Reunited
The Jazz Passengers
Voto: Â 3 STELLE
Casa discografica: Yellow Bird
Anno: 2010
Fondati nel 1987, i Jazz Passengers sono sempre stati un gruppo elegante ma vago, in quella terra di mezzo fra jazz e pop sofisticato che non ha mai regalato troppo a chi l’ha frequentata. Fecero egregie cose nei 90, a cominciare da quell’ In Love che aveva ospiti illustri e un produttore del calibro di Hal Willner, ma poi si spensero un po’ per volta anche perchè i protagonisti e i loro intimi (Roy Nathanson, Curtis Fowkles, Bill Ware, Marc Ribot) erano impegnati su altri progetti.
Qui tornano con un disco proprio come prima, elegante e vago, originale e inconcludente, ben sapendo di essere “una anomalia, un anacronismo, polvere di stelle o zirconi vecchi di quattro milioni e quattrocentomila anni” (la citazione degli zirconi non è casuale: i Passengers furono gli unici musicisti al mondo nel 2005 a celebrare con un concerto il ritrovamento di quell’ “oggetto più antico del pianeta”).
Belle orchestrazioni fuori schema, che alludono alle grandi formazioni fra le due guerre ben sapendo di non poter competere ma usando ironia e fantasia per cavare comunque dolci bollicine della musica; e un repertorio che alterna originali a riletture spregiudicate, dalla title track (un successo nel 1979 per Peaches & Herb) a una poco riconoscibile Spanish Harlem (Leiber & Spector nella preistoria di Ben E.King).
I Passengers cantano un po’ così, e non a caso hanno sempre ospitato ottimi amici ad aiutarli. Qui si sono fatti vivi Costello per Wind Walked By e Susi Hiidgaard per Spanish Harlem, più il fantasma di Deborah Harry, in arte Blondie, nel gergo Passengers “la Baronessa”; fantasma nel senso che non ha partecipato alle sedute della reunion ma compare nel disco con due pezzi d’archivio, dal vivo 1995.
Riccardo Bertoncelli/ DELROCK.IT
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