Sea Of Cowards
Dead Weather
Voto: 4 STELLE
Voto utenti: 5 STELLE
Casa discografica: Third Man
Anno: 2010
“Prepara qualcosa e poi taglia, taglia, taglia. Ne vengono cose straordinarie.” Nick Cave raccontava così, non molto tempo fa, il modo di fare che ha scelto da grande. Jack White sembra della stessa scuola. Con i Dead Weather, la nuova passione, il suo oltre-i-White Stripes, ha tagliato i tempi di produzione (due album nel giro di un anno, oltre a un trafficato tour mondiale) e soprattutto i panni della musica, che sono stracci incandescenti portati su corpi nudi, con ossa spigolose.
Blue Blood Blues, il brano d’apertura, stabilisce subito il clima; siamo dalle parti degli Zeppelin, un disturbato sogno di Black Dog o Communication Breakdown, con la briglia stretta della batteria e la voce che tramortisce e cade in deliquio mentre intorno la musica è tempesta. L’album dura 35 minuti, come un vecchio manufatto in vinile, e dentro ci stanno undici brani di ridotte dimensioni però esplosivi: c’è un’idea sempre di urgenza, di affanno, gli strumenti ti stanno addosso, la voce (di Alison Mosshart, quasi sempre) sbatte e fa scintille contro le chitarre, sotto lo staffilo sempre alzato della batteria.
Il rock degli anni zero, quel che n’è rimasto almeno, non può che essere così: duro, icastico, soffocante, con una promessa di eccitazione e divertimento che a tratti diventa pura minaccia – un brano come I’m Mad galleggia tra Kurt Weill e Lucifero in persona, ghignando l’ipotesi che potrebbe essere l’ultima canzone rock che ascolterete in vita vostra.
Qualche robotico accenno di musica ’80 (The Difference Between Us, per esempio) ma meno dell’album precedente; e poi un singolo per una volta rappresentativo dell’opera (Die By The Drop) e un solo momento di vero rilascio, Old Mary, l’ultima canzone, beffardo sigillo che sta lì come un ponte per ora verso il vuoto – il terzo album, se mai ci sarà , e chissà come.
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