Grazie b16!
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CONTROL (UK 2007)
di A. Corbijn con S. Riley S. Morton
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Exit
Anton Corbijn esordisce nel lungometraggio dopo anni di onoratissima carriera come fotografo e regista di video musicali: tra le band immortalate il meglio o quasi degli ultimi trent’anni, Depeche Mode in primis (U2, Nirvana, Rolling Stones, Nick Cave tra gli altri…).
La scintilla che cambiò la vita di Corbjin scoccò con i Joy Division quando l’allora aspirante artista partì dalla natia Olanda per incontrare il suo gruppo preferito e scattare le prime immagini di una galleria impressionante non solo per qualità , ma anche per quantità …
Oggi, ventisette anni dopo, la troppo breve esistenza del leader della formazione inglese Ian Curtis è la protagonista del primo film del regista di Strijen.
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Drive In –Saturday
Uno studente rientra a casa, nel silenzio. La musica che l’accompagnava per strada ritorna da un disco suonato a tutto volume nella quiete di una stanzetta d’adolescente.
David Bowie era Ziggy Stardust, Ian un ragazzino attratto dal glam e dal make up, da New York City e Lou Reed, da Andy Warhol e i suoi schermi argentati.
Il giovane Curtis (un eccezionale Sam Riley, leader della band indie 10.000 things) provava pillole che causano allucinazioni quasi per gioco prima che l’incontro con la ragazza del suo migliore amico travolgesse la sua esistenza.
Debbie (Samantha Morton) lo sposerà , produrrà con i suoi risparmi il primo EP della band del suo innamorato e gli darà una figlia.
Il libro di Deborah Touching from a distance è la fonte principale della sceneggiatura di Corbijn, la guida non solo narrativa del film.
Il contatto a distanza è anche quello che il regista olandese impone allo spettatore costruendo Control su un’architettura d’inquadrature fisse, un alternarsi di primi piani e totali che lascia che sia l’immagine a prendere vita, limitando il montaggio al necessario.
I pochi movimenti di camera sottolineano i punti focali del film, i cambiamenti di tono della personalità di Curtis sino alla tragica conclusione della sua vita.
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Problems
I Joy Division nascono formalmente ad un concerto dei Sex Pistols, dopo aver visto Johnny Rotten e compagni nell’anno di fuoco 1977. La voce di Curtis smette d’uscire solo in intervalli privati sulle note di The Jean Genie ed acquista un tono basso e profondo. La musica ripetitiva, nervosa e distorta della band è la base ideale per i testi disperati di Ian: le ore di lavoro al locale Ufficio per la Disoccupazione lo mettono a confronto con i disastri sociali e emotivi di un’umanità allo sbando, così forti da trasformare completamente la sua visione delle cose (in particolare una ragazza epilettica morirà di fronte ai suoi occhi).
Ambiziosi e sfrontati, con un nuovo manager dall’impareggiabile accento cockney (Rob Gretton, interpretato alla grande da Tony Kebbel), i neonati Joy Division conquistano la TV con un’apparizione nel programma cult di Tony Wilson (Craig Parkinson) che poco dopo firma (col sangue…) il primo contratto discografico tra il gruppo e l’etichetta indipendente Factory.
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Transmission
Debbie è a casa con la famiglia davanti al televisore. Le note irrompono nell’appartamento, Ian comincia a cantare, ma è solo qualche minuto dopo che la sua performance s’infiamma, come se un altro avesse preso il possesso del suo corpo e del suo volto, cupo e contratto.
Lo sguardo di Debbie e la sua risposta al successo del marito è non considerarlo, trattare Curtis come sempre lo ha trattato. La prima frattura tra i due nasce da questo atteggiamento, dall’ambizione del cantante che passa ore chiuso in una stanza a creare liriche e dalla frustrazione di Deborah che lo vede sfuggire sempre più. Ian scrisse in quei giorni sul suo quaderno She’s lost control, un testo riferito alla giovane colpita dal letale attacco di epilessia di qualche mese prima, ma leggibile anche come la consapevolezza di un distacco che diverrà insanabile.
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Love will tear us apart
La fama dei Joy Division cresceva a dismisura e in una delle prime trasferte a Londra Ian incontra Annik (Alexandra Maria Lara), una giornalista francese arrivata da oltre la Manica per intervistarlo.
Tra i due nasce un amore tenero e spontaneo, com’era stato tra Debbie e lo stesso Curtis anni prima.
Il periodo superficialmente fortunato è segnato dai primi improvvisi sintomi d’epilessia che tormenteranno Ian sempre più frequentemente.
Corbjin restituisce le esibizioni live come un sfida di campi e controcampi, fotografando le reazioni dell’audience alle performance sempre più vibranti della band e del suo leader.
L’uso del bianco e nero dona alla visione una purezza inaccessibile ai più: la relativa semplicità dei piani, frutto di un lavoro meticoloso in fase di realizzazione delle inquadrature, permettono a Control di raccontare la storia di Curtis in modo sincero e diretto, lasciando la pellicola al riparo dal pericolo di essere interpretata come una commemorazione patetica e impersonale.
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Sister Midnight
Ian si sente lacerato dall’interno. Non vuole più stare nella band, il successo lo lascia indifferente: gli è sembrato tutto troppo facile ed ora è lontano anni luce da chiunque possa anche lontanamente dipendere da lui ovvero i Joy Division, Tony Wilson, il pubblico, sua moglie, Annik, sua figlia.
Indeciso e sempre più depresso oltre che affranto dallo scoprirsi epilettico Ian ritorna a casa dopo aver vagabondato da amici e familiari. Aspetta Debbie guardando La ballata di Stroszek di Herzog in tv e bevendo larghe sorsate di whisky. Quando la moglie rientra non riesce a fare di meglio che cacciarla fuori di casa.
Rimasto solo le scrive una lettera, finisce d’ubriacarsi ascoltando Iggy Pop e il suo The Idiot prima di rantolare a terra vittima di un attacco d’epilessia. Si riprende solo la mattina dopo, quando decide d’impiccarsi nella cucina di casa all’età di 23 anni.
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Atmosphere
Il fumo che esce dal camino di un forno crematorio è l’ultima immagine di Control.
Le istantanee in movimento di Corbijn hanno creato un ritratto vivo e incredibilmente fragile della personalità di Curtis, in fondo solo sfiorata con la riproposizione delle reazioni agli stimoli di ogni giorno e all’ebbrezza delle performance live.
Il regista olandese non cerca una spiegazione al gesto di Ian né si illude di poterne dare qualche delucidazione riproponendo la semplice sequenza degli avvenimenti che portarono il leader dei Joy Division al suicidio. Il suo tocco è partecipe, ma distaccato. Innamorato della musica e del personaggio, ma non accecato dalla malia del ricordo.
Come possa Corbjin essere così incantato di fronte al disincanto è un mistero che sembra trovare l’unica soluzione proprio nelle parole di Ian.
In fear every day, every evening
It calls here aloud from above
Carefully watched for a reason
Mistaking devotion and love
Surrendered to self-preservation
From others who care for themselves
A blindness that touches perfection
Appears just like anything else
Isolation – isolation – isolation
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Mother I tried, please believe me
I’m doing the best that I can, I’m ashamed of the things
I’ve been put through; I’m ashamed of the person I am
But if you could just see the beauty
These things I could never describe
This is my one consolation
This is my wonderful prize
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POST SCRIPTUM
Nota a parte per la colonna sonora, strabiliante ed ovviamente utilizzata ad hoc da Corbjin.
Nell’ordine o quasi Bowie (Drive in Saturday, The Jean Genie, Werszawa), Velvet Underground (What’s goes on), Kraftwerk (Autobahn), Iggy Pop (Sister Midnight) oltre al logico utilizzo di pezzi dei Joy Division (Dead souls, Love will tear us apart, Transmission, Isolation, Atmosphere) e dei New Order (Exit, Hypnosis, Get Out).
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2 users responded in this post
troppo buono!
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mi sembra il minimo……….:-)
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