“L’Ora del Poi non ha la voce della Callas, né il tocco di Santana. Non ha la penna di Calvino, nè la fantasia degli Urania. Non ha i colori di Van Gogh, né il punto di vista di Bergman. Però sente che ha qualcosa da dire, a modo suo”. Questa la frase che si legge nella presentazione di questa formazione attiva a Milano, ma di grandi speranze.
Confermando uno straordinario talento, L’Ora del Poi presenta una manciata di brani decisamente interessanti, in grado di creare una serie infinita di immagini di sapore vagamente futurista: architetture sghembe, tagli sonori nettissimi, geometrici e coloratissimi. Il tutto giocato con qualcosa di più rispetto ad altre band analoghe. L’Ora del Poi, in brani come “La grappa di Fausto” e “Dopocena”, ha sorprendentemente posto una carica umoristica trascinante.
La formazione è composta da Vitalba Piazza (voce e tastiere), John Andrew (voce e chitarra), Gabriele Marini (violoncello), Domenico Picciarelli (basso) e Giulio Nannini (batteria) e si inquadra nell’indie pop-folk italiano.
A tratti sembra di ascoltare un melodramma proto-espressionista. Le tinte fosche di alcune canzoni si stemperano in un insieme di colori, di luci, di toni straniati e giocosi: tutto bellissimo, ma forse applicabile a qualsiasi altro testo, come una confezione lussuosamente patinata. La musica amalgama e sottolinea ogni passaggio, con un moltiplicarsi di forme estremamente gradevoli: dalla ballata alla canzone rock.
“Buone vacanze”, “La verità (intanto)” e “Non farmi finire a Milano” sono altri brani di forte impatto, che non mancheranno di suscitare l’attenzione degli ascoltatori più attenti.
musicalnews.com
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