Underwater Moonlight
Soft Boys
Voto: 5 STELLE
Voto utenti: 5 STELLE
Casa discografica: Yep Roc-Audioglobe
Anno: 2011
Dal dizionario 24.000 dischi
Soft Boys
“I Soft Boys evocavano un solo stato d’animo: la psicosi.” Robyn Hitchcock è lapidario quando parla della band dei suoi anni giovani, il trampolino di lancio per una grande carriera di culto. Lapidario e onesto. In effetti nei pochi anni di vita (1976-1981) i Soft Boys coltivarono come nessuno l’idea di una musica capace di esprimere le alterazioni della mente, gli stati dello stupore, dell’allucinazione, del sogno, con un gusto in bilico tra surrealismo, passione, ironia. Lo fecero con poche risorse a disposizione, nei sotterranei della scena e scossi da continui dissidi interni; ma pur con tanti limiti raggiunsero lo scopo e modellarono una via psichedelica alla new wave che oggi ancora attira e seduce. “Io sono diverso dalle mie canzoni come tutti sono diversi dai sogni che fanno,” è un bel proverbio di Hitch per riassumere la situazione. “Tutto quello che faccio come compositore è sognare in pubblico.”
Underwater Moonlight è il capolavoro dei Soft Boys, un fiotto di idee maturato nei primi mesi del 1980 da un quartetto composto da Hitchcock (la mente), l’altro chitarrista Kimberly Rew (il braccio destro), Morris Windsor e il nuovo Mathew Seligman (i gregari ritmici). Venne registrato in francescana povertà , su un 8 piste e con 600 sterline di budget, in un periodo di crisi della band, che nel 1978 aveva debuttato con il notevole acerbo A Can Of Bees ma poi non era riuscita a definire il seguito smarrendosi in lunghe e inconcludenti sedute. Il bassista Andy Metcalfe se ne andò per manifesta incompatibilità e i Softs finirono sul bordo dell’abisso, fino a che la provvidenziale entrata di Seligman non li convinse a continuare. Hitch ritrovò entusiasmo e dalle indecisioni e stenti di solo pochi mesi prima spuntò il fiore bello e forte di Underwater Moonlight, uno dei classici della psichedelia di tutti i tempi.
Rispetto a Can Of Bees, i Boys avevano trovato forza e misura e soprattutto Hitchcock era stato visitato dagli spiriti dei suoi santi protettori, Barrett e Dylan in primis, così da scrivere canzoni memorabili: la title track, per esempio, o Positive Vibrations, con uno splendido sitar da “estate dell’amore”, o ancora Queen Of Eyes, che avrebbe tratto in inganno qualunque esperto se fosse stata proposta da Roger McGuinn come un inedito dell’infanzia Byrds. Qualcuno storse il naso per l’inclusione di due pezzi delle sedute precedenti che in effetti stridevano un po’ con il gusto del nuovo produttore Pat Collier (I Got The Hots e la strumentale You’ll Have To Go Sideways); ma erano peli in un colorato uovo scintillante, dentro cui spiccavano piuttosto cavalcate sull’arcobaleno dei sensi eccitati come Kingdom Of Love, brani di smaniosa ossessione (Insanely Jealous, “amore e morte in quattro/quarti”) e perfino una canzone di protesta con affilati canini punk come I Wanna Destroy You, dove le vittime della devastazione Hitchcockiana erano un po’ tutti, dai signori della guerra alla burocrazia discografica che impediva ai baldi ragazzi di emergere.
Se la strada percorsa dal gruppo era stata fino ad allora quella dell’ “heavy metal death folk” (Hitch dixit), Underwater Moonlight spostava i termini del discorso: psichedelia per chitarre, così senz’altro, un favoloso mix di folk rock, Astronomy Floyd e Magical Mystery Tour con la spezia di testi che mulinavano fantasie aggiornando perdute lingue come il Dylanese o il Beefheartiano. “Quello che ci interessa è aggiornare il discorso della psichedelia originale, riprendere il filo di prima che Syd Barrett implodesse e certe idee degenerassero in interminabili jam di robaccia pop.”
Underwater Moonlight uscì nel giugno 1980 e come prevedibile naufragò: per dirla con RH, “quel che accadeva all’epoca erano Joy Division, Ruts e Gang Of Four – sulla mappa musicale noi non c’eravamo”. Di lì a poco anche i Soft Boys finirono ventimila leghe sotto mari, ma senza traumi. Hitchcock aveva capito che strada prendere, solo che aveva deciso di farlo senza quella band: da solo, e poi con gli Egyptians, e con i Venus 3, in un viaggio nel cuore del rock esoterico che dura ancora oggi.
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