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Chi non ha visto gli emozionanti show dell’ultimo (ultimo?) tour di Leonard Cohen può consolarsi con questo doppio CD o con il DVD gemello che la Columbia pubblica in questi giorni, con suoni e immagini di uno dei felicissimi concerti londinesi del novembre scorso. E’ uno straordinario impasto di tenerezza, umiltà , fascino, grande musica, capace di conquistare gli adoratori del mito ma anche gli scettici (quorum ego) convinti che ogni cosa ha un suo tempo e l’avvenire di Leonard Cohen è ormai dietro le spalle.
Sì, certo, sarà anche così, ma quando lo vedi salire sul palco come un personaggio delle sue canzoni (doppiopetto gessato e cappello di feltro, quello che gli americani chiamano Fedora), quando lo ammiri tanto disponibile e gentile con il pubblico, con un sorriso che ogni volta pare uno stupito ringraziamento, quando scopri che il suo stare in scena è pura sincerità , fino alla goffaggine, allora ogni discorso critico va a all’aria e vince l’emozione. Ha la voce ancora più tenebrosa di ieri, Cohen, e rigida, tanto che spesso declama più che cantare; però quel basso profondo rimane un saldo timone e con quello scivola tra canzoni vecchie e più nuove, legando con un luminoso filo Suzanne, Bird On The Wire, Hallelujah e The Future, I’m Your Man, anche un paio di brani, giusto un paio, dagli ultimi album.
Gli arrangiamenti seguono l’onda delle tournées passate e sono morbidi, coinvolgenti. Le sue cartucce sperimentali Cohen le ha sparate qualche rara volta nei dischi, mai dal vivo, dove ha sempre voluto che risuonassero echi più famigliari e caldi, i valzer ariosi della sua infanzia country&western, i timbri del Mediterraneo che gli rubarono il cuore ai suoi vent’anni per non lasciarlo più. Così anche stavolta: armonica, fiati, gli straordinari strumenti a corda di Javier Mà s anziché le nude figurazioni elettroniche degli ultimi CD. Meglio, molto meglio così.
(Cohen è in pausa spettacolo, al momento, ma è solo questione di giorni. E’ in giro dal maggio scorso e il primo aprile riprende da Austin, Texas, prevedibilmente sino a fine anno. Una specie di “never ending tour”, ricordando un altro vegliardo….).
Riccardo Bertoncelli
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Choen…salmi…..lo ascolto raramente…. quando ho bisogno di Musica esistenziale.Le pippe mentali sono nocive.E gli ebrei ne sono maestri.Essendo però ….innamorato di uno di loro chiamato il Signore…ascolto e mastico la linea culturale di questo …artista e mi espando nel suo spazio.Non conoscendo l’inglese è stata una conquista.
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Ciao Maro ,che sei nuovo?benvenuto eh eh eh eh Maro o Maroni?ah ah ah ……..si Cohen ghe se in gamba dai …….ostrega,saluti from the Romagna to the Trentinos ah ah ah vamos vamos ,andale andale
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