2. Sleep Alone
3. Moon and Moon
4. Daniel
5. Peace of Mind
6. Siren Song
7. Pearl’s Dream
8. Good Love
9. Two Planets
10. Travelling Woman
11. The Big Sleep
BAT FOR LASHES
Two Suns
dream pop, gothic-pop
Le Bat For Lahes sono la creatura musicale della fascinosa Natasha Kahn (classe 1979), polivalente e irrequieta artista di origini pakistane ma da anni trapiantata in pianta più o meno stabile in quel di Brighton, con trascorsi nel mondo della videoarte e un passato da insegnante d’asilo. Nel 2006 l’esordio “Fur And Goldâ€Â non ha avuto difficoltà ad ammaliare la critica, guadagnandosi il plauso di sua maestà  Thom Yorke dei Radiohead (che hanno poi voluto la band come opening act nell’ultimo tour a supporto di “In Rainbowsâ€), e ottenendo persino unanomination all’ambito Mercury Prize. Il nuovo lavoro, registrato tra la California e il Galles, con una line-up a quattro vertici che comprende fra l’altro la rediviva Charlotte Heaterly degli Ash e Sarah Jones, batterista nei nu-raver New Young Pony Club, vanta la collaborazione degliYeasayer e un cameo di niente popò di meno che Scott Walker in una canzone (la finale e struggentissima “The Big Sleepâ€, ai confini della lirica).
L’album è costruito attorno a una sorta di concept non meglio definito all’interno del quale trova spazio un alter ego immaginario della cantante, tale “Pearlâ€, biondo crinita e dissoluta femme fatale d’altri tempi, dedita ai piaceri più perversi dell’esistere umano e diametralmente contrapposta a quell’ascesi mistico-sacerdotale che da sempre contraddistingue le movenze poetiche della Kahn. Il disco è estremamente curato in ogni suo minimo dettaglio sonoro, con atmosfere rarefatte e odorose di incenso nelle quali si ritrovano tanto le nebbie oppiacee e stordenti dei Cocteau Twins più onirici quanto un certo afflato ritualistico e misticheggiante che rimanda a tratti a certe liturgie esoteriche formato Dead Can Dance (ma a ben vedere una più generica “cifra 4Ad†permea di sé gran parte degli scenari del disco, non per niente una canzone si intitola “Siren Songâ€, quasi un ammiccamento implicito per la gioia di tutti i cultori della seminale etichetta di Ivo Watts-Russell).Â
La scrittura rimane legata a doppio nodo a modelli consolidati e piuttosto evidenti in sede d’ascolto, ovvero Bjork (la vocalità è davvero molto simile, così come una predilezione strisciante per laboriose trame elettroniche, si ascolti il singolo “Daniel†o “Pearl’s Dreamâ€), Kate Bush (ne siano prova i vocalizzi ellittici della bellissima “Glassâ€, di “Two Palnets†o di “Sleep Aloneâ€), Tori Amos (la cui influenza appare tanto più evidente nei momenti di maggiore raccoglimento riflessivo, come “Moon And Moon†o “Siren Songâ€), ma, a ben sentire, anche Nico(la marzialità  post-wagneriana di certi passaggi è davvero molto accentuata, vedi “Good Love†o “Peace Of Mindâ€, in cui l’inconfondibile tocco Yeasayer aggiunge delle spezie di acre psichedeliaworld, in bilico tra orientalismo e tentazioni arabe).
La forza dell’album è da ricercarsi tanto negli arazzi percussivi in cui si avvolgono le canzoni quanto nell’ombroso immaginario che impregna i testi di Natasha Kahn, all’incrocio di stupefatte epopee elfiche per bambini che non vogliono dormire e le profezie oracolari di un’ incappucciata vestale posseduta da forze ultraterrene. “Two Suns†appare in questo senso come un ulteriore passo in avanti nella definizione di un’identità estetico-musicale progressivamente sempre più sicura e precisa. La qualità delle canzoni è d’altro canto buona, in alcuni episodi ottima, la scrittura risulta forse ancora non del tutto fluida, ma la fascinazione segreta che promana da essa è davvero fortissima e avvolgente.
(25/04/2009)
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