Antlers @ Lexington, Londra (Regno Unito) |
Una serata in cui avviene tutto un po’ sui generis. Gli Antlers, (da New York se avevate il dubbio) concludono al Lexington un mini-tour londinese di tre giorni e quattro concerti. E’ venerdì sera e di tutti questo è il locale più comodo da raggiungere. Dopo aver letto meraviglie di quest’album dalla triade di recensori più eterogenea che sia mai apparsa online, in ordine cronologico la tastiera inventa aggettivi del ‘nostro’ caro indie-rocker Lorenzo, la penna avvelenata di ‘Pitchfork’ e il calamaio mediatico di Ernesto Assante che raramente si accorge di qualcosa registrato dopo il 1982, devo andare a soddisfare la mia curiosità . Che poi hanno ragione tutti e tre lo so già da tempo, perché la funzione del martellamento forum-atico funziona e ‘Hospice‘, l’album di debutto degliAntlers, lo andai ad ascoltare mesi e mesi fa proprio grazie a ‘Indie-Rock.it’.
Peter Silberman ha scritto il disco in due anni di auto isolamento a New York, conseguente ad un dramma familiare che gli ha fatto perdere, per un tumore, una persona amata (così sapete di che si parla e se volete smettere di leggere fatelo ora, io vi ho avvertito). ‘Hospice‘ è un concept album che nasce dalla stessa idea di ‘For Emma, Forever Ago‘ di Bon Iver ma arriva altrove. La differenza non la fa solo la situazione non proprio uguale, ma tutto il contorno. Rinchiudersi in una capanna nel Wisconsin non è come rinchiudersi in un appartamento di Brooklyn. Anche se soltanto con i rumori che si infilano dalla finestra della stanza, la città finisce per permeare la musica. Così, più per coincidenza che per pianificazione, quest’album si accoda alla lista di concept che raccontano delle conseguenze difficile dell’amare. Oltre a Bon Iver c’è ‘The Hazards of Love‘ dei Decemberists e, uscito proprio questa settimana perché gli inglesi non si fanno mancar nulla, ‘The First Days Of Spring‘ di Noah And The Whale in cui Charlie Fink ci racconta di quanto è difficile essere abbandonati da Laura Marling. Sorvoliamo. Per fortuna arrivo al Lexington relativamente presto. Nessuno mi ha avvertito ma il foglietto appiccicato sulla porta parla chiaro. Gli Antlers saranno i primi di tre gruppi, on stage alle 8:30. Bizzarrie della scena Londinese (non ho mai sentito nominare le altre due band). Bevo una birra durante il soundcheck. Una piacevole situazione per venire a contatto con le persone e non solo coi musicisti. I tre ragazzi sono positivi, il dramma per fortuna rimane chiuso nelle canzoni. Scherzano tra di loro mentre improvvisano qualche scorcio di musica per aiutare un fonico, preso più dal suo panino che dalle sue manopole, a equalizzare il suono. Tempo mezz’ora il locale si stra-riempie. I tre ragazzi tornano dove avevano lasciato gli strumenti. Peter Silberman alla sinistra, un po’ in disparte, nascosto dietro la sua chitarra, il suo body language svela la timidezza. Michael Lerner siede alla batteria presa in prestito dai 12 Dirty Bullets (una delle band che suoneranno dopo, dell’altra non ricordo nemmeno il nome).Darby Cicci è sulla destra, scalzo, con le sue tastiere spinte fin sulla linea bianca che segnala la fine del palco. Il concerto apre con ‘Bear‘, incede la nenia sottolineata da un paio di note sulla tastiera, leggermente interrotta dall’arrivo delicato della batteria nel ritornello. Come nell’album la canzone sfocia direttamente dentro ‘Thirteen‘. Le tastiere si fanno cupi, il concerto si fa interessante. La drammatica richiesta di aiuto in falsetto “Oh, dig me out… Couldn’t you have kept all this from happening?” potrebbe uscire da ‘White Chalk‘ di PJ Harvey. Prima osservazione: se Peter Silberman è il fondatore e la mente del gruppo, Darby Cicci stasera è il responsabile nel costruire l’impalcatura sonora su cui le canzoni si reggono. Senza di lui sarebbero in difficoltà . Di Silberman invece va segnalata la voce che dà all’interpretazione quella credibilità che viene da chi ha prima vissuto e poi lentamente sublimato la realtà che canta. Segue ‘Sylvia‘, dedicata al personaggio centrale dell’album e senza dubbio il brano migliore. Qui la chitarra si prende la sua rivincita. La canzone enfatizzata da un testo disperato ha bisogno dell’arrivo del ‘noise’ a descrivere l’ansia del male e la frustrazione di chi non può far altro che osservarlo avanzare impotente. Dal punto di vista sonoro è la stessa formula che dilaga e si diffonde ormai da New York a Glasgow. Una canzone che, testo a parte, non stonerebbe nel repertorio dei Twilight Sad. ‘Atrophy‘ è un anestesia di quasi 10 minuti con il piano a mettere note intorno al testo in cui Silberman prende il ruolo del malato. E ‘Shiva‘ va dritta al punto e racconta la morte. Fredda, ospedaliera nel momento in cui avviene, nel momento che le macchine smettono di funzionare. Vi avevo avvertito, se siete arrivati qui, vostra scelta. Per necessità il concerto inverte l’ordine degli eventi per lasciare la chiusura al loro pezzo più famoso: ‘Two‘ racconta il momento in cui il medico viene a dirti che non c’è niente da fare. Il brano incede con un insistente sospiro di chi non trova più lacrime da piangere. Il pubblico chiede un bis che non ci sarà . Il set finisce e la sala si comincia a svuotare a conferma che la fanbase della serata era tutta per gli Antlers. Nonostante la drammaticità del concept, un gran bel concerto. Gli Antlers sanno quello che cantano e si sente l’intensità dell’interpretazione. Avrei preferito ascoltare l’album per intero, quell’accoppiata ‘Wake‘-‘Epilogue‘ che chiude il lasciando spazio alla speranza. Non resta che aspettare ottobre. La French Kiss farà uscire di nuovo ‘Hospice‘, supportato dalla distribuzione che merita e di certo i tre ragazzi si troveranno a viaggiare per la vecchia Europa su un tour bus. Lo inseguiremo. Valerio Berdini [courtesy from ‘Liveon35mm.com‘] |
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ma chi so’? lo scopriremo solo ascoltando.
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si anche su myspace……..
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oltre ai tre citati forse doveva metterci anche il buzzandmusic.com o almeno il nostro alieno… altro che assante!
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cito al proposito le parole di alien a proposito di hospice: “questo ce lo ritroviamo nelle top ten di fine anno insieme agli xx….”.
me l’ha scritta circa un mese fa’…
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Alien e’ un Alieno mica per nulla:-))))))DDDDDD
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