A Eno piacciono le musiche che stimolano la fantasia, colonne sonore di immagini su schermi veri o presunti. Lo racconta nelle note a questo nuovo CD, spiegando che ha sempre trovato attraente quella “sensualità e infinitezza”: musiche che “anche senza immagini invitavano l’ascoltatore a completarle nella mente” e “rimanevano sempre e comunque evocative: come il profumo rimasto nell’aria di qualcuno che ha appena lasciato la stanza in cui entri”. Qui il cinema ufficialmente non c’entra ma lui consiglia di fare paradossalmente come se: sono quindici mini colonne sonore nate senza immagini ma pronte ad ogni ascolto ad ospitarle.
Small Craft è un piacevole gioco in frammenti di durata variabile, dal minuto e mezzo agli oltre sette, in cui il vecchio guru e due discepoli (Jon Hopkins e Leo Abrahams, già avvistati nei dintorni del maestro) si abbandonano a esperimenti elettronici nel segno per lo più della improvvisazione – “senza porsi l’obiettivo di una canzone vera e propria,” spiega Eno, “ma piuttosto di un paesaggio, di una sensazione che riguardi un luogo o un fatto.” La maggior parte di questi esperimenti, specie nella seconda parte dell’opera, ricorda molto certe pagine ambient-ali, con lenti movimenti caleidoscopici e delicate iridescenze sonore, e non procura particolare sorpresa. Più interessanti e insoliti altri momenti, da Flint March a Two Forms Of Anger a Dust Shuffle, in cui la classica foschia della Eno music dirada e gli oggetti sonori non più vaghi artigliano l’ascolto con graffi e gesti nervosi.
“Una collaborazione occasionale”, tiene a rimarcare il maestro, ma non sarebbe male se i tre si mantenessero in contatto e insistessero con questo metodo; “non tradizionale, con larga parte lasciata al caso,” come spiega Jon Hopkins, “il che ha contribuito a conferire all’opera un generale senso di mistero e diversità “.
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