Jimi Hendrix
Voto:
Casa discografica: Experience
Anno: 2010
Dal dizionario 24.000 dischi
Jimi Hendrix
(Con una mossa da storia della discografia, gli eredi Hendrix hanno spostato il catalogo della Experience dal gruppo Universal, dov’era da sempre, al gruppo Sony. Ora provvedono a nuove edizioni dei dischi classici, incuranti del fatto che è la quarta vita in CD di questi brani; e che già nella penultima, anno 1997, si era provveduto a restaurare il materiale con un remastering dai nastri originali affidato al tecnico dell’epoca, Eddie Kramer. La novità di questa edizione è costituita da un DVD aggiunto dove si ricostruisce la storia del disco con interviste ai protagonisti. E’ un buon complemento che peraltro non chiude la vicenda; perchè esistono nastri con alternate takes non detenuti dalla famiglia Hendrix che potrebbero tornare utili per una edizione filologica (e forse finale) di questo storico album.)
Chas Chandler, bassista dei gloriosi Animals, scopre Jimi Hendrix una sera dell’estate 1966 al Cafe Wha? del Greenwich Village, a New York, mentre si esibisce con il nome di Jimmy James davanti a pochi avventori. “In quel piccolo locale,” ricorderà anni dopo Mike Bloomfield, “con una Stratocaster, un amplificatore Fender Twin Reverb e un fuzztone Maestro, Jimi otteneva qualsiasi suono immaginabile.” Colpito da quella sfrenata fantasia, Chandler decide di produrre il giovane talento e lo porta in Inghilterra, affiancandogli con buon intuito due musicisti della nuova leva: il bassista Noel Redding e il batterista Mitch Mitchell. Insieme si battezzano Experience, e in due anni e mezzo cambieranno nel profondo la scena musicale.
Tra i primi di novembre 1966 e l’aprile 1967, la band tiene decine di applauditi show e registra solo a spizzichi a bocconi, senza una precisa strategia e cura della musica. Chandler è un produttore intelligente e disponibile ma controlla severamente i costi e concepisce i dischi come pura leva promozionale; devono essere completati in poche ore, come ai tempi del beat, con una take o due al massimo, su nastri magari di riciclo. Jimi al contrario è un perfezionista che tende all’ossessione, teorico delle sovraincisioni multiple, capace di lavorare per ore a un effetto o a un missaggio con il prezioso contributo di un tecnico del suono che farà strada, Ed Kramer. Sembra un paesaggio confuso e frustrante, invece è una stairway to heaven. In fondo a quel lavoro frammentario in mesi agitati, che non occuperà in tutto più di 60 ore, ci sono alcuni singoli di favolosa bellezza (Hey Joe, Purple Haze, The Wind Cries Mary) e soprattutto il primo album Experience, uno dei grandi tesori della storia rock.
Are You Experienced? è “forma libera”, come Jimi all’epoca spiega con esaltate parole, “espressione creativa senza costrizioni o inibizioni” – un viaggio mai concepito prima nell’universo dei suoni elettrici, con l’equipaggiamento scarno di chitarra, basso e batteria più le piccole meraviglie tecniche a disposizione in quei giorni e, soprattutto, l’inquieta, sensibilissima immaginazione del protagonista. Un album-caleidoscopio, con forme sempre diverse: in Manic Depression è un impastigliato tre quarti (“il più veloce e nevrotico valzer mai ascoltato!”), in Red House un blues canonico, imparato nei sacri bordelli di Chicago e del Sud, in May This Be Love una ballata dolce, in Foxy Lady il R&B più sinuoso e lascivo. Mano a mano che l’album procede, la materia si fa più incandescente e la chitarra di Jimi trova accenti sbalorditivi. In I Don’t Live Today fa la sua prima apparizione il pedale wah wah, con quella voce strozzata che segnerà poi brani indelebili come Hush Now e Rainy Day Dream Away; in Are You Experienced? un nastro al contrario entra in collisione con la chitarra distorta e provoca schegge sonore come di un perverso violoncello; e in 3d Stone From The Sun, il capolavoro, la chitarra compie un viaggio “nello spazio” degno di Sun Ra e della sua Arkestra, capace di offuscare anche l’interstellar overdrive che il modulo spaziale Pink Floyd intraprende in quegli stessi mesi.
Jimi è il demiurgo, l’inventore assoluto, il tiranno. Kramer è il suo complice, Chandler il suo limite, Mitchell e Redding semplici compagni di strada. A tratti gli Experience sono una band vera e nuovissima (Fire, per esempio, esempio di armonioso interplay), in altri momenti solo uno schermo su cui il protagonista proietta le sue fantasie, concedendo poco o nulla ai comprimari. La chiameranno “psichedelia”, qualcuno vorrà costruire un triangolo magico ai vertici del quale Are You Experienced? appunto, The Piper At The Gates Of Dawn e il Sgt. Pepper. Hendrix rifiuterà sempre la definizione. “Mai e poi mai prenderò in considerazione quel termine, ‘psichedelia’,” chiarisce in una intervista dell’epoca, scherzandoci su. “Piuttosto Bach e Beethoven. E’ una mistura di rock, blues e jazz, qualcosa di molto personale che sta accadendo ora – una musica del futuro. Forse qualche pezzo è troppo avanti, chissà . So che ne sono contento.”
La soddisfazione in realtà è mezza. Chandler lo ha compresso troppo, ha preteso pezzi brevi e gli ha levato letteralmente il nastro dalle mani in sede di missaggio per non perdere l’appuntamento con i primi show in terra americana. Succederà ancora di lì a poco, per il secondo Axis: Bold As Love; poi però Jimi prenderà il sopravvento, Chandler si chiamerà fuori e verranno altri metodi e altri ritmi in studio, del tutto diversi. Che strano però. Quando Hendrix avrà più tempo a disposizione e maggior controllo sul lavoro, le idee non fluiranno così libere, nuove, traumatizzanti come in questo indimenticabile album d’esordio.
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il voto ovviamente e’ 5 stelle, a prescindere!
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