ‘Mr.November’ e la succitata ‘Terrible Love’, che il momento dei saluti e i pochi minuti rimasti al cospetto della band fanno sì che il pubblico si sciolga in un’ideale abbraccio allo sfuggente e incedente Berninger. La gente che si raccoglie intorno a lui durante la sua personale traversata della platea, mentre urla ripetutamente “It takes an ocean not to break!”, è l’immagine che più racconta la serata, ed è un frammento da memoria a lungo termine, di quelli che tra qualche anno ricorderemo nostalgici insieme agli amici radunatisi qui con noi questa sera.
SETLIST: ‘Runaway’, ‘Anyone’s Ghost’, ‘Mistaken For Strangers’, ‘Bloodbuzz Ohio’, ‘Slow Show’, ‘Squalor Victoria’, ‘Afraid Of Everyone’, ‘Available / Cardinal Song’, ‘Conversation 16’, ‘Sorrow’, ‘Apartment Story’, ‘Abel’, ‘Daughters Of The Soho Riots’, ‘England’, ‘Fake Empire’, ‘About Today’. ENCORE: ‘Lucky You’, ‘Mr. November’, ‘Terrible Love’.
indie.rock.it cioe’ qualcuno che le recensioni le sa scrivere e sa pure ascoltare musica!
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dico la verita’… l’avrei fatta meno epocale… 2000 persone a vedere i National oggi sono il minimo che ci si puo’ aspettare, anche dall’Italia…figuratevi che qui sono gia’ passati due volte quest’anno (amsterdam e den haag) e ne faranno altre quattro nei primi mesi del 2011 in tutta Olanda… ora che il rapporto di forza tra i due paesi sia 6 a 1 mi sembra un po’ eccessivo anche per uno che ha scelto l’estero come me… buona domenica, a presto con qualche parola sul live dei gorillaz di lunedi scorso…certo che simonon/jones sul palco sono proprio un bel vedere e un bel sentire!
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‘Rock Dust Light Star’ No.1 in the Netherlands!
‘Rock Dust Light Star’ has hit no1 in the Netherlands, their first ever no1 there! Thank you for all your support. Good times Party People!
http://www.jamiroquai.com/news;news/10252/-Rock-Dust-Light-Star-No-1-in-the-Netherlands-
Jamiroquai Live in S.Paolo / Setlist 16.10.2010
01. Revolution 1993
02. High Times
03. If I Like It, I Do It
04. Virtual Insanity
05. Rock Dust Light Star
06. Little L
07. Alright
08. White Knuckle Ride
09. Black Capricorn Day
10. When You Gonna Learn
11. Cosmic Girl
12. Blue Skies
13. Love Foolosophy
14. Rock Dust Light Star (acoustic version)
15. Canned Heat
Encore:
16. Deeper underground
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GRAZIE B16 ,AVEVO PROPRIO BISOGNO SINCERAMENTE CHE QUALCUNO CON GLI ATTRIBUTI MI CONFERMASSE LA VALIDITA’ DI QUANTO HO AFFERMATO SU JAMIROQUAI (GRAN DISCO) E NATIONAL (OTTIMA BAND,GRAN VOCE,FORTI DAL VIVO E NON CERTAMENTE POP ,MA INFLUENZE DA JOY DIVISION CHE DI POP AVEVANO BEN POCO).
ED ECCO CHE LE CONFERME SONO ARRIVATE,GRAZIE DI CUORE B16 AND KEEP ON ROCKING!
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E infatti i National in altri posti terminano il concerto così, con un coro da pelle d’oca di tutto il pubblico…in Italia ancora no!
http://www.youtube.com/watch?v=9ReDE5K9MBA
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l’Italia e’ un bellissimo paese ricco di arte e cultura e non lo scopro certamente io…….il tutto e’ gestito pero’ da cani sciolti. Se penso ai Pink Floyd e a Pompei .non so se rendo l’idea:-)
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…Jamiroquai mi diverte, dir di piu’ sarebbe profano…l’ultimo album e’ il suo miglior nel decennio, ma nemmeno paragonabile all’esordio di Emergency on Planet Earth…Jay Kay mi e’ sempre stato molto simpatico e la sua band e’ addirittura sottovalutata, peccato che live sia un po’ lazzarone (ad Amsterdam ha suonato nemmeno un’ora e venti all’ultimo concerto al Paradiso…a 43 euro a persona, per fortuna che non c’ero….!)
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