Una sorpresa graditissima. Questo è stato prima di tutto il concerto di Dan Auerbach, chitarra e voce dei Black Keys, ora impegnato in un tour da solista per promuovere il suo interessantissimo album di debutto, ‘Keep It Hid‘. Sicuramente in molti (tra cui il sottoscritto), si sono recati questa sera al MusicDrome nella speranza di assistere ad una performance che rendesse giustizia ad un grande musicista, dopo la prova un po’ sottotono dei Black Keys durante l’ultimo concerto a Milano (complici dei problemi tecnici proprio con la Les Paul di Dan) e questa sera Mr. Auerbach e la sua band (i Fast Five) sono andati ben oltre le aspettative, mostrando un affiatamento ed una forza dirompente che hanno fatto della performance una vera e propria celebrazione del rock n’ roll. Ma andiamo con ordine.
La serata inizia alle nove in punto con l’esibizione del cantautore americano Pete Molinari, folksinger d’altri tempi (a cominciare dalla laccata acconciatura anni ’50) che, servendosi solo di chitarra acustica, armonica a bocca e di una voce squillante e precisa (quasi un Bob Dylan dopo qualche anno di lezioni canto), propone un breve set di pezzi autografi tecnicamente eseguiti in maniera ineccepibile, ma privi di mordente, visto che i giri d’accordi si ripetono costantemente e che la sua proposta musicale, di stampo prettamente tradizionale, lo porta inevitabilmente ad impietosi confronti con i grandi maestri del genere. Ottimo esecutore, ma decisamente monotono nelle soluzioni.
Pochi minuti dopo il concerto di Molinari, Dan Auerbach (sorprendentemente sbarbato) sale sul palco con i suoi cinque drughi e si impadronisce da subito della scena con una minimale versione di ‘Trouble Weights A Ton‘, in cui sussurra in solitudine sulle note della sua chitarra e dialoga con i delicatissimi cori del chitarrista ritmico, aprendo il set nel segno di un’anima roots che è una delle chiavi di ‘Keep It Hid‘. Tutto ciò non è che il preludio all’esplosione rock ‘n’ roll dei brani seguenti, in cui emerge il talento della band: due batteristi (di cui uno spesso addetto alle percussioni) rocciosi e precisi, un tastierista che col suono dell’hammond tratteggia accenni di soul e blues, un ottimo chitarrista ritmico per contrappuntare gli arrangiamenti della chitarra infuocata di Dan e un bassista portentoso, i cui giri spesso e volentieri costituiscono la spina dorsale dei brani. Ecco allora che ‘I Want Some More‘ e ‘The Prowl‘ (due brani magnifici, la cui struttura circolare rimanda ai trascorsi dei Black Keys presso la Fat Possum) in sede live assumono una carica poderosa e la infondono al pubblico che salta e incita l’artista di Akron per tutta la durata del concerto.Â
Alla fine della performance il pubblico può dirsi divertito e soddisfatto: sicuramente i Black Keys rappresentano una splendida realtà per il rock contemporaneo, ma in sede live (almeno stando a quanto visto pochi mesi fa ai Magazzini Generali di Milano) il duo sembra ogni tanto limitare le idee di Dan Auerbach che invece, accompagnato da una (grande) band, è libero di dare sfogo alle sue straordinarie capacità e di valorizzarsi ulteriormente come musicista, interprete e arrangiatore. Stasera al MusicDrome abbiamo avuto la prova lampante del grande potenziale di questo artista e, soprattutto, abbiamo assistito ad uno spettacolo di rock ‘n’ roll come se ne vedono pochi ultimamente.Â
Andrea D’Addato, è quello che al concerto degli Animal Collective, cronometrava e controllava che la durata dei pezzi eseguiti, coincedesse con quelli dell’album e si lagnava pure perchè eran più lunghi nell’esecuzione live? E’ sempre quel genio lì?
ho letto la recensione senza leggere l’autore… domenica verifico se stavolta c’ha preso o almeno c’è andato vicino… da auerbach comunque mi aspetto belle cose! grazie buzz per averla postata…
Dan Auerbach – Live at Melkweg, Amsterdam 24.05.2009
01. Trouble weighs a ton
02. I Want Some More
03. The Prowl
04. When I left the room
05. My last mistake
06. Mean Monsoon
07. Oh Carol (Rockin Horse)
08. Real Desire
09. Money And Trouble
10. Street Walkin
11. When the night comes
12. Whispered words
13. Heartbroken, in disrepair
14. Keep it hid
15. Inside Lookin Out (The Animals)
16. Goin home
17. Hidden Charms (Willie Dixon)
Auerbach inzia il suo show accompagnato solo dalla propria chitarra: Trouble weighs a ton è l’incipit di una performance corale che vede la band di supporto, i Fast Five, trasformarsi in un trampolino di lancio ideale per le doti del musicista di Akron, Ohio.
Doppio batterista più percussioni, tastiera, basso e seconda chitarra, aria da giovani fuorilegge scappati da una comune hippy e senso ritmico prodigioso: I want some more è immediatamente trascinante, sostenuta da una sezione ritmica possente e ipnotizzata dal pezzo. Il suono del gruppo riempie l’Oude Zaal del Melkweg di blues eccitati dal feedback. When I left the room diventa avvolgente grazie alle distorsioni di Dan, un po’ più svagato nella successiva My last mistake, che libera la band in una selvaggia coda rock n roll. L’ideale preludio ad una infuocata Street Walkin è il crescendo di pezzi che va da una torbida Mean Monsoon alla disincantata Money And Trouble. Dopo aver scosso il pubblico a forza di assoli devastanti buttati su crescendo costruiti con poche note e precisione marziale alle percussioni (The Prowl, Oh Carol, Real Desire), Dan si concede un momento più intimo sulle note di When the night comes e Whispered Words. Il finale di quest’ultima riaccende i Fast Five sino a trasformarsi nel blues esaltato dai riverberi di Heartbroken, in disrepair. Gli applausi a scena aperta non si interrompono nemmeno per le successive Keep it hid e Inside Lookin Out: pubblico in ammirazione e Auerbach sempre più carismatico alla voce mentre una pioggia di note esce costantemente dalla sua chitarra a dirigere la furia dei Fast Five.
Attimi di commozione nei bis: la data di Amsterdam chiude il tour europeo e Going Home è il tributo che Dan regala all’ennesimo viaggio, con solo l’elettricità della sua chitarra a supporto. Esplosioni finali sulle note di Hidden Charms, con tutto il gruppo scatenato in un liberatorio rock n roll a briglie sciolte. La lezione su cui Auerbach fonda la propria musica non è certo nuova, ma fa così parte di lui da rendere il suo show avvincente, una festosa celebrazione rock blues capace anche di esaltare, seppur di rimando, il grande lavoro svolto negli anni con Patrick Carney nei Black Keys.
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Andrea D’Addato, è quello che al concerto degli Animal Collective, cronometrava e controllava che la durata dei pezzi eseguiti, coincedesse con quelli dell’album e si lagnava pure perchè eran più lunghi nell’esecuzione live? E’ sempre quel genio lì?
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ho letto la recensione senza leggere l’autore… domenica verifico se stavolta c’ha preso o almeno c’è andato vicino… da auerbach comunque mi aspetto belle cose! grazie buzz per averla postata…
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DIN DON DAAAAN!
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dovrebb essere lo stesso giornalista si,ora aspettiamo che il responso di b16:-))mi fido di piu’,keep on rocking:-)
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Dan Auerbach – Live at Melkweg, Amsterdam 24.05.2009
01. Trouble weighs a ton
02. I Want Some More
03. The Prowl
04. When I left the room
05. My last mistake
06. Mean Monsoon
07. Oh Carol (Rockin Horse)
08. Real Desire
09. Money And Trouble
10. Street Walkin
11. When the night comes
12. Whispered words
13. Heartbroken, in disrepair
14. Keep it hid
15. Inside Lookin Out (The Animals)
16. Goin home
17. Hidden Charms (Willie Dixon)
Auerbach inzia il suo show accompagnato solo dalla propria chitarra: Trouble weighs a ton è l’incipit di una performance corale che vede la band di supporto, i Fast Five, trasformarsi in un trampolino di lancio ideale per le doti del musicista di Akron, Ohio.
Doppio batterista più percussioni, tastiera, basso e seconda chitarra, aria da giovani fuorilegge scappati da una comune hippy e senso ritmico prodigioso: I want some more è immediatamente trascinante, sostenuta da una sezione ritmica possente e ipnotizzata dal pezzo. Il suono del gruppo riempie l’Oude Zaal del Melkweg di blues eccitati dal feedback. When I left the room diventa avvolgente grazie alle distorsioni di Dan, un po’ più svagato nella successiva My last mistake, che libera la band in una selvaggia coda rock n roll. L’ideale preludio ad una infuocata Street Walkin è il crescendo di pezzi che va da una torbida Mean Monsoon alla disincantata Money And Trouble. Dopo aver scosso il pubblico a forza di assoli devastanti buttati su crescendo costruiti con poche note e precisione marziale alle percussioni (The Prowl, Oh Carol, Real Desire), Dan si concede un momento più intimo sulle note di When the night comes e Whispered Words. Il finale di quest’ultima riaccende i Fast Five sino a trasformarsi nel blues esaltato dai riverberi di Heartbroken, in disrepair. Gli applausi a scena aperta non si interrompono nemmeno per le successive Keep it hid e Inside Lookin Out: pubblico in ammirazione e Auerbach sempre più carismatico alla voce mentre una pioggia di note esce costantemente dalla sua chitarra a dirigere la furia dei Fast Five.
Attimi di commozione nei bis: la data di Amsterdam chiude il tour europeo e Going Home è il tributo che Dan regala all’ennesimo viaggio, con solo l’elettricità della sua chitarra a supporto. Esplosioni finali sulle note di Hidden Charms, con tutto il gruppo scatenato in un liberatorio rock n roll a briglie sciolte. La lezione su cui Auerbach fonda la propria musica non è certo nuova, ma fa così parte di lui da rendere il suo show avvincente, una festosa celebrazione rock blues capace anche di esaltare, seppur di rimando, il grande lavoro svolto negli anni con Patrick Carney nei Black Keys.
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