9-7-2009 Nick Cave & The Bad Seeds @ Traffic Festival, Venaria Reale (TO)
Dopo la parentesi sottotono della scorsa edizione, il Traffic 2009 parte con un nome ormai leggendario, quello di Nick Cave. Data l’eccezionalità dell’ospite, la vicinanza geografica e la gratuità dell’evento, optiamo per uno spostamento a Venaria con largo anticipo, sicuri di trovare libero accesso come da tradizione del festival e conquistare senza grossi problemi un posto comodo alla transenna. Se il trasferimento in auto nel primo pomeriggio si rivela rapidissimo, ed il reperimento di un parcheggio nella cittadina dell’hinterland va al di là delle nostre più rosee previsioni (vicino alla reggia, all’ombra e – cosa più importante – gratuito), il resto del nostro programma incontra subito un ostacolo: l’ingresso nell’area del concerto non è consentito fino alle 16/16:30, ci viene detto, per cui toccherà aspettare.
Ricordando la ben diversa politica degli accessi nelle precedenti edizioni (nel parco a due passi da casa della Pellerina, già ci manca) e alla luce della scoperta che gli artisti non effettueranno alcun soundcheck, queste limitazioni ci infastidiscono un po’ ma non ci scoraggiamo. Fatta la conoscenza di altre persone che avevano avuto la nostra stessa idea, decidiamo di fare due passi nel meraviglioso centro storico di Venaria, con la sua scenografica dislocazione di vie e piazze come anticamera alla monumentale reggia sabauda. Il sole senza nuvole rende decisamente magico il posto, anche se fa un caldo terribile. Nel deserto di questo pomeriggio, incrociamo a sorpresa il batterista Thomas Wydler, vestito di tutto punto come in un film poliziesco americano anni ’70. Ci chiediamo come faccia a sopravvivere e a non perdere una sola goccia di sudore. Al ritorno nella zona-ingresso, scopriamo che ci saranno ritardi nell’apertura dei cancelli. Ce n’è da chiacchierare per ingannare il tempo sotto il sole, mentre passano le 17, le 18, le 19, e nulla di significativo accade eccetto le continue deroghe per l’accesso concesse ad amici, figli e figliastri, come nella miglior tradizione italiana. Fortuna che la compagnia è ottima.
Questa farsa estenuante termina una manciata di minuti prima delle 20, con l’arrivo della polizia che doveva vigilare sui controlli da parte del solito staff di nerboruti pelati. Complimenti davvero all’organizzazione e speriamo che questa pantomima non si ripeta nei giorni seguenti. Lo stress e la fatica vanno comunque in archivio con il via libera e con la consapevolezza di essere ad un passo da un evento molto atteso. Una rapida corsa a perdifiato e la prima fila è nostra.
Il vantaggio di questa interminabile attesa è che ora non dovrà trascorrere molto tempo prima di vedere qualcuno suonare sul palco. Dopo una ventina di minuti il redivivo Mixo è già davanti a noi a intrattenerci con le classiche chiacchiere da presentatore, ringraziamenti agli sponsor e blablabla. Si comincia con un terzetto di musicisti locali, per la serie degli emergenti ancora esclusi dal grande circo delle feste promozionali (post-olimpiche o marchiate Lingotto che siano).Paolo Spaccamonti conferma nei pochi minuti a disposizione di essere un artista davvero originale. Quella di oggi è praticamente una versione bignami del live cui avevamo assistito come apertura per gli Anathallo un paio di mesi fa: stessa curiosa costruzione di trame sonore a strati, stessa abilità nel ricamare in delay e costruire anche una solida base ritmica alle sue esplorazioni chitarristiche, stessa felice inclinazione al rumorismo disciplinato à la Fennesz.
Un riallestimento del palco rapidissimo consente alla prima stella internazionale di questa serata di esibirsi con ancora parecchia luce naturale. Forse Annie Clark, in arteSt.Vincent, meriterebbe orari diversi per andare in scena. La sua musica sicuramente troverebbe una collocazione emotiva più appropriata in un contesto notturno, ma tant’è, oggi più che una vera cena lei è qui per servirci un antipasto. Peccato.St.Vincent vale più dell’opinione che buona parte del pubblico si fa di lei in maniera molto sbrigativa.
La partenza è stentata, la voce non è ancora a posto e il troppo, a livello di arrangiamenti, sembra ad un primo ascolto non proprio agevole da gestire. E’ un’impressione che lei e la band sanno smentire alla prima occasione. Con ‘Jesus Saves, I Spend’ la troviamo subito riassestata e fermamente orientata a conquistarci con la sua incantevole e ambigua natura, un po’ rocker ed un po’ bambolina. Si presenta conciata come Minnie il giorno di San Valentino ma la tenerezza che ci trasmette è destinata a non trovare effettiva corrispondenza nella realtà della sua esibizione: ha grinta la ragazza, tiene benissimo il palco e sa bilanciare anche certe ampollosità di suoni che renderebbero altrimenti il tutto alquanto pesante. La resa acustica e l’equalizzazione sbagliata non aiutano la sua prova a decollare ma lei è proprio brava, miscelando delicatezze e graffi, affidandosi a repentini cambi di ritmo e non lasciando facili punti di riferimento all’ascoltatore.
Un po’ appiattite, ammorbate da bassi altissimi, le sue canzoni sono comunque vive e percorse da una bella carica elettrica, anche quelle che su disco sono presentate in una veste che lascia più spazio alle increspature barocche. ‘The Strangers’, ‘Just The Same But Brand New’ e una vorticosa ‘Marrow’ colpiscono per l’intensità romantica della performance di Annie, sempre ben coadiuvata dal suo gruppo (c’è anche un sassofonista). Il pubblico impaziente tuttavia non pare gradire. Sentiamo i commenti attorno a noi, non fanno onore ai veri fan di Nick Cave. Ci infastidiscono.
Sul palco, grazie al cielo, St.Vincentcontinua a percuotere la sua chitarra, alterna carezze vocali a scatti nervosi e tira dritto per la sua strada, incappando in appena un giro a vuoto (‘Laughing With A Mouth Of Blood’, straziata dalla marzialità opprimente dei bassi, è quasi inascoltabile) ma per il resto convincendo: ottimo il singolo ‘Actor Out Of Work’, pregevole la cover scarnificata e in solitaria di ‘Dig A Pony’, autorevole la chiusura di ‘Your Lips Are Red’, con la cantante libera di esprimersi in tutta la sua disinvolta autenticità . Applausi alla fine, ma inferiori per numero e calore a quelli che Annie Clark merita effettivamente. In un contesto più raccolto, meno dispersivo e con una qualità del suono adeguata, le consegneremmo senz’altro un pezzetto di cuore.
Terminato il lungo segmento introduttivo, si entra nel vivo. L’ultimo cambio di palco è più laborioso per i tecnici e snervante per il pubblico, che ormai invoca Re Inkiostro a gran voce. Ci siamo. Quando tutto è pronto e le luci vengono spente, scorgiamo sulla sinistra un drappello di sagome nella penombra. Tra queste, inconfondibile, quella dell’attore protagonista, proprio come nei primi fotogrammi del videoclip di ‘Dig, Lazarus, Dig!’. Puntuale arriva l’ovazione.Nick entra in scena col suo completo, elegante come sempre, scortato da quel che resta dei Bad Seeds. L’unica assenza eclatante, parlando dell’ultimo periodo, è quella di Mick Harvey. Una soltanto, ma conta per dieci.
Senza il fedele compagno d’armi di tutta una vita, Cave non è più lo stesso. E’ un’impressione diffusa che i tanti filmati in rete, relativi ai recenti live della band, sembrano confermare. L’energia non manca, l’affinità col resto del gruppo è solida, ma la band non pare più in grado di entusiasmare come con Harvey al suo posto. Nella presenza di così tanta gente stasera c’è senza dubbio l’impareggiabile richiamo del mito vivente, del cavaliere senza macchia che non ha mai sbagliato un colpo ed ora può permettersi di vivere di rendita. Di nostro però aggiungiamo una speranza, il poter essere testimoni di una smentita a quella fastidiosa idea di lento ed inesorabile declino.
Non abbiamo ancora finito di urlare come dei beoti in adorazione che ‘Papa, Won’t Leave You, Henry’ ci travolge in tutta la sua frenetica potenza. Come avvio non è troppo fluido, anzi, nell’incedere è fin troppo caotico, macchinoso, ma non importa. Quel che conta è sentire la musica a mille con Nickche recita la sua parte con convinta partecipazione, spostandosi come un ossesso da destra a sinistra e regalando smorfie e mosse provocanti a ripetizione. Si è finalmente liberato dei suoi tremendi mustacchi neri e torna a somigliare a quello dei bei tempi. Attorno il wall of sound costruito dai Bad Seeds bada più che altro alla sostanza. E’ compatto, puro granito, mentre il refrain nerissimo della canzone diventa un perfetto elemento di condivisione da spartire con la platea urlante (e pogante). ‘Dig, Lazarus, Dig!!!’ rincara la dose in tutti i sensi e il ghiaccio è definitivamente frantumato.
Dopo una partenza tanto adrenalinica Nickpuò permettersi di tirare un po’ il fiato, affidandosi allo scuro istrionismo di un vecchio classico come ‘Red Right Hand’. Luciferina, waitsiana, inappellabile: calano le ombre sul pubblico e Cave regala un saggio della sua grandezza teatrale, supportato a dovere dai suoi fidati scudieri. Con la batteria affidata al (molto) ex Sonic Youth Jim Sclavunos, Thomas Wydler ha il compito di costruire il sottofondo percussivo lugubre ed insinuante che in un pezzo del genere è assolutamente cruciale. Lo affiancano le tetre sfumature dell’organo dello zazzerutoConway Savage (sempre più somigliante al Chris Walken di ‘Batman Returns’) e la regolarità metronomica dell’immarcescibileMartyn Casey. Il miracolo si compie.
Per la gioia delle fan, Nick si toglie la giacca e la sua camicia è letteralmente intrisa di sudore. Ha bisogno di questo accorgimento visto che sta per lanciare sugli spettatori l’immancabile spazzolata di ‘Deanna’, vigorosa come da contratto e accompagnata dalla folla in coro. Non riusciamo a vedere quel che accade alle nostre spalle ma intuiamo, dalle scosse ricevute, che una pacifica onda umana si è messa in movimento ed oscilla. E’ a questo punto che il concerto entra nel vivo e il gruppo dimostra di essere in forma smagliante. Non soltantoRe Inkiostro, sul quale non avevamo particolari dubbi e che infatti continua la sua performance con assoluta generosità . E’ la compattezza dei Bad Seeds a colpirci positivamente. I vecchi musicisti non tradiscono la leggendaria affinità che li lega mentre Ed Kuepper, ex turnista live entrato in pianta stabile con l’ingrato compito di rimpiazzare Harvey, resta nell’ombra ma da il suo contributo in termini di onesto mestiere. Ad affiancare il mattatore nei panni della vivacissima spalla elettrica è uno scatenatoWarren Ellis, sempre più impressionante nel suo look barbarico e vagamente ‘Rasputin–oriented’. E’ l’anima nervosa e sempre all’erta della band, ora con le sue piccole Fender graffianti, ora con un violino parimenti urticante (maltrattato come la più sferragliante delle chitarre in un’incendiaria versione di ‘Tupelo’), ora con le maracas.
Tra i momenti più emozionanti della serata non possiamo non segnalare la sincera dedica a Mick Harvey nell’introduzione di ‘Nature Boy’, “‘cause he was the original Nature Boyâ€. Una canzone che i Bad Seedsparevano aver accantonato negli ultimi tempi e che stasera ci viene regalata in una forma molto meno tirata di come l’avremmo immaginata dal vivo. Anche ‘The Ship Song’ è un gioiello di suggestioni ed incanto: il pubblico intona il ritornello insieme a Nickè tutto è perfetto, veramente.
E’ la salutare enfasi ferina di Ellis a mantenere comunque il sopravvento e a fare da guida per le scorribande del maestro. Arriva così con ‘The Mercy Seat’ la vetta dell’intero concerto, il suo momento di massima visceralità istintuale e catartica. E’ un mantra ridotto all’osso ma inesorabile, cresce poco per volta ed impatta con le resistenze dei pochi scettici rimasti, travolgendole. Nick Cave è questo: il cuore di tenebra, la sua autenticità , tutta l’energia trattenuta per poi essere liberata in una preghiera corale fosca, titanica, trascinante. La richiestissima ‘The Weeping Song’ si adegua a questo clima tellurico ma esce forse un po’ penalizzata dal rinnovamento di un abito che fatichiamo a riconoscere come suo fino in fondo. E’ comunque una prova di forza, l’ennesima, che lascia estremamente soddisfatto proprio Nick Cave, per nulla esitante nel definirla una ‘buona’ versione. Meno tormentata ma indubbiamente vitale è anche ‘There She Goes, My Beautiful World’, liberatoria e festosa come nelle migliori previsioni della vigilia, un altro dei momenti indimenticabili di questo intensissimo live torinese.
Terminato il set il pubblico in delirio non smette di incitare e chiamare la band nuovamente sul palco. I Bad Seedsrientrano. Nick riceve una rosa dalle prime file, l’intesa è assoluta. ‘Moonland’ apre la serie dei bis con l’immancabile dedica a quella piccola palla luminosa, là in cielo. I temporali che temevamo fino ad oggi, a causa della loro odiosa e ostinata puntualità serale, ci hanno graziato. Come gli altri (pochi) brani nuovi, questo pezzo non sfigura al cospetto di tutti i vecchi classici eseguiti stasera. Certo ‘Into My Arms’ suggellerebbe questo abbraccio con il pubblico come nessun’altra canzone può fare ma, si sa, la perfezione si fa sempre negare in ultima battuta. Ci gustiamo allora le mitragliate di una ‘Get Ready For Love’ abbastanza tonica ma mai veramente entusiasmante. La prendiamo per buona come valido surrogato delle migliori pagine del gruppo australiano, prima del congedo affidato ad una fantastica versione di ‘Lucy’.
vengo da FEGIZ FILES dove ho letto cose allucinanti come al solito……per fortuna che c’è Buzz!!!!!! mannaggia mannaggia mannaggia non esserci potuto andare!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
caro B16…un bel Nick Cave insieme DOBBIAMO vedercelo prima o poi…magari anche ad AMSTERDAM non sarebbe male….
in confidenza l’unica cosa che non capisco è perchè negli utlimi anni “No more shall we part” sia quasi ignorata da Cave nei concerti…è lì che si trova un pugno di canzoni da farti rizzare tutti i peli che possiedi….boh…
siamo lì lì alle nuove date… cave per conto mio (ma io sono neofita) può scegliere i pezzi un po’ da dove vuole, certo no more shall we part come disse una volta il generale (e io non dimentico…) quando ti entra dentro non ti lascia più.
Grazie per Stones e u2……..Melo,il Melo nostro e’ un caro amico del Trentino dalla grande cultura musicale.Niente a che vedere col campione brasiliano del calcio …….rock on ps dateci dentro a Milano,facciamoli scoppiare eh eh eh
w melo trentino e w felipe melo!!!
w buzz e w B16!!!
w U2 e w boss…buzz quello se non lo tiran giù a forza dal palco dopo 3 ore continua a suonare…sembra quella vecchia pubblicità della duracell..
gia’ ma anche io “CELL HO DUR” ah ah ah opppss mi e’ scappata,w il boss…..ieri ho tirato fuori non l’arnese ,giusto per stare in tema di “batterie”, ma il live 75-85…….che cosa vuoi dire di un disco cosi?Nulla …..solo di consigliarlo ai madonnari eh eh eh eh ps grande juve per il 2010…….anche la panchina,ci vorrebbe un terzino con gli attributi sulla destra…….
ieri sera come anti stress dopo lavoro “4th of July, Asbury Park” (Sandy) per cinque volte di fila ….live 1975-85 naturalmente…..
azz che pelle d’oca…..
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peccato…peccato…peccato… che scaletta!
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vengo da FEGIZ FILES dove ho letto cose allucinanti come al solito……per fortuna che c’è Buzz!!!!!! mannaggia mannaggia mannaggia non esserci potuto andare!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
caro B16…un bel Nick Cave insieme DOBBIAMO vedercelo prima o poi…magari anche ad AMSTERDAM non sarebbe male….
in confidenza l’unica cosa che non capisco è perchè negli utlimi anni “No more shall we part” sia quasi ignorata da Cave nei concerti…è lì che si trova un pugno di canzoni da farti rizzare tutti i peli che possiedi….boh…
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vai Nick!vai b16 e vai Generale ,dateci dentro e rock on…..si avvicinano il Boss a Torino e gli u2 ad Amsterdam,wow!!!!!!!
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siamo lì lì alle nuove date… cave per conto mio (ma io sono neofita) può scegliere i pezzi un po’ da dove vuole, certo no more shall we part come disse una volta il generale (e io non dimentico…) quando ti entra dentro non ti lascia più.
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p.s. ma il melo che scrive qui fa felipe di nome? non che oltre agli u2 il buzz mette il suo zampino anche nel nuovo bianconero…?
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pianeta U2:
http://www.u2-fanclub.nl/u2-fanclub.nl/index.php?option=com_content&view=article&id=598:the-claw-in-amsterdam&catid=10:nieuws&Itemid=19
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pianeta Stones:
http://www.timesonline.co.uk/tol/comment/obituaries/article6683613.ece?token=null&offset=0&page=1
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Grazie per Stones e u2……..Melo,il Melo nostro e’ un caro amico del Trentino dalla grande cultura musicale.Niente a che vedere col campione brasiliano del calcio …….rock on ps dateci dentro a Milano,facciamoli scoppiare eh eh eh
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eh eh non mi pubblicano….
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basta mandare 5 o 6 brevi messaggi,qualcosa pubblicano…rock on
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w melo trentino e w felipe melo!!!
w buzz e w B16!!!
w U2 e w boss…buzz quello se non lo tiran giù a forza dal palco dopo 3 ore continua a suonare…sembra quella vecchia pubblicità della duracell..
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gia’ ma anche io “CELL HO DUR” ah ah ah opppss mi e’ scappata,w il boss…..ieri ho tirato fuori non l’arnese ,giusto per stare in tema di “batterie”, ma il live 75-85…….che cosa vuoi dire di un disco cosi?Nulla …..solo di consigliarlo ai madonnari eh eh eh eh ps grande juve per il 2010…….anche la panchina,ci vorrebbe un terzino con gli attributi sulla destra…….
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il live 75-85 è il lascito del boss al mondo.
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ieri sera come anti stress dopo lavoro “4th of July, Asbury Park” (Sandy) per cinque volte di fila ….live 1975-85 naturalmente…..
azz che pelle d’oca…..
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azz basta la pelle Generale,l’oca lasciamola ai fan di madonna eh eh eh eh GRAN DISCO,DA URLO!!!!!! ps preferisco il fois gras con del buon vino
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