da delrock.it
Casa discografica: Sub Pop/Bella Union
Anno: 2010
Nello stesso universo, ma lontani geograficamente dallo scenario agreste dei nuovi Midlake, i limbi dorati del dream pop dove abitano i nuovi vicini di casa dei Cocteau Twins.
Parliamo dei Beach House, duo di Baltimora composto dalla chantause-organista francese Victoria Legrand e da Alex Scally (chitarre colme di effetti e tastiere elettroniche), fino a questo momento appannaggio soprattutto dei cultori di generi come lo slowcore ma raccomandati da fan trendy (Julian Casablancas, Mgmt, Grizzly Bear) e segnalazioni importanti della “bibbia indie” online Pitchfork.
Due dischi molto raffinati alle spalle: l’omonimo debutto (2006) e Devotion (2008) su etichetta Carpark. Poi, di recente, il passaggio all’inossidabile quartier generale Sub Pop (in Europa con Bella Union, guarda caso label dell’ex bassista dei Twins, Simon Raymond).
Teen Dream, preceduto dal singolo Norway, è stato scritto in una condizione di compressione artistica e di ricercato isolamento che ha portato Scally e Legard ad allontanarsi da amici e parenti per circa un anno. Un processo creativo che è terminato in una chiesa sconsacrata di New York a fianco del produttore Chris Coady (Yeah Yeah Yeahs, Tv On The Radio, Blonde Redhead).
Il risultato? A discapito del detto, la montagna ha partorito un gioiellino. Lo abbiamo sotto gli occhi, in altre parole nelle orecchie. La formula non è più quella di prima, i brani sono più dinamici e meno rallentati. La Legrand sa cantare davvero: interpreta, porta i brani al suo cospetto. Alcuni la paragonano a Nico. Mettendo da parte possibili/segrete equivalenze abbiamo in scena un’incantatrice che avvince.
E il suo Pigmalione, che come nel Mito la vede farsi persona da statua qual era, suona in trance in un concerto di riverberi, chitarre delay, pitch shifters ed effetti fuzz. Ascolto dopo ascolto cresce una sorta di suggestione ipnotica. Ci sono Pram, Slowdive, Mazzy Star, Cat Power e Galaxie 500 e il benevolo fantasma dei Cocteau Twins e della loro indimenticabile voce, Elizabeth Fraser.
Ma dietro al teatro delle citazioni ci sono loro, i Beach House. Un disco suonato con metodo “freddo” che suona “caldo” è cosa rara, preziosa. Come una giornata di sole invernale. Vicino ai capanni falcidiati dal vento e dai mari agitati, compaiono i resti di pensieri notturni trasformati in riflessi di luce. Chi nota la maggior “radiofonicità ” non si faccia abbagliare dal chiarore. È quello giusto. Questa è la musica pop. Come The Courage Of Others, Teen Dream è un altro disco “fuori moda”, ma coraggioso perché basato solo sulla forza estetica del progetto.
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10 users responded in this post
beach house e midlake li avrei messi in lista per uno scalo ad amsterdam… forza buzz rock cafe! sempre up to date!
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sono in fase di atterraggio,ciao!
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sbarcatiiiiii!!!!!
e in italy….
DA REPUBBLICA:
IL COMMENTO
Il festival della finzione
di FRANCESCO MERLO
Il momento meno noioso è il messaggio promozionale di Aldo Giovanni e Giacomo. Niente di eccezionale, intendiamoci. Ma almeno sono veri comici, sono la vita che cerca di rientrare sia pure a supporto della pubblicità.
Bonolis e Laurenti, invece, agli italiani non strappano un sorriso neppure a tradimento nell’interminabile introduzione comica davanti alla carnosa nomenklaturina della Rai, da Mazzi a Mazza, il solo che s’ammazza dalle risate. E’ un pietoso potere che sta schierato in prima fila al teatro Ariston con l’aria dei capponi da salare e conservare per l’inverno prossimo.
Bonolis e Laurenti fanno rimpiangere Franco e Ciccio in versione Fred Astaire, e raschiano il barile quando cercano di meravigliare con il varicocele, con il gabinetto, con gli accoppiamenti del canguro, prospettando chissà quali fuochi d’artificio. Poi spariscono in ascensore e già li immaginiamo in cielo a prendere il caffè con il Padreterno che è la cosa che sanno fare meglio, a riprova che la pubblicità, per paradosso, è l’angolo ribelle, il luogo ancora indisciplinato e indomito nella Rai normalizzata dai famigli di Berlusconi.
Sgargiante luccicori, la Clerici promette “ci divertiremo tanto”, ma è già chiaro che è persino peggiorato quest’ anno il festival della cialtroneria italiana, in una televisione al papavero che non esprime più le tensioni del paese e inventa una donna italiana che non esiste, modesta quanto basta, popolare perché virtuale, catodica, una signora che non crea problemi, non spaventa nessuno, tutta timida, tutta emozionata, finta madre di famiglia, finta bella, finta sexy, “finta vera”.
In un’Italia che pur minacciata di retrocessione, è ricca di donne di ogni genere, dalla Bonino alla D’Addario, dalla Bruni alla Binetti, in un’Italia di storie femminili complesse e autentiche che esprimono tormento, questa Antonella Clerici non è la donna semplice ma la donna semplificata, quella che nessuno incontra mai.
Il duetto poi con Antonio Cassano è un incontro tra una finta massaia e un finto ribelle. Lei spaccia la leggerezza per leggiadria e lui la maleducazione del viziato per la sregolatezza del genio. Lei lo presenta come il James Dean del calcio italiano e rilancia la retorica del maltrattato. Ma Cassano, al di là del suo talento con il pallone, è un cattivo esempio di bullismo, di minacce agli avversari, di dita nel naso. Bisognerebbe spiegare ai giovani italiani che i calciatori migliori sono quelli che stanno zitti: eleganti e composti fanno gol e non straparlano di gol. Maradona si è rovinato quando ha cominciato a pensare che aveva qualcosa da dire, non solo e non più con i piedi. E anche gli spettatori migliori sono quelli che sanno che nelle scalcinate, sguaiate, violenze del tifo non c’è vita, non c’è anima perché accendere un tifoso è facile come punzecchiare un mulo con un bastone appuntito: tutti violenti ma innocenti come Cassano, tutti pronti alla convulsione collettiva e alla cerimonia di smanie.
Peggio di Cassano, che vuole “i soldini”, ama la mamma – “la cosa più importante al mondo” – e dice di volere gli insulti, in questo festival ci sono solo le canzoni: canzoni contro la canzone, degrado del sentimento d’amore, rinnegamento della voce come mezzo di espressione e di narrazione, prigione e tomba della musica, sino al tatatà dialettale di un Gigi D’Alessio antimafia che ricorda la mafia antimafia di Cuffaro, condannato per favoreggiamento e inventore dello slogan “la mafia fa schifo”.
Solo la scozzese Susan Boyle porta un soffio di vita tra i nostri cantanti, ai quali facciamo l’augurio di avere successo quel tanto che basta per non cantare più a Sanremo. In fondo se lo sono meritati di gorgheggiare “Italia amore mio” con il principe Savoia, che, ingiustamente strappato all’esilio, ha per sempre seppellito il fascino della monarchia.
Infine c’è stata la suspence su Morgan, il finto maledetto che non è si è esibito pur avendo acquisito a Porta a Porta tutti i titoli per sanremare. La Clerici ha recitato la canzone di Morgan come fossero versi di Montale: “il tormento diventa canto”, “la sera, è buona la sera”… Come si vede, l’Italia di Sanremo rende ridicole le figure tragiche: Morgan è il Michel Jackson alla pizzaiola, in accoppiata con la Clerici antidroga introduce la malafede e mitizza Sanremo celebrandone una funzione che mai ha avuto, insinua l’idea di un festival che non è mai esistito: una Sanremo specchio di specchiate virtù, microfono di Dio, luogo del pentimento.
Baudo voleva far entrare Sanremo nella storia della cultura. La Clerici, che parodizza la banalità acqua e sapone e non ha l’intrigo del fascino italiano, ha cancellato in una sola sera Mina e Patty Pravo, la Loren e la Cardinale, e ha inaugurato il trash nazionalpopolare della canzone, dello spettacolo, della donna italiana.
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…..ma grande B16!!!!!
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mitico b16!!!!!!!! se non fosse perche’ troppo lungo lo manderei sotto la Madunina……mi raccomando Govn’t a mule Generale,io ho gia’ pagato CASH eh eh eh eh
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B16 CHECK MAIL
AUGH
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B16…..STADIO?……
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NO GAETANO CURRERI 🙂
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no stadio… no curreri… speriamo party!
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oh yeah no jumbo NON party 🙂
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