Quando si è bambini si fanno esperimenti con il cibo. Tipo coi biscotti. Uno li affoga nel latte fino a inzupparsi le dita e poi li sfarina, li spiaccica, ci gioca col cucchiaio. Gli Animal Collective fanno la stessa cosa con il rock (e col folk, eccetera eccetera. E con la nostra pazienza, si potrebbe aggiungere). Sbriciolano.
Annunciato da qualche anno, vede finalmente la luce questo secondo anomalo live del collettivo (qui ancora quartetto). Anomalo perché stampato solo su vinile e in tiratura limitatissima, 1000 copie. Dati tecnici: venti canzoni, tra molte virgolette, diciamo meglio pezzi (siamo agli Animal pre-Strawberry Jam), registrate tra il 2000 e il 2003. Artwork goloso molto underground-pop.
Recentemente abbiamo visto due video interessanti. Un cartoon del creatore dei Griffin [http://www.youtube.com/watch?v=CZ4ZXsyqsWo] che presentava l’incontro tra Zimmie Dylan e Tommy Waits: inintellegibile il primo, totalmente biascicante, inintellegibile il secondo, una specie di lupo catarroso: necessari i sottotitoli. A un certo punto spuntavano pure Braccio di Ferro e Mohammed Ali, altri campioni di chiarezza semantico-sintattica. Il secondo video era un tutorial su come si fanno le canzoni alla Animal Collective [http://www.youtube.com/watch?v=dRaD6Ct5sL0]: e cioè mugolale delle nenie da rintronati, sbatacchiare un bongo con un osso di mucca, incasinare qualche aggeggio elettronico, e così via. Morale della favola: ogni artista particolarmente riconoscibile si porta appresso la croce del proprio stile, con sempre in agguato l’ombra dell’autocaricatura. Gli Animal Collective, soprattutto pensando al fatto che suonano oggi e non negli anni Ottanta che c’erano gli Half Japanese, spesso e volentieri cascano nella trappola. Anzi, ci si buttano. Ma proprio di brutto. Certo, facendo considerazioni di questo tipo, neppure si dovrebbe entrare più in studio di registrazione né calcare qualsiasi tipo di palco…
Detto questo, due considerazioni caso-specifiche. In epoca di downloading generalizzato e sistematico, ha forse più senso di quanto parrebbe sulle prime un’operazione del genere, pochi dischi, e solo vinili (tanto poi gli “altri” scaricano comunque), soprattutto (e qui parte la seconda considerazione), data l’assoluta inessenzialità della cosa per l’indie-rocker medio: un disco dal vivo degli Animal Collective, che proprio per la musica che fanno ha senso solo andarseli a vedere, mica sentire le registrazioni live. Peraltro catturate con un semplice dat, con gli ultimi pezzi che entrano tutti in distorsione. Valore documentario sì però, dato che quattordici pezzi su venti sono altrove inediti, e quasi certamente estemporanei (e si sente). Lo si sarà capito: hardcore fanatics only.
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Bravi gli Animal Collective…
intanto ecco un articolo sul ritorno degli anni ’80 (non dico che sia un male, ma gli anni ’60-’70 erano un’altra cosa).
A-Ha
Cosa ritornerà degli anni Ottanta
15/06/2009
Emanuele Tamagnini
Quando parliamo di anni ‘80 – in Italia – il pensiero corre subito ai prodotti plasticati, al synth pop di quarta serie, al playback, alle meteore, agli scimmiottamenti nostrani, ai paninari, alla musica da spiaggia, ai colori sgargianti, ai ciuffi, al Drive In, all’annosa problematica Duran Duran Vs Spandau Ballet, all’italo disco coatta, ai Vanzina, alla paccottiglia insomma. Ovviamente noi uomini di intelletto e buone speranze, quando parliamo di anni ‘80 – in Italia – pensiamo a tutt’altro. Alle decine e decine di nuovi movimenti sonori, di band seminali, di periodi irripetibili, di indie con le cinque lettere maiuscole, al post punk, alle neo psichedelia californiana/liverpooliana, a basi gettate per le decadi successive, all’apposto del kitsch e del trash che il numero “OTTANTA” evoca nello stivaletto presuntuoso. Detto questo, dobbiamo altresì constatare come moltissimi personaggi di quell’epoca mezza mezza (noti, meno noti, famosi, meno famosi) stiano prepotentemente ritornando sulle prime (anche seconde) pagine dei media specializzati. Non è dunque difficile prevedere che il 2010 sarà l’anno della completa rivampa, del revivalismo adoratorio, della rivalutazione postuma di “quegli” anni ‘80. Statene certi. Facciamo allora una brevissima carrellata sui focolai attivi.
Gli Spandau Ballet hanno da qualche mese annunciato la reunion in quintetto originale, diciannove anni dopo il break dell’attività. I loro antagonisti Duran Duran non si sono mai sciolti, ma anzi rilanciano con la lavorazione del tredicesimo album prodotto da Mark Ronson. I norvegesi A-Ha sono appena tornati con l’apprezzabile ‘Foot Of The Mountain’ che è un profumatissimo ritorno alle origini di quell’euro synth pop che li rese famosi in mezzo mondo. I più defilati Curiosity Kill The Cat confermano l’avvenuta ricomparsa sempre guidati dal dinoccolato singer Ben Volpeliere-Pierrot a cui l’ex pennellone Jovanotti deve molto in fatto di “prime” movenze. Dalla Scozia tornano prepotentemente attivi anche i Deacon Blue di Ricky Ross, che con l’esordio ‘Raintown’ (1987) avevano portato una ventata di freschezza al pop britannico. Non è un caso che i Deacon Blue si trovino a suonare al Summer Pop Festival di Liverpool in un programma che vede anche la presenza dei riformati Lotus Eaters (quelli del super hit del 1983 ‘The First Picture Of You).
Di Adam Ant avevamo già parlato, di una sua forte volontà di ritornare sulle scene, dopo aver risolto i problemi “caratteriali” (e mentali), e dopo essere stato premiato e sdoganato dalla critica del nuovo millennio. Gli ABC di Martin Fry – sempre rimasti con le luci accese – hanno appena eseguito l’album ‘Lexicon Of Love’ alla Royal Albert Hall londinese, con Anne Dudley a dirigere l’orchestra, lei che aveva collaborato alle tastiere proprio sul disco originale. Nik Kershaw, seppur sia fermo discograficamente da tre anni, continua a suonare live e per questa estate ha già schedulato varie apparizioni festivaliere. Il 54enne guru dei sintetizzatori Howard Jones non ha mai smesso di portare in giro la sua musica e i suoi successi dell’epoca, risultando in quel periodo uno dei più assidui frequentatori delle classifiche sia UK che USA. Entro la fine dell’anno arriverà il nuovo album ‘Ordinary Heroes’.
Non sono da meno altri pionieri del synth pop come gli Heaven 17 che lo scorso anno sono usciti con l’album di classici rivisitati ‘Naked As Advertised’. Chiudiamo il cerchio con gli Human League, protagonisti con le correlazioni ABC e Heaven 17 del nostalgico The Steel City Tour. Martyn Ware e Philip Oakey hanno fatto pace. Una bella notizia che li condurrà a suonare in tantissimi festival accaldati (Isola di Wight compresa). Del resto per chi ha venduto oltre 20 milioni di dischi lo spazio si trova no? Insomma tutto RI-torna sempre. Finchè c’è vita e denaro fresco. Sarà meglio fermarci qui… senza scavare oltre e lasciare a voi le altre sorprese e la lacca spray.
(pubblicato per gentile concessione di Nerds Attack!)
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