Con la curatissima “The ballad of Mona Lisa†tornano sulla scena i Panic! at the Disco, seppur dimezzati dall’abbandono di Ryan Ross e Jon Walker che hanno scelto di esplorare altre vie dando vita ai The Young Veins.
Resta comunque riconoscibile l’impronta di una band che ha raggranellato un successo più che notevole con i primi due album, avendo venduto oltre due milioni di copie col disco d’esordio e raggiunto con la seconda opera la piazza d’onore nientemeno che nelle esigenti classifiche di Stati Uniti e Gran Bretagna.
Il terzo, nuovo album s’intitolerà “Vices and virtues†ed uscirà a fine marzo, nel frattempo il cerino è tenuto acceso dal singolo sopra citato: la canzone è ricca, quasi barocca, nel suo intrecciare canoni di rock classico ed inclinazioni orecchiabili, pur senza rinunciare a quel minimo di aura indie che può sempre tornare utile.
I Panic! at the Disco si portano dietro da sempre l’etichetta di gruppo che cerca di tenere insieme un’infinità variegata di anime, da quella post-punk all’emo, da quella gotica all’immediatezza del suono.
Tutto vero, ma spesso e volentieri la band è riuscita in passato a far convivere queste atmosfere in modo efficace, e quest’ultimo disco trova in “The ballad of Mona Lisa†un antipasto che fa ben sperare tutti i fans.
Senza nulla voler togliere a Spencer Smith, prezioso e forse irrinunciabile, il merito di tanta continuità va ascritto prevalentemente a Brendon Urie, che ha scritto la canzone poco dopo la pubblicazione del primo album, salvo poi tenerla lì in attesa per un lustro e più.
Questa fermentazione lenta permette di ascoltare adesso un brano che porta nel profondo i segni della produzione di allora, rivisto ed affinato con la consapevolezza di oggi.
Urie si mostra poi particolarmente bravo nel colorare con la voce una storia che evidentemente sente in modo vivo e partecipato, storia nella quale la classica relazione uomo-donna è anche pretesto per scendere a patti con un personale conflitto di identità .
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