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Uscirà l’8 maggio “La Fenice”, sesto album solista di Andrea Mirò, disco con il quale la cantante apre una nuova stagione artistica: quella della definitiva maturazione di un’autrice, le cui qualità musicali e vocali sono davvero uniche nel panorama della musica italiana.
Testi semplici e diretti come racconti brevi, e melodie essenziali, mai banali, la caratteristica distintiva dei brani di questo nuovo album di Andrea Mirò; arrangiamenti scarni, come lacopertina, nuda e priva di orpelli, nella sua presente astrattezza.
Emblematico in questo senso il primo singolo estratto dal cd, “Prima Che Sia Domani”, storia di una donna che, sola al capolinea di una storia d’amore, mette ordine senza illusioni ai suoi ricordi, ai suoi sentimenti e guarda con coraggio al suo futuro. Un brano vestito di un abito musicale sobriamente rock, alla ricerca di un sound asciutto, cifra stilista comune a tutto il disco.
Anche altre composizioni, come “L’avversario”, “Il viaggiatore”, “Un piccolo graffio”, “Hey cowboy”, “I figli degli altri”, nascono da questa urgenza creativa di un artista che decide di mettersi a nudo, nei contenuti e nella ricerca sonora. Poi c’è “La Fenice”, unico brano del disco non scritto dalla sola Andrea Mirò, una sfida da interprete lanciata (e vinta) col marito-autore della canzone, Enrico Ruggeri, che a sua volta presta la sua voce in“Dimentica”.
Tanti i temi trattati nel disco: dall’autonomia femminile, alla metafora del viaggio come ricerca dentro e fuori di sè, dai piccoli-grandi dolori quotidiani, alla sbagliata risposta alle proprie paure, alle occasioni perdute ma che è in fondo possibile sempre ritrovare, dalla solitudine che respira chi vive e lavora lontano dal proprio Paese, alle trasformazioni apparenti attraverso la chirurgia estetica.
Oltre ai dieci inediti, che sono come tatuaggi scolpiti sulla propria pelle per Andrea, La Fenice contiene due cover apparentemente insolite e molto diverse fra di loro: la prima è “The Riddle”, un classico degli anni ’80, molto bistrattati ma tanto amati da Andrea Mirò, che con questo omaggio ci invita a rivalutare il pop di quel periodo e le sue melodie, solo apparentemente fuori dal tempo. E poi “Hymne A L’Amour”, l’inno all’amore di Edith Piaf, un motivo indimenticabile, riletto in modo del tutto diverso dall’originale, mantenendone però il pathos e l’attitudine di una donna fiera che affronta le asperità della vita, rigenerandosi con la forza del suo amore.
musiczone.it
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