Era da cinque anni, da “Nome e cognome”, che non pubblicava un album di inediti, e questo 2010, oltre a segnare il suo cinquantesimo compleanno, segna anche l’uscita della sua ultima fatica in studio: Ligabue, che nel 1990 faceva il suo debutto discografico con l’album eponimo, darà alle stampe il prossimo 11 maggio “Arrivederci, mostro!”, un disco di dodici brani che il rocker di Correggio ha presentato in anteprima alla stampa ieri, lunedì 26 aprile. “Con ‘Arrivederci, mostro!’ intendo salutare alcune paure e angosce del passato”, ha raccontato Ligabue, “Per fortuna questo è un periodo buono, riesco a percepire in modo più profondo anche l’affetto del pubblico. Continuo a considerare il mio mestiere un mestiere da priviliegiati, e se c’è una cosa odiosa è lamentarsi del successo. E’ necessario esporsi, e ho sempre cercato di parlare di cose che conosco bene, che potevo ricondurre alla mia vita. Più si va avanti più diventa questo il nocciolo del mio lavoro, anche se più ci si scopre più si è sottoposti alle critiche. Io poi lo so, sono permaloso, ma per fortuna si cresce. Questo penso sia anche un album ironico, che poi la mia ironia non è facile da capire, e me ne rendo conto, ma per esempio la frase con cui apro il brano ‘Nel tempo’, cioè ‘C’ero quando sono nato’, a me fa molto ridere”.
Il disco raccoglie brani completamente diversi tra loro: “Taca banda”, una canzone in puro stile swing con un ritornello a cantilena che vede come special guest alla batteria il figlio di Ligabue, Lenny, oppure la struggente e estrema “Quando mi vieni a prendere”, che Luciano ha scritto ispirandosi ad un ragazzo che nel gennaio del 2009 entrò in un asilo di Dendermonde, cittadina alle porte di Bruxelles, e uccise con un coltello di trenta centimetri la maestra e due bambini, lasciandone altri feriti: “Quando ho sentito la notizia sono rimasto a bocca aperta. Significa che la vita di quei bambini, quelli sopravvissuti, parte da quel tragico ricordo. Ho sentito l’esigenza di confrontarmi con questa cosa, e ho scritto un brano nel quale a parlare è un bambino, un bambino che ha paura dell’uomo nero e che chiede di continuo quando la madre lo verrà a prendere perché finisca tutto al più presto. In ‘Taca banda’ invece volevamo fare qualcosa di diverso. E’ stata fatta mentre stavamo già registrando il disco, volevamo qualcosa da suonare tutti insieme, un pezzo come si dice ‘scrauso’, da suonare in compagnia, a presa diretta, e così è nata la canzone. Mio figlio, che incuriosito ha seguito tutta la lavorazione dell’album, suona la batteria, per cui è venuto spontaneo coivolgerlo e farlo suonare”. Un altro brano che irrompe nel disco è “La verità è una scelta”: “E’ sicuramente la canzone con il suono più duro di tutto il disco”, spiega Ligabue, “Sicuramente spiazzerà , ha delle sonorità noise, ha una veste inedita e potente. Avrei potuto anche cantare solamente la frase del ritornello, perché tanto il significato del brano sta tutto nel titolo. La verità bisogna sceglierla, va guadagnata, è un’idea che va maturata e cercata, e nella realtà , quando scegli di non affrontare la verità , poi non vivi come vorresti”.
L’album è stato interamente prodotto e arrangiato da Corrado Rustici: “E’ la prima volta che non mi occupo della produzione”, racconta l’artista, “Corrado è sì italiano, ma sta a San Francisco, per cui ha fatto un disco con dei suoni anche internazionali. Mi ha proposto di fare un album ricco di chitarre, e mi fa specie perché quando pubblicai ‘Ligabue’ vent’anni fa, erano gli anni Novanta nei quali il rock lo si faceva con le tastiere, un po’ come oggi, e mi piace questa cosa di riuscire comunque ad essere contro tendenza. In ‘Quando canterai la tua canzone’, per esempio, Corrado ha trovato la chiave di lettura giusta, anche se all’inizio a me piaceva molto il primo provino. ‘Il peso della valigia’, invece, non l’avrei mai fatta così. E’ una poesia che avevo pubblicato nel mio libro ‘Le lettere d’amore nel frigo’ ma che ho voluto riprendere perché penso sia uno dei testi più ricchi di tenerezza che abbia mai scritto. Mi ha fatto piacere che Rustici abbia trovato gli arrangiamenti che più appartengono a questo brano”. Durante l’ascolto di “Arrivederci, mostro!” è spuntata anche una versione acustica del primo singolo estratto “Un colpo all’anima”, versione che verrà inserita in una ripubblicazione del disco prevista per Natale: “Volevo far capire come a volte basta cambiare vestito ad una canzone peché quasi cambi di significato”, ha raccontato Ligabue, “Dà certamente un’altra sensazione rispetto alla versione in studio, in questa infatti emerge tutta la malinconia che racchiude”. “Sì, siamo tutti forse consapevoli che ‘Un colpo all’anima’ non sia la canzone più bella del disco”, è intervento Massimo Giuliano, presidente della Warner, “Rimane sempre un brano di Ligabue, non è che abbiamo pescato da qualche altra parte. E’ stata un po’ una strategia, è molto funzionale come singolo, come se la canzone fosse la chiave d’accesso all’intero disco”.
Un altro brano particolare, sia per il testo esplicito, sia per gli arrangiamenti scarni, quasi a voler mettere in primo piano le parole, è “Caro il mio Francesco”, una lettera molto cruda e diretta scritta di notte da Ligabue all’amico Guccini, dove il cantante si sfoga contro tutto e tutti, ammettendo, a fine testo, che “Lo so, mi son fatto prendere la mano, perché uno sfogo fa sbagliare spesso la misura”: “Io e la mia compagna abbiamo superato un periodo molto difficile”, racconta Luciano, “Quando passa la tristezza, quando ci si fa una ragione su qualcosa di brutto che è accaduto, rimane solo tanta rabbia. E’ così che è nata questa canzone, da un’incazzatura tremenda, nella quale ho pensando all’ipocrisia che vedo in alcuni colleghi. Nessuno ci chiede niente, per cui quando sento qualcuno che ostenta coerenza, pretendo che sia coerente sempre. Nella canzone non ho voluto fare nomi, lo dico anche, il disprezzo me lo tengo dentro, perché molti che fanno il mio mestiere amano le polemiche e fanno nomi solo per avere un titolo più lungo o un articolo su un giornale. Io non mi reputo un puro, e tanto meno ho mai dichiarato di essere l’emblema della purezza o della coerenza. Quello che voglio è arrivare alla gente più che posso, sono contento quanto una mia canzone la fischietta un muratore come un avvocato, senza dover fare salti mortali per far parlare di me a tutti i costi”.
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