In attesa dei commenti dei nostri amici B16 e Generale Lee ecco quello di repubblica.it e Gino Castaldo
FIRENZE – Quando Leonard Cohen arriva in città , si porta dietro una nuvola di calore poetico e la modella con ruvidi cenni di voce per la delizia del pubblico. Più che un concerto, una lectio magistralis sull’arte della canzone, una pacata riconciliazione con la bellezza oscura del vivere. E dire che da buddista, nei suoi lunghi anni di ritiro in monastero, ha adottato il nome di Jikan (il silenzioso).
Ma ora parla, o meglio canta, con quella dizione precisa e densa che lo ha reso un monumento vivente della canzone popolare, come un campione di eleganza versificatrice, e continua a incantare, letteralmente, le platee di tutto il mondo, compresa quella di Piazza Santa Croce, per l’unica data italiana di quest’anno, ultimo trionfale concerto del festival Live On, splendido luogo per definizione, esattamente un anno dopo aver già stregato piazza San Marco a Venezia.
La notte è serena, complice, affettuosa, di umore primaverile, perfetta per questo signore di 76 anni che esce sul palco come un galante seduttore, vestito di scuro, come in obbligatorio segno di rispetto per i demoni della notte, e si toglie il cappello con lieve e dignitoso inchino del capo per rispondere agli applausi. Firenze lo accoglie da città del mondo, nel senso che il pubblico, cioè quelli che hanno comprato il biglietto (a riempire le quasi cinquemila sedie che riempiono la piazza) sono moltissimi stranieri, venuti espressamente, con sommo gaudio delle strutture turistiche, e anche gli italiani presenti provengono in larga
parte da altre città .
La musica prende il volo con nitore, pulizia, forbita e funzionale sostanza. Cohen snocciola canzoni, a cominciare come fa sempre da Dance me to the end of love, stendendo la platea con colpi da novanta come The future, Bird on the wire, Chelsea hotel #2, struggente dedica a Janis Joplin (“ti ricordo bene al Chelsea hotel, eri famosa il tuo cuore era leggenda. Dicesti un’altra volta di preferire uomini belli, ma che per me avresti fatto un’eccezione”), e poi ovviamente Suzanne, I’m your man, So long Marianne, che se non fossero cantate con tale sobrietà sarebbero piccole deflagrazioni poetiche, e infatti Hallelujah, quando l’ha rivista Jeff Buckley l’ha trasformata in una visione celestiale di inaudita potenza.
Pezzo dopo pezzo la piazza diventa un tempio a cielo aperto dove si onora la poesia. Come si creasse un’isola, privilegiata ed esclusiva, un cerchio magico, con tutto il resto del mondo ad aspettare fuori. L’unicità di Cohen è quella di sembrare un avventuriero dell’anima, un consumato bohemien ma addestrato alla scuola zen, ogni frase sembra una freccia puntata al centro delle cose, alla fine un vecchio allievo di cose divine che riesce a trasformare le sue quotidiane epifanie in melodie avvincenti.
Gli arrangiamenti spargono sentori di locali fumosi, di isole greche (dove ha passato molto del suo tempo), chitarre come mandolini o come distillati di blues e sassofoni che cesellano note, coriste perfette, musicisti che eseguono senza alcuna fretta, e senza spasimi, un dolce rito di accompagnamento. Regala al pubblico anche un pezzo nuovo di zecca, intitolato Lullaby, anticipo di un disco di inediti che, si dice, stia facendo, dopo tanti anni. Alcuni pezzi li dilata, la musica si sospende come se dovesse non finire mai, la sua voce si staglia su tutto con quel timbro che ha fatto epoca, è ferma e lucida, portatrice di sapienza e di antica saggezza. A metà concerto canta Waiting for a miracle, aspettando un miracolo, ma qui nessuno ha dubbi sul fatto che il miracolo si sia rinnovato, ancora una volta
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Più leggo questo articolo più mi arrabbio. E’ evidente per chiunque abbia assistito al concerto che il signor Castaldo era da qualche altra parte, sicuramente non in Piazza S. Croce. Per questioni di ferreo coprifuoco (il concerto doveva finire a mezzanotte in punto) Cohen ha dovuto tagliare alcuni pezzi tra cui lullaby e so long Marianne che Castaldo segnala invece come eseguiti.
Sono semplicemente disgustato. Se fossi in lui devolverei in beneficienza i soldi che avrà ricevuto per scrivere l’articolo.
Wilfred
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i ricchi piangono? I giornalisti scazzano,welcome Wilfred,stay tuned and thank you
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per tagliare la testa al toro e al giornalista distratto, annoiato, un poco parassitario…
Leonard Cohen Live in Santa Croce / Setlist
01. Dance to the end of love
02. The Future
03. Bird on a wire
04. Everybody Knows
05. In my secret life
06. Who By Fire
07. Born in chains
08. Chelsea Hotel n.2
09. Waiting for the miracle
10. Anthem
/
11. Tower of song
12. Suzanne
13. Sister of Mercy
14. The Partisan
15. Boogie Street
16. Hallelujah
17. I’m your man
18. Take this waltz
/
19. Favourite Blue Raincoat
20. If it be your will
21. First we take Manhattan
22. I tried to leave you
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…seguira’ commento…nel frattempo ecco i miei ascolti delle ultime due settimane e un augurio di buon axl a buzz per stasera!
Exile on main st. – Rolling Stones
ESP – Miles Davis
Live Songs – Leonard Cohen
New Skin for the Old Ceremony – Leonard Cohen
The Future – Leonard Cohen
Leonard Cohen Live in London – Leonard Cohen
Songs from the road – Leonard Cohen
God willin’ and the Creek don’t rise – Ray LaMontagne and the Pariah Dogs
Grace – Jeff Buckley
Souljacker – Eels
The Suburbs – Arcade Fire
Boxer – The National
Who’s Next – The Who
Surfing the Void – Klaxons
There is love in you – Four Tet
Something Else – Cannonball Adderley
Blue Train – John Coltrane
Dub Setter – Lee ‘Scratch’ Perry & Adrian Sherwood
Stridulum EP / L.A. Vampires & Zola Jesus EP – Zola Jesus
Embryonic – The Flaming Lips
Pop – U2
Transformer – Lou Reed
Loaded – Velvet Underground
Senior – Royksopp
Out of time – R.E.M.
Page One – Joe Henderson
Lloyd Miller and the Heliocentrics – Lloyd Miller and the Heliocentrics
A momentary lapse of reason – Pink Floyd
On every street – Dire Straits
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grande b16 altroche’ Castaldo!
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GRAZIE BUZZ…pero’ anche i B16 sbagliano…sara’ perche’ e’ una mia ‘favourite’ ma il blue raincoat e’ ‘famous’…!!!!
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