GORILLAZ
Escape to Plastic Beach World Tour / HMH Amsterdam 15.11.2010
01 INTRO
02. WELCOME TO THE WORLD OF THE PLASTIC BEACH
03. LAST LIVING SOULS
04. 19/2000
05. STYLO
06. MELANCHOLY HILL
07. RHINESTONE EYES
08. KIDS WITH GUNS
09. SUPERFAST JELLYFISH
10. TOMORROW COMES TODAY
11. EMPIRE ANTS
12. BROKEN
13. DIRTY HARRY
14. EL MANANA
15. WHITE FLAG
16. TO BINGE
17. DARE
18. GLITTER FREEZE
19. PUNK
20. PLASTIC BEACH
21. CLOUD OF UNKNOWING
22. FEEL GOOD INC.
23. CLINT EASTWOOD
24. DON’T GET LOST IN HEAVEN
25. DEMON DAYS
Quando si spengono le luci e un’animazione compare sul neo arrivato schermo on stage, le orecchie del pubblico sono ancora sorridenti per la mezzora di opening act degli indomabili De La Soul. Lo storico trio hip hop si e’ divertito ed ha divertito come non mai, tra battute, cori e ammiccamenti: il loro saluto finale, tutto teso a introdurre il main event e’ in fondo solo un arrivederci che introduce la loro successiva trasformazione in special guests della piu’ famosa band bidimensionale del pianeta. Detto questo e detto di Murdoc che si agita backstage suggerendo che il concerto sara’ tenuto da una tribute band mentre lui, 2D e Noodle cercheranno di uscire dal camerino in tutti modi (sino ad appiccare un incendio…), lo show dei Gorillaz non potrebbe essere piu’ in carne ed ossa, anzi scomodando una parola che vicino ad un invenzione musicale di un regista e autore di fumetti (Jamie Hewlett) e di una star pop rock (Damon Albarn) sembrerebbe quasi fuori posto, non potrebbe avere piu’ anima.
La parte di Hewlett e’ tutta nel contrappunto d’immagine dark e allarmante sullo stato del pianeta (e sulle condizioni mentali dei suoi abitanti) che bilancia pezzo dopo pezzo le performance sempre piu’ trascinanti del gruppo. Una successione di video noti e abbozzi di sceneggiatura, idee adattate allo show, che lasciano in ogni caso solo intravedere il potenziale narrativo che traspare dai tre album del gruppo.
Gli archi sul palco per le prime note di Welcome to the World of the Plastic Beach ad affiancare l’ammiraglio Snoop Doggy Dog (presenza virtuale e ondeggiante sul megaschermo) lasciano ben presto la scena ad una delle sorprese piu’ interessanti della serata: gli eccezionali Hypnotic Brass Ensemble da Chicago, nove fiati che infondono calore al brano su tellurici crescendo di basso e percussioni. Ritorneranno anche piu’ avanti nello show per rileggere l’inciso di Broken alla loro maniera, creando una jam session nel bel mezzo dell’esecuzione e scatenando gli applausi dell’audience.
Da questo momento e siamo solo alla seconda traccia, la performance dei Gorillaz vivra’ non di uno, ma addirittura di due spiriti distinti anche se profondamente legati tra loro: quello che trasforma il gruppo in un collettivo aperto, abile ad amalgamare esperienze differenti come infinite facce della medesima medaglia, si unisce infatti alla parte piu’ profonda della band, in grado di creare un percorso musicale a se’ stante e di svelare l’albero genealogico di riferimenti che hanno influenzato Albarn e Hewlett dall’esordio all’ultimo arrivato Plastic Beach.
Radici che non restano in secondo piano, ma che risaltano in modo incredibile sul palco… e come altro definire la presenza scenica, le movenze, il suono di Mick Jones e Paul Simonon, basso e chitarra dei Clash ora al fianco di Damon, evidentemente entusiasta (e come dargli torto) dei suoi compagni d’avventura travestiti da nostromo e capitano. Padrini d’eccezione il cui profilo risalta nei contrasti di luce in pose che ricalcano momenti indimenticabili della piu’ grande ed eclettica band del punk inglese, aggiungendo altro contenuto emozionale alla performance. Il culmine di questa divertita ‘trance agonistica’ sta proprio nelle parole di Jones che camminando lascivo sul palco dopo una fulminante Punk si lascia brevemente intervistare dal suo attuale frontman con uno scambio di battute che la dice tutta sull’intesa tra i due: “Are you enjoying Mick?”
“Yeah, like fucking hell…!â€. Jones appena terminata la risposta lancia il riff di Plastic Beach come se fosse una naturale eco delle sue parole: le bordate elettroniche che animano il pezzo diventano il miglior arrivederci possibile della band grazie anche a tutto il feedback che Paul e Mick mettono nella coda del brano. La spina dorsale del concerto si snoda tra Last Living Souls (splendido il finale tra archi e sintetizzatori), Melancholy Hill (emozionante nel suo incedere esaltato dai video), Rhinestone Eyes (la gemella cattiva della traccia precedente: magnifica dal vivo), Kids with Guns (con Neneh Cherry a sorpresa sul palco e una chiusura infuocata), Tomorrow comes today e Empire Ants (le due migliori tracce pop della band, la seconda impreziosita dai vocalizzi di Little Dragon e dal crescendo elettronico che la trasforma letteralmente in un altro brano dopo le prime note intrise di britannica tristezza), El Manana e Glitter Freeze (agli antipodi, la prima romantica e abbandonata al destino, la seconda militaresca, satura di distorsioni e solcata da fendenti elettronici).
A completare lo spettacolo una cascata di ospiti che aggiungono di volta in volta elementi tra i piu’ disparati al suono dei Gorillaz: la dolcezza di Rosie Wilson (evidente in 19/2000, soggiogata alla voce di Shaun Ryder in DARE) e le carezze di Little Dragon (To Binge, occhi negli occhi con Albarn) s’avvicendano cosi’ con la carica inarrestabile di Bootie Brown che infiamma Dirty Harry (solo i bambini immortalati nel video come coro restano indifferenti…) e fa da guardaspalle alla leggenda Bobby Womack in Stylo. Uno Womack scatenato ad ogni esecuzione: Bobby si lancia continuamente in urli che ne evidenziano il carisma vocale mentre gira per il palco in giacca militare. Sara’ lui a far ripartire il concerto con una commovente Cloud of Unknowing che termina con un elicottero gettato a mare da dei soldati su una portaerei tra applausi scroscianti.
Tocca poi ai beniamini del pubblico De La Soul (gia’ accolti da ovazioni a meta’ concerto per una Superfast Jelly Fish che unisce ironia, ritmo e synth) far scoppiare l’Heineken Music Hall con le risate impazzite e le rime di Feel Good Inc.: un colpo da K.O. doppiato qualche attimo dopo da Clint Eastwood con gli indiavolati Bashy e Kano a inventare rap con la medesima incandescente volonta’ che trasforma ogni notte White Flag in un vortice di parole senza respiro (il brano introdotto dalla Syrian National Orchestra si conclude con i due a dividersi il palco mentre Damon corre in platea sventolando una bandiera bianca).
Gran finale con Albarn e Womack protagonisti di Don’t get lost in heaven e Demon Days, brani che dimostrano la grande capacita’ dei Gorillaz di sposare stili diversi e fonderli sino a renderli inscindibili dal proprio suono.
Dopo due ore di concerto il genio di Damon Albarn appare evidente per non dire fondamentale nel leggere l’impresa di una cosiddetta cartoon band in grado di vendere milioni di copie in tutto il mondo e di apparire
coinvolgente, credibile e ‘reale’ dal vivo: onore ai Gorillaz e ai loro collaboratori (Jones, Simonon, Womack e De La Soul in primis), un collettivo inqualificabile in grado di sbaragliare ogni diffidenza o pregiudizio con la forza della propria musica, grondante di citazioni, ma anche palesemente contagiata dal piacere d’essere l’assoluta protagonista di questa fuga (stiamo comunque parlando dell’Escape to Plastic Beach World Tour…) attraverso il globo.
VIDEO
WELCOME TO THE WORLD OF THE PLASTIC BEACH
LAST LIVING SOULS
STYLO
ON MELANCHOLY HILL
RHINESTONE EYES
SUPERFAST JELLYFISH
EMPIRE ANTS
BROKEN
DIRTY HARRY
DARE
PLASTIC BEACH
FEEL GOOD INC.
CLINT EASTWOOD
DIREI CHE B16 SI E’ LETTERALMENTE SUPERATO!
MI INCHINO E DICO CHAPEAU! UN GRANDE ROCKER IN UN MODESTISSIMO ROCK CAFFE’………..MERITERESTI ALTRI PULPITI, ACCONTENTATI,UN ABBRACCIO A TE E AMSTERDAM.
BUZZ
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Grazie Buzz, sempre troppo buono e poi io sto molto bene al brc, sono contento, non mi accontento…!
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