E’ sempre stato impossibile stabilire in modo oggettivo quale fosse la miglior proposta musicale in circolazione: la varietà sia delle stesse proposte che dei gusti degli appassionati è troppo vasta per consentirlo. Possiamo però fare un’analisi in senso opposto, ovvero prendere ogni singola proposta musicale e cercare di capire se c’è qualcun altro che fa la stessa cosa meglio. Ebbene, per quanto riguarda i Kings Of Convenience, la risposta, soprattutto dopo questo concerto al Conservatorio, è no: non esiste un artista o una band al giorno d’oggi in grado di battere i due norvegesi sul loro campo, ovvero quello di canzoni acustiche malinconiche che trovano la loro forza nella bellezza delle melodie e negli incroci e sovrapposizioni tra le due voci e le due chitarre.
E non sto parlando né di originalità e nemmeno di tecnica: tanti oggi fanno tranquillamente le stesse cose che i due norvegesi hanno iniziato a fare all’inizio di questo decennio, solo che Erlend ed Eirik le fanno meglio. Perché la sensibilità ed il tocco di entrambi e la straordinaria compatibilità emozionale prima che musicale tra loro due non sono cose che si possono replicare: appartengono a loro e basta, e sono stati probabilmente i motivi principali che hanno fatto sì che tutti i presenti provassero la sensazione di essere parte di un evento speciale. Non c’è solo questo, ovviamente: c’è, come già accennato, la forza delle canzoni, che non si annacqua nonostante tra un disco e l’altro i due abbiano sempre fatto passare diversi anni finora; c’è anche la capacità non comune di coinvolgere il pubblico in modo estremamente spontaneo e tremendamente efficace. Non hanno il carisma strabordante delle rockstar, ma quando chiedono una cosa, il pubblico ubbidisce fedelmente e quando si lanciano in battute sarcastiche, la gente ride immancabilmente. Certo, come fai a non volere bene a due ragazzi che quando vedono tre posti vuoti nelle prima file chiedono a chi è in alto di venire ad occuparli, canzonando chi ha speso 40 euro e non si è nemmeno presentato?
E’ il mix tra tutti questi punti di forza che ha permesso al duo di sfoderare dapprima un’ora nella quale le canzoni davano a tal punto l’idea di intimità che, nonostante l’ampiezza della Sala Verdi, sembrava di essere da soli nella propria cameretta, seduti per terra mentre Erlend ed Eirik suonavano sul letto. I brani nuovi si dimostrano molto validi anche dal vivo, quelli vecchi scatenano inevitabilmente il tourbillon dei ricordi: quando arriva ‘I Don’t Know What I Can Save You From’, la mia mente corre al 2001, il primo anno in cui avevo davvero a disposizione dei soldi da spendere per alimentare la mia passione musicale, e mi potevo permettere di andare a vedere i concerti al Tunnel senza conoscere chi suonava, e se mi piaceva di comprarmi il cd, ed è inutile dire che i Kings Of Convenience fanno parte dei gruppi che ho conosciuto in questo modo e che a otto anni e mezzo di distanza sono gli unici fra tutti ad essere rimasti su alti livelli qualitativi.
Poi arrivano un violinista ed un bassista/contrabbassista, il suono si arricchisce e pian piano entra nell’universo malinconico dei due la loro anima scanzonata. Lo fa prima in punta di piedi, ma poi prende la situazione di petto, e i due dal palco chiedono alla gente di riversarsi in basso stando in piedi e ballando, tanto il concerto è quasi finito. Ovviamente tutti eseguono, e si sprecano cori e battimani: non sembra nemmeno di essere allo stesso show di pochi minuti prima. Quando Erlend ed Eirik rientrano per gli encores, sembra ci sia solo spazio per il loro lato festaiolo, ed invece no, ecco ‘Cayman Islands’ e l’atmosfera torna quella intima di poco prima. Chi altri è capace di ottenere una partecipazione del pubblico così diversa a seconda dei momenti e che sia sempre la più adatta? Nessuno, semplicemente nessuno. Il finale invece torna ad essere divertente, con l’attesissima ‘I’d Rather Dance With You’ ed Erlend che balla alla sua maniera.
Tutti escono dal Conservatorio felici e contenti: d’altronde avevamo appena finito di ammirare dal vivo i migliori.
Setlist
‘My Ship Isn’t Pretty’
’24-25′
‘Me In You’
‘Love Is No A Big Truth’
‘I Don’t Know What I Can Save You From’
‘Second To Numb’
‘Power Of Not Knowing’
‘Singing Softly To Me’
‘Homesick’
‘Know How’
‘Stay Out Of Trouble’
‘Mrs Cold’
‘Toxic Girl’
‘Rule My World’
‘Peacetime Resistance’
‘Misread’
‘Boat Behind’
‘Cayman Islands’
‘Renegade’
‘I’d Rather Dance With You’
INDIE ROCK
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