La testa di Mark E è un poligono irregolare, non stupiamoci quindi se i suoi gesti e scelte non rispondono alla nostra logica. Dal 2005 al 2009 si era concentrato a scrivere un libro e a realizzare un film sul su’ babbo, riducendo la musica a marginale hobby. Poi, dopo aver pubblicato Hombre Lobo, è tornato a sentire irresistibile la sirena della sua cameretta e ha sfogato un nuovo album in pochi mesi, spinto dalla delusione d’amore e dal divorzio dalla moglie Anna.
Un disco da cameretta, per l’appunto, registrato nello scantinato di casa su un vecchio 4 piste, suonato per lo più da solo e con poca elettronica/elettricità . Un racconto malinconico ma non catastrofico, che parte dalle illusioni della giovinezza e dei tempi felici per calare nel buio delle difficoltà , nel dolore della separazione, ma alla fine (On My Feet) trova la forza per sussurrare una specie di speranza. Belle canzoni sincere, vestite con umili panni da demo e colorate con tenui pastelli noise (il rumore del mondo intorno al dolore di chi soffre); il signor E le canta con voce rugginosa e, sia lode a lui, riesce a non andare sopra le righe.
Facile trovare connessioni con un vecchio album di pene d’amore (Broken Toy Shop) e con un drammatico squarcio di vita famigliare (Electro Shock Blues, 1998, dedicato alla morte della sorella). Qui si torna a quella forma di diario, pur con i toni più misurati che l’età suggerisce all’autore e protagonista.
Riccardo Bertoncelli
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