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B16 said in Gennaio 27th, 2010 at 21:45

perche’ non ti distrai dai tokyohotel con questo bowie dalla a alla z su nme…

http://www.nme.com/photos/a-z-of-david-bowie/163865/1/1

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buzzandmusic said in Gennaio 28th, 2010 at 10:19

PROPRIO IERI MI SONO SPARATO IL DOPPIO LIVE ANTIDEPRESSIVO EH EH EH EH OR MI GUARDO ANCHE LE FOTO,CIAO B16 🙂

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B16 said in Gennaio 29th, 2010 at 09:28

altro antidoto, charlotte gainsbourg e beck, live in studio…

http://www.kcrw.com/music/programs/mb/mb100127charlotte_gainsbourg

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buzz said in Gennaio 29th, 2010 at 20:39

yeah sentito.grazie b16………ma il generale,aloisio e alien sono spariti,urka l’oca!!!!!!!dove saranno finiti?

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B16 said in Gennaio 30th, 2010 at 11:41

i don’t know buzz… forse troppo sconvolti per zac “un taglio e via” di torino…

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buzzandmusic said in Gennaio 30th, 2010 at 12:12

zac zac,speriamo di evitare la retrocessione 🙂

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B16 said in Gennaio 30th, 2010 at 12:31

pubblico di seguito il mio ricordo del reality tour 2003, pensavo sarebbe stato il primo di molti miei concerti del duca, invece amaramente devo considerare la fortuna di averlo visto probabilmente nell’ultima sua serie di show live… in ogni caso: UN GIGANTE!

DAVID BOWIE
A REALITY TOUR LIVE 2003
23-10, FILAFORUM – MILANO

01. Rebel rebel
02. New killer star
03. Fame
04. Cactus
05. Fall dog bombs the moon
06. China girl
07. Hallo Spaceboy
08. Under pressure
09. Sunday
10. Fashion
11. The motel
12. Ashes to ashes
13. 5:15 the angels have gone
14. Never get old
15. Loving the alien
16. Heathen (The rays)
17. I’m afraid of americans
18. “Heroes”

19. Slip away
20. Let’s dance
21. Changes
22. Hang on to yourself
23. Ziggy Stardust

Bowie illuminato da una luce inizia il concerto intonando Rebel rebel, l’ultimo inno glam datato 1974 e tratto da Diamond Dogs. E’ sin dall’inizio un esplosione di energia: il magnetismo di David è rimasto intatto attraverso gli anni e lo spettacolo live sembra la dimensione naturale di un artista votato da sempre alla teatralità e alla performance.
Rebel rebel scatena giustamente l’ovazione del pubblico: per David in perfetta forma fisica il tempo sembra essersi fermato. Questo non solo per il look ovviamente: la scaletta che alterna brani del passato a composizioni recenti è di una qualità elevatissima, si situa in un ideale istantanea fuori dal tempo.
Il concerto prosegue il nuovo singolo New killer star, l’inossidabile Fame (1975), con la prima fantastica prestazione del gruppo che gioca sul semplice tema del pezzo ed una trascinante Cactus tratta dal penultimo album Heathen.
Una prima parte molto ritmica che rallenta con Fall dog bombs the moon prima di fare impazzire l’audience con China girl, Hallo Spaceboy e Under Pressure.
Proprio questi ultimi due brani eseguiti l’uno successivamente all’altro costituiscono una delle parti più emozionanti del concerto.
In Hallo Spaceboy Bowie esalta il pubblico da una piattaforma rialzata mentre le percussioni elettroniche dominano la scena trasformando il live in un futuristico sabba. David è l’ideale incarnazione del rock contemporaneo, quanto riesce a trasmettere attraverso la sua voce e i suoi movimenti è indefinibile: la sua esibizione è un condensato di stile e magia.
Al punto da regalare una performance da pelle d’oca in Under Pressure che vede la bassista Gail Ann Dorsey interpretare la parte che originalmente era affidata a Freddie Mercury: un crescendo travolgente che fa cantare all’unisono tutto il pubblico.
L’atmosfera diventa poi più raccolta con la splendida Sunday (sempre da Heathen, album citato addirittura più dell’ultimo Reality) e con la sorpresa di un altro brano tratto da 1.Outside, il disco capolavoro della produzione di Bowie negli anni ’90. The Motel è un rarefatto pezzo ambient in bilico tra l’attitudine cantautoriale d’inizio di carriera e le sperimentazioni berlinesi giunte alla fine degli anni’70: la collaborazione con Brian Eno lo trasporta nella contemporaneità e oltre.
Una strepitosa versione di Fashion e le divagazioni sintetizzate di Ashes to ashes ci ricordano invece l’attualità del suono di Bowie dei primi anni ’80, prima della cosiddetta svolta commerciale: David si lascia andare a due interpretazioni divertite, in cui il suo istrionismo vocale ipnotizza il pubblico.
Poi ancora spazio a brani degli ultimi anni: una sofferta 5:15 the angels have gone introduce il tema, presente in tutto lo show, dello scorrere del tempo e sottolineato dal prossimo singolo che sarà tratto da Reality, Never get old.
L’allestimento del palco è di estrema eleganza, circondato da rami d’albero appesi al contrario ed illuminato principalmente dal grande schermo centrale che varia dal rosso al blu: la violenza e l’angoscia di I’m afraid of americans (da Earthling del 1997) si contrappone così anche in immagini alla speranza e alla bellezza di “Heroes” (1977), che inizia molto semplicemente prima di conquistare l’intero forum con la sua progressione ritmica e vocale.
Bowie realizza uno spettacolo eccellente basato sul rapporto tra passato e presente della sua produzione dimostrando come esista un effettivo dialogo tra le sue composizioni, come sia possibile apprezzarle pienamente conoscendo l’evoluzione di un personalissimo percorso creativo che non si è mai arrestato, incertezze anni ottanta a parte.
Quello che più colpisce è la sua presenza scenica, il modo in cui si rapporta al pubblico segnato dal suo incredibile fascino: l’assoluta naturalezza con cui calca il palcoscenico e riesce a comunicare emozioni.
Il finale dello show è affidato ancora ad un brano recente, ma di chiaro contatto con il passato: l’appassionata Slip Away (con un ironico karaoke sullo schermo ad incitare il coro del pubblico) lancia un chiaro richiamo ai brani che hanno segnato l’inizio del mito Bowie.
Estremamente romantico ed affascinante l’inizio di Let’s dance (1983), rivista in chiave acustica prima dell’ingresso di tutta la band a comporre il sound colmo di effetti dell’originale con David ancora ad esibirsi dalla piattaforma rialzata: lo spettacolo si avvicina alla fine e il pensiero corre alla composizioni dei primi anni ’70.
Arrivano così Changes (1970) ed Hang on to yourself (1972): semplicemente straordinarie, con tutto l’audience in piedi ad applaudire. La chiusura è lasciata a Ziggy Stardust, interpretata magnificamente: quelle note appartengono al mito e la commozione che appare sui volti dei presenti è solo il termine di un trasporto emotivo inarrestabile.
Quando David conclude il pezzo cantando l’ultima strofa “Ziggy played guitar” lo schermo alle sue spalle diventa bianco e urla a caretteri cubitali il suo nome: l’alieno continua a vivere in noi, resistendo e trasformandosi con lo scorrere del tempo.
E anche se sembra impossibile, ringiovanendo di giorno in giorno.

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Generale Lee said in Gennaio 30th, 2010 at 12:44

ghe sun ghe sun….appena sveglio mi sparo subito un bel BRC!!! sono contento….sono sicuro che un bel “taglio”…..zac! e ci salviamo!!! come dice buzz…la romagna ci salverà!!!!…o era meglio “vecchia romagna etichetta nera”….

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Generale Lee said in Gennaio 30th, 2010 at 12:46

adesso metto su casadei…ROMAGNA MIA….

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buzzandmusic said in Gennaio 30th, 2010 at 12:50

romagna in fiore,se non c’e’ mourihno tu sei un candore………azz ma chi e’ BRC? W Bowie forever 🙂

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Generale Lee said in Gennaio 30th, 2010 at 13:59

BuzzRockCafè….azz!!!!!!!!

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B16 said in Gennaio 30th, 2010 at 14:56

senza BRC non ci si risveglia! buon weekend rocker!

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buzzandmusic said in Gennaio 30th, 2010 at 18:42

wow grazie ragazzi,ma il BRC e’ tutto vostro,oh yeahhhhhhhhh

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